“Curioso,” ripeté lei, sempre più irritata. “Questa è la mia vita, Elliot. La mia vita vera. Non sono una cavia da laboratorio.”
Elliot scosse la testa. “Lo sto dicendo nel modo sbagliato,” disse. “Senti, l’idea è che voi due passiate un mese a Parigi. Viaggiate e siate innamorati. Scrivi di tutta la faccenda. I lettori ne saranno felici. Voi due sarete felici. Io sarò felice. Punto, e fine.”
“A parte che non è la fine, vero?” lo sfidò Keira. “Perché vuoi un conflitto di qualche tipo. Vuoi alzare la posta in gioco.”
“È solo la direzione migliore per l’articolo,” disse con calma Elliot. “Vedere se potete tornare indietro con un amore ancora più forte.”
Keira era certa che un mese a Parigi non avrebbe danneggiato la sua relazione. Sarebbe rimasta salda, ne era certa. Ciò a cui obiettava era il modo in cui Elliot ne parlava. Come se fosse parte di un esperimento o di un romanzo, invece che persone reali con emozioni reali.
Elliot appoggiò le braccia sul tavolo in un atteggiamento più aperto. “Keira, come è la tua vita a New York al momento? Nessun appartamento, vivi da tua madre.”
“Come fai a saperlo?” balbettò Keira.
“Ho i miei mezzi,” rispose lui, scrollando le spalle.
Ricordò quando sua madre l’aveva chiamata in Italia per convincerla a rimanere alla rivista. Elliot era stato la mente dietro a quella telefonata.
“Hai parlato con mia madre?” chiese sospettosa.
Lui sembrò colpevole ma rispose con sufficiente innocenza. “Io e Mallory chiacchieriamo di tanto in tanto.”
Keira sbuffò seccamente. Perché la madre sentiva il bisogno di interferire così tanto nella sua vita?
“Quindi,” continuò Elliot, accantonando la faccenda. “Davvero, andare a Parigi vi darebbe la privacy che vi serve. Un mese intero solo voi due. Niente sorella tra i piedi, nessuna madre a interferire.”
Sembrava bello, pensò Keira. Che differenza avrebbe fatto se avessero intrapreso la loro relazione a New York o a Parigi? A parte il fatto che lì erano circondati da persone ansiose di incontrare Cristiano. Almeno a Parigi sarebbero stati da soli. Sarebbero stati di nuovo anonimi.
“Dopo questo articolo,” aggiunse Elliot, “potrei anche allenare un po’ le redini qui al Viatorum. Promuoverti. Poi tu potresti persino sceglierti da sola gli incarichi. Se questa cosa funziona, e troviamo la giusta prospettiva per le storie della Guru del Romanticismo, ti cederò il controllo di tutta la faccenda. Niente più missioni all’ultimo minuto. Niente più Antonio.”
Keira fece una smorfia ricordando la prima guida turistica a cui era stata affidata in Italia, il grasso Antonio, costantemente irritato e puzzolente di formaggio.
“Dici sul serio?” chiese. “Un incarico ancora, insieme a Cristiano, e poi potrò scegliere io la direzione da dare alle storie della Guru del Romanticismo?”
“Basta che continui ad andare all’estero e a scrivere articoli di viaggio,” disse Elliot, “non mi importa dove lo fai.”
Keira decise di mettere alla prova quella teoria. “Australia?” chiese.
“Perché no?”
“Cina?”
“Se lo desideri?”
“Antartico?”
“Basta che sei innamorata mentre lo fai, a me interessa solo questo. È tutto ciò che interessa ai lettori. E chi lo sa, forse in futuro potremo radunare tutti i tuoi articoli e trasformarli in un libro?”
Keira si appoggiò allo schienale, riflettendo per la prima volta su quella possibilità. Se ce l’avesse fatta, le cose sarebbero state molto più semplici per lei andando avanti. Un ennesimo incarico sotto il controllo di Elliot e poi sarebbe stata libera. E diventare l’autrice di un libro sarebbe stata una vera fortuna! Lei e Cristiano avrebbero potuto girare insieme per il mondo. Basta trucchetti con i sensali o le prove d’amore. Avrebbe potuto davvero scrivere la loro storia.
