Blake Pierce - La Bugia Perfetta

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“Un capolavoro del thriller e del mistero. Blake Pierce ha fatto un ottimo lavoro sviluppando dei personaggi con un lato psicologico così ben descritto da farci sentire come dentro alle loro teste, seguendo le loro paure e gioendo per i loro successi. Pieno di svolte, questo libro vi terrà svegli fino a che non girerete l’ultima pagina.” --Books and Movie Reviews, Roberto Mattos (riguardo a Il killer della rosa) LA BUGIA PERFETTA è il libro #5 della nuova serie psicologica piena di suspence create dall’autore campione d’incassi Blake Pierce, il cui best seller numero #1, Il killer della rosa (scaricabile gratuitamente) ha oltre 1.000 recensioni da cinque stelle. Quando una bellissima e popolare insegnante di fitness viene trovata assassinate nella ricca periferia della città, la profiler criminale e agente dell’FBI Jessie Hunt, 29 anni, viene chiamata a collaborare per scoprire chi l’abbia uccisa. Ma i segreti contorti che si celano in questa città piena di relazioni e tresche è una cosa per lei mai vista prima.Con chi andava a letto questa donna? Quanti matrimoni ha mandato all’aria?E perché qualcuno la voleva morta?Un thriller psicologico veloce e pieno di suspence, con dei personaggi indimenticabili, LA BUGIA PERFETTA è il libro #5 di una nuova serie che vi terrà incollati alle pagine e non permetterà quasi di andare a dormire.Il libro #6 della serie di Jessie Hunt sarà presto disponibile.

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“Vorremmo parlargli non appena avremo finito qui,” disse Ryan, poi si rivolse a Jessie. “Sei pronta ad entrare?”

Lei annuì. Non le era sfuggito il fatto che, tranne poche eccezioni, la sua descrizione di Taylor Jansen poteva essere anche quella di se stessa. Avrebbe compiuto trent’anni tra poche settimane. Il suo appartamento in centro era spartano quanto questo e non perché lei non avesse il tempo di personalizzarlo. Poteva contare sulle dita di una mano i propri buoni amici. E a parte il suo recente matrimonio con un uomo che aveva tentato di ammazzarla, non aveva alcuna relazione, messa da parte la sua recente conversazione con Ryan. Se fosse morta domani, l’analisi di un altro profiler non sarebbe forse stata tanto diversa da quella che lei aveva fatto della donna che si trovava ora dietro quella porta.

“Ne volete un po’?” chiese Wayne mentre si metteva della crema all’eucalipto subito sotto alle narici. Aiutava a contrastare i brutti odori che li circondavano.

“No, grazie,” disse Jessie. “Per quanto faccia schifo, ho bisogno che tutti i miei sensi siano in piena forza quando sono su una scena. Eliminare l’olfatto potrebbe mascherare qualche importante elemento.”

“Lo stomaco è suo,” disse Wayne scrollando le spalle e aprendo la porta.

Quasi immediatamente, Jessie si pentì della decisione presa.

CAPITOLO CINQUE

La puzza era fortissima. La donna doveva essere morta da due o forse addirittura tre giorni. Era distesa a letto con le coperte scostate, e indossava un paio di pantaloncini da palestra e un reggiseno sportivo. Non c’erano evidenti segni di lotta nel modo in cui era posizionata o nella stanza in generale. Non sembrava che niente fosse stato buttato a terra. Non c’era nulla di rotto. Le cose che indossava erano intatte. Non c’erano evidenti lividi o tagli.

Ovviamente questo non provava niente. Se si trattava di un delitto, il colpevole aveva avuto un sacco di tempo a disposizione per risistemare la stanza e posizionare al meglio Taylor prima di andarsene. Le impronte sugli oggetti nella stanza, incluso il corpo, avrebbero potuto offrire dell’aiuto su quel fronte. Ma almeno a primo colpo d’occhio, non c’era niente fuori posto.

Jessie si avvicinò per guardare meglio la vittima. Gli assistenti del medico legale, che stavano per inserire il cadavere nel sacchetto di plastica, fecero un passo indietro lasciandole spazio.

Il volto di Taylor Jansen era blu e gonfio. Gli occhi erano chiusi. L’addome che aveva chiaramente mantenuto sodo e tonico con un sacco di esercizio era ora rilassato, risultato dei gas che si erano formati all’interno del corpo dopo la morte. Anche in quella condizione, Jessie poteva confermare che era stata una donna molto bella.

“Qualcuno l’ha toccata?” chiese Ryan.

“Solo per prendere le impronte,” gli assicurò Wayne.

“Pare che sia morta nel sonno,” notò Ryan. “Non c’è da stupirsi che la prima ipotesi sia suicidio. Magari quelle pillole in cucina non sono proprio tutte vitamine. Sono molto curioso di vedere il resoconto tossicologico.”

Jessie si chinò in avanti e notò gli ematomi ora quasi sbiaditi sui polsi e sul collo di Taylor. dato lo scolorimento e il gonfiore della pelle, era difficile dire quanto fossero vecchi. Ma se lei avesse dovuto indovinare, avrebbe detto un paio di giorni.

