Blake Pierce - La Bugia Perfetta

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“Un capolavoro del thriller e del mistero. Blake Pierce ha fatto un ottimo lavoro sviluppando dei personaggi con un lato psicologico così ben descritto da farci sentire come dentro alle loro teste, seguendo le loro paure e gioendo per i loro successi. Pieno di svolte, questo libro vi terrà svegli fino a che non girerete l’ultima pagina.” --Books and Movie Reviews, Roberto Mattos (riguardo a Il killer della rosa) LA BUGIA PERFETTA è il libro #5 della nuova serie psicologica piena di suspence create dall’autore campione d’incassi Blake Pierce, il cui best seller numero #1, Il killer della rosa (scaricabile gratuitamente) ha oltre 1.000 recensioni da cinque stelle. Quando una bellissima e popolare insegnante di fitness viene trovata assassinate nella ricca periferia della città, la profiler criminale e agente dell’FBI Jessie Hunt, 29 anni, viene chiamata a collaborare per scoprire chi l’abbia uccisa. Ma i segreti contorti che si celano in questa città piena di relazioni e tresche è una cosa per lei mai vista prima.Con chi andava a letto questa donna? Quanti matrimoni ha mandato all’aria?E perché qualcuno la voleva morta?Un thriller psicologico veloce e pieno di suspence, con dei personaggi indimenticabili, LA BUGIA PERFETTA è il libro #5 di una nuova serie che vi terrà incollati alle pagine e non permetterà quasi di andare a dormire.Il libro #6 della serie di Jessie Hunt sarà presto disponibile.

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“È stata una vera sfortuna,” disse Jessie.

“Sapete che gli agenti mi hanno ammanettato quando sono arrivati all’appartamento di Taylor?” insistette lui. “Io me ne stavo seduto là fuori ad aspettarli. E uno di loro mi ha messo le manette mentre l’altro ha tenuto la mano pronta sulla pistola per tutto il tempo. Io sono quello che ha chiamato il 911!”

“Mi spiace davvero, signor Stacey,” cercò di calmarlo Jessie. “Purtroppo, quando gli agenti arrivano su una scena del crimine, devono prendere delle precauzioni che possono sembrare eccessive.”

“Mi hanno tenuto ammanettato per mezz’ora, e nel frattempo mi hanno preso le generalità e hanno controllato se avessi la fedina penale sporca, cosa che non ho, e hanno controllato che lavorassi con Taylor. E tutto mentre lei stava sdraiata su quel letto, morta. Penso che sappiamo entrambi benissimo che se fosse stata lei a chiamare il 911 e li avesse aspettati lì, l’avrebbero trattata un modo diverso.”

“Giusto,” rispose Jessie annuendo comprensiva mentre entravano nella caffetteria. Si voltò a guardare l’agente che li aveva seguiti fino a lì e gli fece cenno di aspettare fuori.

“Quindi ha detto che lavorava con lei. Eravate entrambi insegnanti?” continuò Jessie, cercando di smorzare l’indignazione di Stacey e andare oltre.

“Sì… al Solstice.”

“La palestra proprio davanti al condominio?” chiese Jessie, ricordando il fitness club che aveva visto quando erano arrivati.

“Comodo, no?” commentò lui.

Ordinarono i loro caffè e si sedettero a un tavolino. Ryan li raggiunse ma non disse nulla.

“Quindi, prima di arrivare a come le l’abbia trovata, signor Stacey…”

“Chiamami Vin,” le disse lui.

“Ok, Vin,” acconsentì lei. “Prima di questo, voglio che ci racconti di Taylor. Com’era? Amichevole? Tranquilla? Alla buona? Intensa?”

“La definirei una tipa alla buona. Era educata ma professionale con gli altri allenatori e con il resto dello staff. Era più amichevole con i suoi clienti, ma aveva sempre un certo atteggiamento professionale. Era fatta così. Alcuni clienti vorrebbero che il loro trainer fosse una specie di migliore amico. E io sono più o meno così. Altri preferiscono qualcuno che non dica scemenze e che li aiuti a raggiungere i loro obiettivi. Lei era la persona per questo secondo genere di clientela.”

“Che genere di clienti aveva per lo più?” chiese Ryan, parlando per la prima volta.

Vin guardò Jessie esitando, come se avesse bisogno della sua approvazione per rispondere. Lei annuì in modo rassicurante e lui proseguì.

“Di ogni genere. Ma direi che più della metà erano donne sposate tra i trenta e i quarant’anni. Un sacco di mogli benestanti e casalinghe che cercavano di perdere il peso accumulato con una gravidanza o di mantenere la linea evitando che i loro mariti le lasciassero per le segretarie.”

“Era questo il suo pane quotidiano?” chiese Ryan.

“Già. Era davvero bravissima a motivare donne del genere e a farle sentire come se avessero il pieno controllo dei loro destini. Io sono un uomo di colore single, gay, e a volte mi faceva venire voglia di sposare un tipo bianco di mezza età solo perché potessi assumere la piena responsabilità della mia vita.”

“Quindi eravate buoni amici?” chiese Jessie.