Inoltre la situazione a New York era un po’ stretta, potendo stare solo all’appartamento di Bryn o nella sua camera da letto da bambina. Non c’era nulla di romantico in nessuna delle due sistemazioni. Ma Parigi. Parigi! Per la prima volta, sentì un brivido di eccitazione al pensiero di lei e Cristiano nella città più romantica del mondo. Immaginò porte finestre e tende di pizzo svolazzanti, baci sotto la torre Eiffel, marciapiedi bagnati di pioggia, croissant in antichi baretti che davano sulla Senna, musei, arte, cultura, architettura. E poi nella mente le apparve con improvvisa ferocia una visione: Cristiano abbassato su un ginocchio e un bellissimo anello luccicante teso verso di lei.
Non aveva mai pensato al matrimonio prima che Elliot ne parlasse. Ma se il mese a Parigi si fosse concluso con un anello? Di certo non le avrebbe dato fastidio.
“Okay,” accettò, alla fine. “Lo farò.”
Non appena il suo incontro con Elliot si concluse, Keira afferrò il cellulare e uscì in fretta per chiamare Cristiano. Le strade erano piene di traffico e gente come sempre. Il pensiero di lasciarsi tutto alle spalle la emozionava.
Fece il suo numero e dopo un momento lui rispose.
“Ho delle novità,” annunciò.
“Oh?” Domandò Cristiano. “Non sei incinta, non è vero?”
“No!” gridò Keira, ridendo. “Andiamo a Parigi!”
“Davvero?” Sembrò entusiasta.
“Già. Il mio nuovo incarico. A quando pare i lettori ti amano tanto che vogliono che tu venga con me. Che cosa ne pensi?”
“Penso che sia fantastico!” rispose lui. “Non vedo l’ora. Quando partiamo?”
“Domani.”
Keira si morse il labbro, preoccupata dalla sua risposta. Ma non avrebbe dovuto temere nulla.
“Wow!” esclamò Cristiano. “È grandioso!”
Sullo sfondo, udì il suono di clacson e sirene d’ambulanze.
“Come sta andando il tuo tour in solitaria di New York?” gli chiese.
“È magnifico,” dichiarò lui con l’entusiasmo di un ragazzino. “Sono andato in un sacco di posti in metropolitana e ho camminato per alcuni parchi. Ora sono vicino a un luogo chiamato Teardrop Park.”
Keira rimase sbalordita. “Sei proprio dietro l’angolo rispetto al mio ufficio!”
“Ah, sì?” chiese lui, sorpreso.
“Sì! Dovresti passare da me,” aggiunse, pensando che tutti alla rivista volevano conoscerlo. “Potrei presentarti alcune persone.”
“Mi piacerebbe molto,” disse Cristiano.
Keira gli diede le indicazioni per attraversare la breve distanza fino al suo ufficio. Alcuni minuti dopo, lo vide in lontananza mentre girava un angolo. La sua bellezza la sbalordì, facendole battere forte il cuore.
Quando lui la raggiunse, gli gettò le braccia attorno al collo e lo baciò. Poi lo prese per mano e lo guidò dentro.
“Ragazzi,” annunciò. “Questo è Cristiano.”
Tutti accorsero a incontrarlo. Sembrava che Denise avesse di fronte una celebrità. Lisa sembrava sul punto di svenire. Per la prima volta, Keira provò l’emozione di stare con qualcuno adorato da tutti, piuttosto che la paura che glielo potessero rubare.
Elliot uscì dal suo ufficio, squadrando Cristiano da capo a piedi. Chiaramente approvò ciò che vide e si avvicinò per stringergli la mano.
“Keira ti ha già detto la novità?” volle sapere.
“Di Parigi?” rispose Cristiano annuendo. “Sì, e non vedo l’ora. Grazie mille per aver organizzato il viaggio anche per me. È la realizzazione di un sogno poter viaggiare per il mondo con la donna che amo.”
Strinse Keira con forza a sé. Denise e Lisa andarono visibilmente in estasi.
Poi fu il turno di Nina di avvicinarsi per conoscere Cristiano. Almeno fu abbastanza rispettosa da non rimanere a bocca spalancata. Si limitò a stringergli cordialmente la mano. Ma c’era una luce nei suoi occhi che riempì Keira di sospetto.
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