Blake Pierce - Morte al College

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Un capolavoro del giallo e del mistero! L’autore ha svolto un magnifico lavoro, sviluppando i personaggi con un approfondito lato psicologico, descritto con tale cura da farci sentire all’interno della loro mente, provare le loro paure e gioire del loro successo. La trama è molto avvincente e vi catturerà per tutta la durata del libro. Ricco di colpi di scena, questo libro vi terrà svegli fino all’ultima pagina. Books and Movie Reviews, Roberto Mattos (su Il Killer della Rosa) MORTE AL COLLEGE è il libro #7 nella serie di bestseller dei misteri di Riley Paige, che comincia con IL KILLER DELLA ROSA, bestseller (Libro #1) ! Quando l’Agente Speciale Riley Paige finalmente decide di prendersi un meritato riposo dal lavoro all'FBI, giunge una richiesta di aiuto inaspettata: la sua stessa figlia. La migliore amica di April è devastata dalla morte di sua sorella, una matricola a Georgetown. C’è di peggio: è convinta che sia stato inscenato il suicidio e che sua sorella sia stata assassinata da un serial killer. Riley accetta di seguire il caso con riluttanza, soltanto per scoprire che altre due ragazze, matricole anch’esse, a Georgetown si sarebbero recentemente uccise nello stesso modo grottesco: impiccandosi. Accortasi che un gioco orrendo è in corso, chiede l’intervento dell’FBI. Il caso porta Riley nel campus privilegiato di una delle università più stimate, all’interno del mondo inquietante di famiglie facoltose, che spingono i figli a cercare il successo. Lei scopre in tempo che il caso è molto più intricato di quanto sembra, e che potrebbe stare per confrontarsi con il killer peggiore di tutta la sua carriera. Cupo thriller psicologico, caratterizzato da una suspense mozzafiato, MORTE AL COLLEGE è il libro #7 in una nuova serie affascinante – con un nuovo amato personaggio – che vi terrà incollati alle pagine fino a notte tarda. Il libro #8 nella serie di Riley Paige sarà presto disponibile.

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Spero che si sbagli, Riley pensò.

Dopo cena, le ragazze andarono di sopra. nelle proprie stanze, e Gabriela ripulì la cucina. Ryan versò un bicchiere di bourbon per Riley, e un altro per sé, e sedettero insieme in soggiorno.

Nessuno dei due parlò per un bel po’.

“Vado di sopra a parlare con April” Ryan disse infine.

“Perché?” Riley chiese.

“E’ stata brusca. E anche irrispettosa con te. Non dovremmo fargliela passare liscia.”

Riley sospirò.

“Non è brusca” la scusò.

“E allora come definiresti il suo comportamento?”

Riley ci rifletté per un momento.

“E’ solo che è davvero premurosa” disse. “E’ preoccupata per la sua amica Tiffany, e si sente impotente. Teme che qualcosa di terribile sia accaduto a Lois. Dovremmo essere contenti che si preoccupi per gli altri. Vuol dire che sta crescendo.”

Ritornò il silenzio.

“Che cosa credi che sia davvero accaduto?” Ryan chiese infine. “Credi che Lois si sia suicidata, o che sia stata uccisa?”

Riley scosse fiaccamente la testa.

“Magari lo sapessi” gli rispose. Ho imparato a fidarmi del mio istinto. Ma non mi sta comunicando proprio niente. Proprio non ho alcuna sensazione in un modo o nell’altro.”

Ryan le diede un colpetto sulla mano.

“Qualunque cosa sia accaduta, non è una tua responsabilità” osservò.

“Hai ragione” Riley aggiunse.

Ryan sbadigliò. “Sono stanco, credo che andrò a dormire prima.”

“Resterò seduta qui per un po’” Riley rispose. “Non sono ancora pronta per andare a dormire.”

Ryan andò di sopra e Riley si versò un altro generoso bicchiere di bourbon. La casa era silenziosa, e Riley si sentì sola e stranamente indifesa, proprio come - ne era certa - si sentiva April. Ma, dopo un altro drink, cominciò a rilassarsi e presto le venne sonno. Si tolse le scarpe e si distese sul divano.

Poco dopo, si svegliò accorgendosi che qualcuno le aveva messo addosso delle coperte. Ryan doveva essere sceso di sotto, per controllarla e assicurarsi che stesse comoda.

Riley sorrise, sentendosi meno sola ora. Poi, si riaddormentò nuovamente.

*

Riley ebbe una sorta di déjà vu, mentre April si precipitò verso il garage dei Pennington.

Come aveva fatto il giorno prima, Riley gridò.

“April, sta lontana da lì!”

Stavolta, April tolse il nastro della polizia prima di aprire la porta.

Poi la ragazza sparì nel garage.

Riley le corse dietro ed entrò anche lei.

L’interno del garage era molto più vasto e cupo di quanto non fosse stato il giorno precedente, come un enorme deposito abbandonato.

Riley non vide April da nessuna parte.

“April, dove sei?” gridò.

La voce della ragazza riecheggiò nell’aria.

“Sono qui, mamma.”

Riley non riusciva a comprendere da dove provenisse la voce.

