Finalmente Gareth era soddisfatto. Nessuno aveva visto alcuna lama. Ovunque fosse, ora il pugnale si trovava tra le correnti del fiume, portato via verso l’anonimato. Se suo padre fosse morto quella notte, non ci sarebbero state prove o tracce dell’assassinio.
O forse sì?
Thor seguiva Reece, dietro di loro veniva Krohn e tutti e tre si facevano strada negli intricati cunicoli che conducevano alla camera del Re. Reece li aveva fatti passare attraverso una porta segreta che si celava in una delle pareti di pietra e ora reggeva una torcia davanti a loro e li conduceva in fila indiana in quello spazio angusto, inoltrandosi nelle viscere del castello in un vertiginoso susseguirsi di curve e svolte. Salirono una stretta scala di pietra che li portò a un altro corridoio. Si voltarono e si ritrovarono davanti all’ennesima scala. Thor era meravigliato da quanto intricato fosse quel percorso.
“Questo passaggio è stato costruito nel castello centinaia di anni fa,” spiegò Reece in un sussurro mentre continuavano a camminare, col fiato lungo mentre salivano. “È stato costruito dal bisnonno di mio padre, il terzo Re MacGil. Lo ha fatto costruire dopo un assedio: è una via di fuga. Ironia della sorte, non ci siamo più trovati sotto assedio da allora, e questi cunicoli non vengono usati da tantissimi anni. Li avevano barricati e io li ho scoperti da bambino. Mi piace venirci di tanto in tanto per girovagare per il castello senza che nessuno sappia dove mi trovo. Quando eravamo piccoli, io, Gwen e Godfrey ci giocavamo a nascondino. Kendrick era troppo grande e a Greth non piaceva giocare con noi. Niente torce, era la regola. Buio pesto. A quei tempi faceva una paura tremenda.”
Thor cercava di tenere il passo mentre Reece percorreva il passaggio con sorpendente abilità, facendo chiaramente intendere che conosceva a memoria ogni centimetro di quel luogo.
“Come fai a ricordarti tutte queste svolte?” chiese Thor incantato.
“Ci si sente soli quando si è ragazzini, in un castello,” continuò Reece, “soprattutto quando tutti gli altri sono più grandi e tu sei ancora troppo giovane per entrare nella Legione, e non c’è nient’altro da fare. Era diventata la mia missione: scoprire ogni angolo di questo posto.”
Girarono un’altra volta, scesero tre gradini di pietra, svoltarono passando attraverso una stretta apertura nella parete e poi scesero una lunga rampa di scale. Alla fine si ritrovarono di fronte a una spessa porta di quercia, ricoperta di polvere. Reece vi appoggiò un orecchio e rimase in ascolto. Thor gli si mise accanto.
“Che porta è questa?” chiese.
“Shhh,” fu la risposta di Reece.
Thor tacque e mise anche il suo orecchio contro la porta, ascoltando. Krohn rimase lì dietro di lui, guardandolo.
“È la porta secondaria della stanza di mio padre,” sussurrò Reece. “Voglio sentire chi c’è dentro con lui.”
Thor ascoltò, con il cuore che gli batteva forte, le voci sommesse che giungevano dall’interno della stanza.
“Sembra che la stanza sia piena di gente,” disse Reece.
Reece si voltò e lanciò a Thor uno sguardo significativo.
“Susciterai una baraonda. Ci saranno i suoi generali, il suo Concilio , i suoi consiglieri, la famiglia… tutti. E sono certo che tutti saranno prevenuti nei tuoi confronti, dato che ti considerano il probabile assassino. Potrebbe essere come gettarsi in una folla pronta al linciaggio. Se mio padre pensa ancora che tu abbia tentato di ucciderlo, sarà la fine per te. Sei sicuro di volerlo fare?”
Thor deglutì. Ora o mai più. Gli si seccò la gola quando si rese conto che era a un momento di svolta per la sua vita. Ora sarebbe stato facile voltarsi indietro e scappare. Poteva sempre vivere una vita al sicuro da qualche parte, lontano dalla Corte del Re. Oppure poteva passare attraverso quella porta e forse trascorrere il resto dei suoi giorni nelle segrete insieme a quegli idioti, o addirittura essere condannato a morte.
