Jenn lo toccò sulla spalla.
Lei disse: “Brock, potrebbe fare una cosa per me? Voglio soltanto che mi guardi.”
Le sue spalle cessarono di tremare, e i singhiozzi anche.
Poi, molto lentamente, si voltò sul letto e guardò Jenn.
I suoi brillanti occhi blu erano spalancati, imploranti e colmi di lacrime, e la stavano fissando dritto negli occhi.
Jenn dovette respingere le sue stesse lacrime.
Per quanto fosse diretta, brusca e talvolta persino priva di tatto, si rese conto di non aver mai avuto questo tipo di interazione con qualcuno prima d’ora, almeno non professionalmente.
Lei deglutì rumorosamente, poi disse: “Non sta guardando in uno specchio adesso. Sta guardando nei miei occhi. Ed è vivo. Ha tutto il diritto di essere vivo.”
Brock Putnam aprì la bocca per parlare, ma non venne fuori alcuna parola.
Invece, annuì.
Jenn quasi sussultò con sollievo.
Ce l’ho fatta, lei pensò. L’ho fatto aprire.
Poi disse: “Ma merita qualcosa di più. Merita di scoprire chi è il responsabile di questa cosa terribile, non solo per quella povera donna, ma per lei. E merita giustizia. Merita di sapere che non rivivrà mai più un evento simile. Prometto che lei avrà giustizia. Me ne assicurerò.”
Lui annuì di nuovo, quasi sorridendo.
La donna sorrise e aggiunse: “Adesso usciamo fuori di qui. Ci sono due persone qua fuori, preoccupate per lei. Andiamo da loro.”
La ragazza si alzò dalla branda, e Brock la seguì. Usciti dalla cella, trovarono il Capo Powell ancora in attesa. Powell rimase stupito dinnanzi al cambiamento nell’atteggiamento e nel comportamento di Putnam. Tutti insieme tornarono nella sala degli interrogatori. Riley, Bill e Cullen erano ancora lì, e così i due ferrovieri.
Stine e Boynton rimasero seduti con la bocca spalancata per un momento, poi si alzarono e si scambiarono degli abbracci emozionati con Brock Putnam. Infine tutti sedettero insieme al tavolo, e cominciarono a parlare tranquillamente.
Jenn guardò severamente il vice capo della ferrovia, dicendo: “Metta il fuoco sotto le chiappe di qualcuno e faccia arrivare lo psicologo ferroviario qui al più presto possibile.”
Poi, rivolgendosi al capo della polizia locale, aggiunse: “Porti del caffè a quest’uomo.”
Powell annuì silenziosamente e lasciò la stanza.
Riley prese da parte Jenn e le chiese quasi sottovoce: “Pensi che riuscirà mai a tornare al lavoro?”
Jenn rifletté per un momento, poi rispose: “Ne dubito.”
Riley annuì e disse: “Lotterà probabilmente per il resto della sua vita. E’ una cosa orribile con cui dover vivere.” Sorrise ed aggiunse: “Ma hai fatto un buon lavoro, ora.”
Jenn si sentì rinfrancata dall’elogio della partner.
Poi, ripensò a com’era cominciata la sua giornata, come la sua comunicazione con zia Cora l’avesse lasciata con un senso di inadeguatezza.
Forse sono utile dopotutto, pensò.
Aveva sempre saputo che l’empatia era una qualità che le mancava e che aveva bisogno di coltivare. E ora, finalmente, sembrava aver fatto dei passi per diventare un’agente più empatica.
Si sentiva anche motivata dalla promessa che aveva appena fatto a Brock Putnam:
“Prometto che lei avrà giustizia. Me ne assicurerò.”
Era contenta di averlo detto. Ora doveva mantenere la promessa.
Non lo deluderò, pensò.
Intanto, i due ferrovieri e il macchinista continuavano a parlare tranquillamente, dolendosi dell’orribile esperienza che avevano tutti affrontato, ma che si era rivelata brutta in particolare per Putnam.
Improvvisamente, la porta della stanza si aprì e il Capo Powell fece capolino.
Si rivolse a Cullen e agli agenti dell’FBI: “Fareste meglio a venire con me. C’é una testimone.”
Jenn provò un brivido di eccitazione.
Tutti seguirono Cullen in fondo al corridoio.
Avrebbero avuto la svolta di cui avevano bisogno?
Mentre Riley seguiva Powell in fondo al corridoio insieme agli altri agenti dell’FBI e a Toro Cullen, si chiese …
Una testimone? Risolveremo il caso davvero così in fretta?
Anni di esperienza le suggerivano che era alquanto improbabile.
Ciò nonostante, non riusciva a fare a meno di sperare che stavolta fosse diverso. Sarebbe stato meraviglioso chiudere il caso prima che ci fossero altre vittime.
Quando il gruppo arrivò in una piccola sala riunioni, una donna tarchiata sui cinquant’anni stava camminando avanti e indietro al suo interno. Aveva il volto coperto da un trucco pesante, ed i capelli erano di un’innaturale sfumatura di biondo.
Lei si precipitò verso di loro. “Oh, che tragedia” esclamò. “Ho visto la sua foto sul giornale poco fa, e l’ho riconosciuta immediatamente. Che morte orribile. Ma ho avuto una sensazione su di lei, una brutta sensazione. Una premonizione, potreste persino definirla.”
Le speranze di Riley crollarono.
Generalmente, non era un buon segno quando i testimoni cominciavano a menzionare delle “premonizioni”.
Bill guidò la donna ad una sedia.
“Si sieda, signora” le disse. “Faccia con calma, e cominci dall’inizio. Come si chiama?”
La donna sedette, ma si agitò nella sedia.
Bill occupò una sedia vicina, avvicinandola leggermente per parlare con la donna. Anche Riley, Jenn e gli altri presero delle sedie intorno al tavolo della sala riunioni.
“Il suo nome?” Bill chiese di nuovo.
“Sarah Dillon” rispose, rivolgendogli un grande sorriso. “Vivo proprio qui a Barnwell.”
Bill chiese: “E come conosceva la vittima?”
La donna lo guardò, come se fosse sorpresa per la domanda.
“Beh, non la conoscevo davvero. Ci siamo scambiate occasionalmente delle parole.”
Bill domandò: “L’ha vista stamattina, prima che fosse uccisa?”
Sarah Dillon sembrava più sorpresa di prima.
“No. Sono trascorse due settimane o più dall’ultima volta che l’ho vista. Perché è importante?”
Riley scambiò degli sguardi con Bill e Jenn. Sapeva che stavano pensando la stessa cosa.
Un paio di settimane o più?
Naturalmente era un dettaglio di enorme importanza.
Quando Powell aveva detto che era venuta fuori una testimone, Riley aveva immaginato qualcuno che conosceva personalmente la vittima, o che aveva visto qualcosa di davvero concreto per il caso: magari, il momento del rapimento. Eppure, sapeva che avevano bisogno di seguire ogni pista possibile. Finora, non avevano altri dati grazie ai quali poter andare avanti.
Riley disse: “Ci parli delle sue interazioni con la vittima.”
Sarah Dillon si grattò il mento.
“Beh, l’ho vista in città. Occasionalmente, voglio dire. Nei negozi, in strada. Anche nelle stazioni ferroviarie, sia qui sia a Chicago. Io prendo il treno per Chicago ogni settimana circa, per andare a trovare mia sorella e la sua famiglia. L’ho vista salire e scendere dal treno, qui o a Chicago. A volte, siamo anche state nella stessa carrozza insieme.”
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