Si voltò lentamente, scrutando nell’apparentemente infinita oscurità.

Finalmente, una luce in alto si accese.

Riley fu sopraffatta dall’orrore.

Appesa ad una trave c’era una ragazza, che aveva solo un paio di anni più di April.

Era morta, ma aveva gli occhi spalancati, e puntati su Riley.

E tutto intorno al cadavere, su tavoli e sul pavimento, c’erano centinaia di cornici con foto che mostravano la ragazza e la sua famiglia in diversi momenti della sua vita.

“April!” Riley gridò.

Non ci fu alcuna risposta.

Riley si svegliò di soprassalto sul divano, quasi in iperventilazione a causa dell’incubo.

“April!” fu sul punto di gridare.

Ma in qualche modo riuscì ad impedirsi di urlare con tutto il fiato che aveva nei polmoni …

Sapeva che la figlia era in camera sua, e stava dormendo.

Tutta la famiglia dormiva, tranne lei.

Perché ho fatto quel sogno? si chiese.

Le ci volle soltanto un momento per trovare la risposta.

Comprese che l’istinto si era palesato finalmente.

Sapeva che April aveva ragione, c’era qualcosa di molto sbagliato nella morte di Lois.

E spettava a lei agire al riguardo.

CAPITOLO CINQUE

Riley fu scossa da un brivido, quando uscì dalla propria auto al Byars College.

Non era stata la temperatura a farla rabbrividire, era freddo già da tempo. La scuola aveva un’atmosfera stranamente inospitale.

Rabbrividì nuovamente, mentre si guardava intorno.

Gli studenti si aggiravano per il campus, ben coperti contro il freddo, tutti frettolosamente diretti alle loro destinazioni quasi senza parlare. Nessuno sembrava felice di trovarsi lì.

C’è poco da meravigliarsi se questo posto fa venire voglia agli studenti di suicidarsi, pensò Riley.

Innanzitutto, il luogo sembrava appartenere ad un’epoca passata. Fu quasi come se Riley fosse tornata indietro nel tempo. I vecchi edifici in mattoni erano stati tenuti in perfette condizioni. Anche le bianche colonne erano ristrutturate con cura ma apparivano chiaramente reliquie dei tempi in cui erano richieste per questo tipo di edificio.

Il parco del campus era davvero enorme, coerentemente con il fatto che si trovava proprio nella capitale del paese. Naturalmente, Washington DC si era sviluppata intorno ad esso, durante quasi duecento anni della sua esistenza. La piccola scuola esclusiva era prosperata, producendo ex-allievi che avevano avuto successo nelle scuole più prestigiose del paese, poi occupando posizioni di potere negli affari e in politica. Gli studenti venivano in scuole come questa per realizzare e mantenere connessioni di alto livello, che sarebbero durate una vita intera.

Naturalmente, era troppo costosa per la famiglia di Riley, persino, ne era certa, con il sostegno della borsa di studio che occasionalmente veniva offerto agli studenti eccellenti di famiglie importanti. Non che desiderasse che April o Jilly la frequentassero, del resto.

Riley si recò nell’edificio amministrativo, e trovò l’ufficio del preside, dove fu accolta da una segretaria dall’aria severa.

Le mostrò il distintivo.

“Sono l’Agente Speciale Riley Paige dell’FBI. Ho telefonato stamattina.”

La donna annuì.

“Il Preside Autrey la sta aspettando” le disse.

La donna accompagnò Riley in un grande ufficio cupo, caratterizzato da pesanti pannelli di legno scuro.

Un uomo elegante e anziano si alzò dalla sua scrivania per accoglierla. Era alto, con capelli grigi e indossava un costoso completo in tre pezzi e un papillon.

“L’Agente Paige, presumo” l’accolse con un sorriso gelido. “Sono il Preside Willis Autrey. La prego, si accomodi.”

Riley occupò una sedia di fronte alla scrivania. Autrey si sedette e fece ruotare la sua sedia.

“Non sono certo di comprendere la natura della sua visita” disse. “Ha qualcosa a che fare con lo sfortunato trapasso di Lois Pennington, non è vero?”

“Intende dire, il suo suicidio” lo corresse Riley.

Autrey annuì e unì le dita delle mani.

“Non mi pare un caso da FBI, direi” disse l’uomo. “Ho contattato i genitori della ragazza, porgendo loro le più sentite condoglianze da parte della scuola. Erano devastati naturalmente. L’intera faccenda è una vera disgrazia. Ma non sembravano avere delle preoccupazioni specifiche.”

Riley sapeva di dover scegliere accuratamente le parole. Non era lì in veste ufficiale, infatti i suoi superiori a Quantico non avrebbero approvato affatto quella visita. Ma, forse, sarebbe riuscita a impedire che Autrey lo scoprisse.

“Un altro membro della famiglia ha espresso dei dubbi” disse.

Immaginò che non ci fosse alcun bisogno di dirgli che si riferiva alla sorella adolescente di Lois.

“Che disgrazia” l’uomo rispose.

Sembra che gli piaccia utilizzare quella parola, disgrazia, pensò Riley.

“Che cosa sa dirmi su Lois Pennington?” Riley chiese.

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