Fece un respiro profondo e si decise. Doveva affrontare i suoi demoni a testa alta. Non poteva tirarsi indietro.
Thor annuì. Aveva paura di aprire bocca, paura che se l’avesse fatto avrebbe potuto cambiare idea.
Reece annuì in risposta con un’espressione colma di approvazione, poi premette la maniglia di ferro e appoggiò la spalla alla porta.
Thor strizzò gli occhi alla chiara luce delle torce quando la porta si aprì. Si ritrovò nel bel mezzo della camera privata del Re, con Krohn e Reece accanto.
C’erano almeno una ventina di persone accalcate attorno al Re, che giaceva sul suo letto: alcuni erano in piedi accanto a lui, altri stavano in ginocchio. MacGil era circondato dai suoi consiglieri e generali, insieme ad Argon, la Regina, Kendrick, Godgrey e addirittura Gwendolyn. Era una veglia di morte e Thor si sentiva come un intruso nel mezzo di intime questioni familiari.
L’atmosfera nella stanza era funerea, i volti gravi. MacGil giaceva sostenuto da alcuni cuscini e Thor fu sollevato dal vederlo ancora vivo, almeno per ora.
Tutti i volti si girarono all’unisono, sorpresi dall’improvviso arrivo di Thor e Reece. Thor si rese conto dello shock che avevano causato con la loro improvvisa comparsa nel mezzo della stanza, fuoriusciti com’erano da una porta segreta celata nella parete di pietra.
“Ecco il ragazzo!” gridò qualcuno tra la folla, alzandosi e puntando con odio il dito contro Thor. “È lui quello che ha tentato di avvelenare il re!”
Le guardie si gettarono su di lui da ogni angolo della stanza. Thor non aveva idea di cosa fare. Una parte di lui avrebbe voluto girarsi e fuggire, ma d’altro canto sapeva che doveva affrontare quella calca furiosa per poter trovare la sua pace con il Re. Quindi si preparò mentre numerose guardie avanzavano verso di lui pronte a catturarlo. Al suo fianco Krohn ringhiò ammonendo gli aggressori.
Mentre stava lì, Thor si sentì pervadere da un improvviso calore, da un potere che gli scorreva attraverso il corpo. Sollevò involontariamente una mano e tenne il palmo aperto dirigendo quell’energia verso di loro.
Si stupì quando tutti si fermarono a mezza strada, a pochi metri da lui, come pietrificati. Il suo potere, qualsiasi cosa fosse che gli scorreva dentro, li teneva a bada.
“Come osi venire qui a usare la tua stregoneria, ragazzo!” gridò Brom, il più valoroso generale del Re, sguainando la sua spada. “Non ti è bastato cercare di uccidere il nostro Re una volta?”
Brom si avvicinò a Thor con la spada sguainata, e in quell’istante Thor si sentì avvolgere da qualcosa, la sensazione più forte che avesse mai provato. Non fece altro che chiudere gli occhi e concentrarsi. Percepì l’energia nella spada di Brom, la sua forma, il metallo, e in qualche modo divenne tutt’uno con essa. Decise di fermarla con la sola forza del pensiero.
Brom rimase immobile, con gli occhi sgranati.
“Argon!” gridò Brom voltandosi. “Ferma subito questa stregoneria! Ferma quel ragazzo!”
Argon emerse dalla folla e abbassò lentamente il cappuccio. Fissò Thor con intensità, gli occhi che ardevano.
“Non vedo perché dovrei fermarlo,” disse Argon. “Non è venuto qui per fare male a nessuno.”
“Sei impazzito? Ha quasi ucciso il nostro Re!”
“Questo è quello che pensate voi,” disse Argon. “Non quello che vedo io.”
“Lasciatelo stare,” disse una voce profonda e roca.
Tutti si voltarono a guardare MacGil che si metteva a sedere. Lui li guardò con occhi sofferente. Era ovvio che faceva una fatica enorme a parlare.
“Voglio vedere il ragazzo. Non è stato lui a pugnalarmi. Ho visto il volto di quell’uomo, e non era lui. Thor è innocente.”
Lentamente gli altri abbassarono la guardia e anche Thor si sentì più rilassato. Le guardie si tirarono indietro guardandolo con cautela, come se venisse da un altro pianeta, e riposero lentamente le loro spade nei foderi.
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