“Non così intimi,” disse lui. “Prendevamo un caffè insieme – a dire il vero molto spesso qui – o uscivamo a bere qualcosa. L’ho accompagnata a casa un paio di volte la sera tardi, a piedi. Ma non direi che eravamo amici. Ci definirei piuttosto colleghi amichevoli. Penso che le piacessi perché ero uno dei pochi uomini alla palestra che non le faceva la corte tutto il tempo.”

“Alcuni dei suoi corteggiatori erano particolarmente aggressivi?” chiese Ryan.

“Non sono sicuro di essere il migliore a giudicare ciò che una donna consideri aggressivo al giorno d’oggi,” ammise. “Posso dire però che non mi è mai sembrata intimidita da nessuno. Non aveva problemi a mettere a tacere uno in malo modo se andava troppo oltre.”

“Sai niente di quale fosse la sua situazione sentimentale?” chiese Jessie. “Hai detto agli agenti di sopra che non frequentava nessuno.”

“Ho detto che non pensavo che fosse attualmente impegnata in una relazione. So che stava uscendo con un tizio un paio di mesi fa. Ma dopo che la storia è finita, è diventata molto riservata riguardo alla sua vita amorosa. E non stava a me insistere per saperne di più, dato che non posso reputarmi un esperto.”

“Vin,” chiese Jessie, decidendo di lanciare la domanda che sapeva avrebbe impegnato tutti per il resto della giornata, “pensi che Taylor possa essersi uccisa?”

Lui rispose immediatamente e con un’intensità che ancora non gli avevano visto esprimere.

“Impossibile. Taylor non era quel genere di persona. Era una precisa, concentrata. Era una di quelle persone che hanno degli obiettivi concreti. Voleva aprire una sua palestra. Non si sarebbe mai fatta una cosa del genere. Era una succhia midollo.”

“In che senso?” chiese Jessie.

“Nel senso che succhiava il midollo della vita. Non avrebbe mai messo fine alla propria.”

Rimasero tutti seduti in silenzio per un momento, poi Ryan tornò a un argomento meno filosofico.

“Conosci il nome del suo ex?” gli chiese.

“No. Ma penso che una delle trainer donne alla palestra potrebbe saperlo. Ricordo che aveva raccontato di averlo visto portare lì Taylor una volta e di averlo riconosciuto.”

Mentre Vin rispondeva, Jessie spostò l’attenzione sull’ingresso della caffetteria, da dove stava entrando un uomo che era chiaramente un barbone. Aveva la barba lunga e le scarpe con le suole staccate che sventolavano ogni volta che sollevava un piede.

Ma non fu quello ad attirare la sua attenzione. C’era qualcosa di rosso che gocciolava dalla mano sinistra dell’uomo, che lui teneva nascosta sotto alla giacca. L’uomo stava borbottando tra sé e sé mentre si muoveva in mezzo agli altri clienti, andando a sbattere contro di loro in modo apparentemente intenzionale.

“Come si chiama la trainer?” chiese Ryan. Aveva la schiena rivolta all’ingresso, quindi non aveva potuto notare l’uomo.

“Chianti.”

“Dici sul serio?” chiese Ryan, ridendo involontariamente e sputacchiando un po’ del suo caffè.

“Non so se sia il suo nome di battesimo,” disse Vin, sorridendo per la prima volta. “Ma alla palestra la conosciamo come Chianti Rossellini. Non sta a me giudicare.”

“Perché pensi che non sia effettivamente la tua filosofia, Vin?” chiese Jessie maliziosamente, mentre continuava a tenere d’occhio il barbone.

Vin alzò le sopracciglia in modo provocatorio.

“Scusate se interrompo questo scambio di gossip…” iniziò a dire Ryan.

“Puoi fare tutto quello che vuoi, occhi belli,” lo interruppe Vin, sbattendo le palpebre.

Ryan non rispose alla sua allusione, ma andò avanti.

“Ma dobbiamo chiederti di quando hai trovato Taylor. Hai detto agli agenti che la finestra era aperta?”

Il volto di Vin tornò immediatamente serio.

“Di poco, sì. Prima ho bussato e ho controllato la porta, che era chiusa. Ma quando non ha risposto, ho aperto di più la finestra e sono entrato da lì. Immagino che avrei dovuto chiamare prima il 911. Ma ho pensato che se era ferita e aveva bisogno di aiuto, non era il caso che me ne stessi fermo lì con le mani in mano.”

“Non ti devi giustificare, Vin,” disse Jessie. “Eri preoccupato per la tua amica. Sono sicura che le prove sosterranno questo aspetto.”

“Grazie,” disse Vin, la voce leggermente rotta.

Jessie avrebbe avuto una reazione più marcata nei suoi confronti, se non fosse stata così distratta dal barbone con la piccola scia di sangue che gli cadeva dal braccio. Ora stava dondolando sui piedi mentre muoveva la mano sotto alla giacca, che sembrava essere zuppa di un liquido denso. Era come se si stesse dando dei colpi al fianco. Le sue labbra si stavano ancora muovendo, ma qualsiasi cosa stesse mormorando era inudibile, anche se la donna di mezza età che stava in fila davanti a lui continuava a guardarsi nervosamente alle spalle.

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