Benito Mussolini - La Marcia su Roma
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Dal punto di vista del numero dei delegati intervenuti, che supera quello di tutti gli altri congressi, antichi e recenti, di tutti i partiti. Un congresso che raccoglie non meno di quattromila delegati è veramente senza precedenti nella storia italiana. Riuscito è il congresso dal punto di vista dell’ordine durante le discussioni. In un’assemblea così imponente e composta nella maggior parte di giovani nuovi alle discussioni, erano inevitabili momenti di tumulto e di clamore; ma la verità è che il congresso fascista non ha visto le scene di violenze pugilistiche che si ritrovano nelle cronache di altri congressi. E bisogna aggiungere, per la verità, che i trascurabili incidenti sono dovuti non ai veri delegati del congresso, ma ad elementi squadristi che assistevano dalle tribune del teatro e che essendo in massima parte giovani, sono naturalmente esuberanti.
Il congresso fascista è l’unico che abbia esaurita realmente la discussione su tutti i commi posti all’ordine del giorno. Il congresso aveva tre obiettivi fondamentali: liquidare il passato; definire il programma del fascismo; costituire il fascismo in partito.
Tutto ciò è stato fatto. Si sono discusse ed approvate la relazione della Commissione esecutiva e la relazione del Gruppo parlamentare fascista.
Si è definito il programma nelle sue linee essenziali e il Consiglio nazionale non dovrà che dare la lettera a quello che è già lo spirito e che è stato accettato nella totalità del congresso. Ad enorme maggioranza poi il congresso si è dichiarato favorevole alla costituzione del fascismo in partito.
Il Partito Nazionale Fascista è dunque un fatto compiuto. Restano da fissare regolamenti e statuti e questo sarà fatto entro brevissimo termine.
Ma il partito è già, non virtualmente, ma solidamente e materialmente costituito. Giova, a questo proposito, ricordare che gli oppositori al partito si mettevano da un punto di vista che possiamo chiamare di «contingenza»; facevano, cioè, una questione di tempo e di modo. Non erano contrari al partito in sé, ma lo ritenevano immaturo.
Queste obiezioni sono state vigorosamente controbattute da Massimo Rocca e il congresso, alla quasi unanimità, si è ritenuto, invece, maturo per costituire il fascismo in partito. Un partito che molto probabilmente non rassomiglierà a nessuno degli altri esistenti: un partito che è anche una milizia, nel senso più letterale della parola.
Chi ha veduto sfilare per le strade della capitale il formidabile corteo nel quale tutti i fascisti erano in uniforme militare in grigio-verde, talvolta con l’elmetto, avrà certamente riportata l’impressione che il Partito Fascista non è soltanto una organizzazione politica, ma è anche una organizzazione, in un certo senso, militare.
E se in sede di politica si discute, quando i fascisti sono inquadrati non discutono più, ma debbono obbedire e obbediscono con un ammirevole senso di disciplina.
Conseguenze immediate della costituzione del movimento in partito non sono da attendersi.
Il fascismo continuerà ad essere una forza negativa, nel senso che è sempre pronto a sostenere la lotta violenta contro le violente forme di lotta dei partiti antinazionali ed inizierà, nel contempo, il lavoro di preparazione veramente politico che deve abilitare il fascismo a reggere, in parte o in tutto, il governo della nazione.
Il fatto stesso che si sia potuto ammettere, come ipotesi, la formazione, non tanto lontana, di uno Stato fascista, è la riprova confortante che il fascismo è già tendenzialmente capace di reggere i destini della nazione, salvata dal terribile abisso entro cui stava per precipitare.
Spetta ora ai fascisti di tutta Italia perfezionare la loro organizzazione; stringere vincoli sempre più solidi fra di loro; proporzionare e dosare l’uso della violenza, che non dev’essere mai cieca ed incosciente; diffondere le idee ed i programmi che sono stati illustrati all’Augusteo; ed anche non attendere la realizzazione di tutti i postulati del fascismo esclusivamente dall’opera necessariamente limitata e frammentaria del Gruppo parlamentare fascista.
Io credo per fermo, e la sfilata di Roma ne è la riprova, che pure costituito in partito, il fascismo non perderà nessuna delle sue caratteristiche. Perderà, invece, ed è bene che così sia, molte scorie; lascerà e dovrà lasciare lungo la strada i violenti della violenza non come mezzo, ma come fine, gli elementi ambigui che amavano di non scegliere fra l’uno e l’altro partito e soprattutto gli elementi che qua e là si sono accodati al fascismo credendo di trovare in esso la difesa dei loro privati interessi.