“La finestra vicino alla porta d’ingresso è sempre stata aperta?” chiese Jessie. “O l’ha aperta qualcuno dopo aver trovato la donna?”

“Secondo quanto dice il suo collega, era leggermente aperta quando lui è arrivato. Ha detto di aver bussato alla porta e di aver tentato di aprirla. Ma era chiusa a chiave, quindi ha usato la finestra per entrare.”

Jessie annuì, allontanandosi dal corpo di Taylor e portandosi verso l’armadio. Aprì l’anta scorrevole e lanciò un’occhiata all’interno. Sembrava che tre quarti del suo guardaroba comprendessero esclusivamente abbigliamento da palestra e indumenti intimi. Jessie si voltò verso Ryan e l’agente Wayne.

“Dobbiamo decisamente parlare con il suo collega,” disse.

*

Vin Stacey aveva un aspetto davvero misero, seduto sul sedile posteriore dell’auto di pattuglia parcheggiata fuori dal condominio.

“Lo state tenendo in custodia?” chiese Jessie all’agente dall’espressione annoiata che si trovava accanto all’auto.

“No. Gli abbiamo solo chiesto di stare qui ad aspettare che voi scendeste a parlargli.

“Sa che non è tenuto ad aspettare in auto? Perché dalla sua faccia sembra che pensi che l’abbiate arrestato.”

“Non gli abbiamo chiarito la natura della nostra richiesta,” ammise timidamente l’agente. “Gli abbiamo solo detto di aspettare nel veicolo per delle altre domande.”

“Quindi pensa di essere sotto arresto?” chiese Jessie incredula.

“Non so quale impressione abbia, signora. Noi abbiamo solo espresso la nostra richiesta.”

Jessie guardò Ryan, che non sembrava essere irritato quanto lei.

“Non dici niente?” gli chiese.

“No,” disse lui. “Ma non posso negare di aver usato la stessa tattica in passato. È un modo per tenere una persona ferma dove si vuole senza doverla arrestare formalmente.”

“Ma pensavo che non fosse più un sospettato,” ribatté Jessie.

“Tutti sono sospettati. Lo sai.”

“Okay,” gli concesse Jessie. “Ma nel frattempo lui se ne sta seduto lì con l’intero mondo che gli passa accanto pensando che lo abbiano arrestato per qualcosa.”

“Immagino che allora dovremmo chiarire la cosa,” disse Ryan con tono piatto.

Jessie lo guardò accigliata prima di aprire la portiera posteriore.

“Signor Stacey?” chiese, lasciando andare la nota di nervosismo nella voce, che ora risuonò dolce e zuccherosa.

“Sì,” rispose lui tremante.

“Perché non viene fuori dall’auto? Mi spiace che lei abbia dovuto aspettare così tanto. Io e il mio collega eravamo sopra a svolgere le indagini. Speravamo di poterle fare qualche domanda, se non le spiace.”

“Ho risposto alle domande di tutti,” disse lui con tono implorante. “Non riesco a capire perché mi trovo nei guai.”

“Non si trova nei guai, signor Stacey,” gli assicurò lei. “Venga fuori. Mi chiamo Jessie Hunt. Sono una profiler criminale del Dipartimento di Polizia di Los Angeles. Questo è il detective Ryan Hernandez. Vedo una caffetteria nell’angolo laggiù. Prendiamo una tazza di qualcosa e facciamo due chiacchiere. Cosa ne pensa?”

L'uomo annuì e uscì dal veicolo. Fu solo allora che Jessie si rese conto di quale fosse la sua stazza. Completamente dritto in piedi, doveva arrivare facilmente a un metro e novanta. Jessie ipotizzò che il peso dovesse essere di un centinaio di chili. Indossava una maglietta da palestra a manica lunga che metteva in evidenza i suoi addominali. Sembrava che i bicipiti potessero strappare la stoffa delle maniche da un momento all’altro.

Nonostante la sua imponenza, l’atteggiamento trasmetteva delicatezza e gentilezza. Guardandolo più attentamente, Jessie notò che portava una collanina con il ciondolo di un arcobaleno e che aveva le unghie dipinte di viola.

“Immagino che anche lei sia un trainer nella palestra dove lavorava Taylor, giusto?” gli chiese, cercando di alleggerire l’atmosfera mentre si dirigevano verso la caffetteria.

L’uomo annuì ma non rispose. Ryan li seguiva a poca distanza, chiaramente consapevole che la sua presenza avrebbe potuto intralciare i tentativi di Jessie di creare un collegamento con l’uomo. Mentre camminavano, Jessie notò che l’uomo di strofinava energicamente i polsi.

“Va tutto bene?” gli chiese.

“Ancora non ci credo. È come se mi avessero rivoltato lo stomaco. Aspettare lì e sapere che una persona con una personalità così solare ora è un essere freddo e privo di vita. Mi fa male solo a pensarci. E i vostri colleghi hanno solo peggiorato le cose.”

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