Contro questi profittatori politici ed economici del fascismo, note chiare di deplorazione e di rivolta sono squillate durante i lavori del congresso. Quanto agli elementi sovversivi, invano essi sperano, con movimenti disordinati o con agguati criminali, di spezzare la granitica muraglia del fascismo in Italia.
Se il fascismo italiano sarà nell’avvenire forte e saggio, stanno aperte dinanzi a lui le strade di tutte le possibilità e di tutte le grandezze. Viva il Partito Nazionale Fascista!
MUSSOLINI
Da Il Popolo d’Italia , N. 271, 12 novembre 1921, VIII.
DISCIPLINA
Le giornate romane del fascismo italiano offrono a noi, e quindi a tutti i fascisti, un materiale vastissimo di meditazione e di esperienza.
Cominciamo dalla disciplina. Molti giornali accusano il fascismo di mancare di una disciplina e tentano di documentare l’accusa con quanto è accaduto negli scorsi giorni a Roma. Ora io ci tengo a dichiarare che, posto a confronto con gli altri partiti o eserciti, il fascismo italiano è l’esercito o il Partito più disciplinato del mondo. Con questo non intendo dire che la disciplina morale e formale del fascismo non trova assolutamente riscontro nella storia antica o recente di nessun altro partito. I casi di Roma, gli incidenti durante il corteo, sono deplorevolissimi, e chi scrive non aspetta oggi per dirlo; ma quando si consideri l’ambiente, il momento e la massa, si vedrà che quella dei giornali antifascisti è una montatura in piena malafede. Intanto le provocazioni sono partite dall’altra parte. Si può sapere per quale recondito motivo all’arrivo di un treno di fascisti tutte le locomotive del deposito di Portonaccio si mettono a fischiare a centinaia? Quando il Comitato di difesa proletaria — ignobile minestrone, possibile soltanto a Roma, dove Lenin va a braccetto con Giuseppe Mazzini — annunciava i «vespri» antifascisti, la cronaca non registrava che il famoso incidente del fazzolettino rosso. Nient’altro! La situazione si aggravò, naturalmente, con la pubblicazione di quel comunicato provocatorio, ospitato da tutti i giornali antifascisti, coll’immondo Paese del cardiopalmico Ciccotti in prima linea. Nessuno può seriamente ritenere che il suddetto sedicente Comitato non avrebbe trovato altri pretesti pur di inscenare lo sciopero che covava da lunghissimo tempo. Obiettivo evidente: sabotare il congresso fascista e soprattutto impedire la parata fascista per le strade di Roma. C’erano, o signori, a Roma, fra mercoledì e giovedì, dai trenta ai quarantamila fascisti, tutti giovani dai quindici ai trent’anni, e tutti figli autentici dell’autentico popolo italiano. Bastava guardarli in faccia per capire che non da «magnanimi lombi» discende il loro sangue, ma da gente che ha lavorato e lavora. Quale forza umana o divina avrebbe potuto controllare o contenere le azioni singole di quarantamila individui, costretti a circolare in un ambiente freddo o nemico? L’Augusteo non poteva ospitare che diecimila fascisti; gli altri, forzatamente, erano accantonati nei punti più dispersi e lontani della città, fatti oggetto al ghigno e alle imboscate dei bolscevichi. Che cosa potevano fare, se non difendersi e offendere? Ci si dice che i fascisti concentrati a Roma non hanno eseguito l’ordine di partenza emanato dai capi. Non è vero. Sta di fatto che la sera stessa di giovedì, appena finito il corteo, treni «speciali» di fascisti partirono nelle diverse direzioni. Ma come poteva avvenire rapidamente l’esodo di una così vasta massa di individui, quando mancavano i treni? D’altra parte la partenza immediata dei fascisti era subordinata — l’on. Bevione lo sa!, — alla ripresa non meno immediata del servizio da parte dei ferrovieri. E dal momento che i ferrovieri — soltanto per paura, a loro confessione stessa! — non riprendevano servizio, come e qualmente potevano i fascisti, calati a Roma dalle più lontane parti d’Italia, lasciare la città?
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