Stefano Vignaroli - Delitti Esoterici
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«Le ho già detto che la nostra non è una setta satanica. Chi entra nella nostra organizzazione lo fa per sua libera scelta e per il desiderio di raggiungere elevati gradi di conoscenza. Le ripeto che non sono una venditrice di fumo, e tutto quello che dico o predico si è sempre avverato. Mi faccia vedere la sua mano sinistra e mi guardi negli occhi, dottoressa Ruggeri. Visto mai che lei non sia una di noi, magari a sua insaputa? Vedo che ha sofferto da ragazza, vedo dei lutti in famiglia che l'hanno segnata, vedo una vita sentimentale complicata, ma che si è risolta di recente in maniera positiva. Lei ha dei poteri superiori alla norma, ha delle percezioni non indifferenti, ha un'aura molto forte, rossa come il fuoco, nulla le sfugge in chi le sta davanti, neanche un particolare. E ora vada, dottoressa Caterina Ruggeri, di lei ho saputo tutto quanto c'era da sapere.»
Senza neanche rendermene conto, mi ritrovai fuori della casa di Aurora, nel cortile, seguita da Mauro che, con un sorriso ironico, commentò ciò di cui era stato testimone.
«Quella donna ha dei poteri ipnotici. Ti ha fatto fare tutto ciò che voleva. In pratica ci ha sbattuto fuori a modo suo e, come tutti gli altri che ci hanno preceduto, ce ne stiamo andando anche noi con la coda tra le gambe.»
«Già, ma la strega ha ragione, a me non sfugge nulla, neanche un particolare. Torneremo con un'altra strategia. Devo solo avere il modo di riflettere e di venire qui preparata. Torniamo a controllare se la scientifica ha terminato il suo lavoro e poi diamo un'occhiata intorno. Come si chiamavano quei luoghi che ha nominato la malefica a proposito di Mariella La Rossa?»
«Fontana di Campomavùe, Fontana della Noce, Via Dietro la Chiesa e Lagu Degnu.»
«Accidenti, complimenti, hai una buona memoria! Con te non servono registratori o taccuini!»
«Già, comunque ricorda che il palmare ci può tornare utile per registrare le conversazioni. È un modello molto sensibile e anche tenendolo in tasca è in grado di registrare.»
«Sì, grazie d'avermelo detto. Di sicuro sarà utile anche per fare delle foto!»
Gli uomini in tuta bianca e guanti di lattice stavano portando a termine il loro lavoro sulla scena del crimine. Mentre uno scattava delle foto, un altro raccoglieva del terriccio intorno alla vittima inserendo i campioni all'interno di bustine di plastica, un altro ancora spargeva del Luminol, per la ricerca di eventuali tracce occulte di sangue.
«Trovato qualcosa di interessante?» chiesi.
«Sembra che l'incendio sia stato appiccato servendosi di liquido infiammabile, non benzina, ma qualcos'altro che cercheremo di individuare in laboratorio. Abbiamo trovato anche tracce di cera, derivante forse da una torcia di carta pressata e cera, una di quelle che si usano nelle processioni, nelle fiaccolate, per intenderci.» mi rispose uno dei tre.
«Avete trovato la torcia?»
«No, dottoressa. Però stiamo prelevando anche detriti carbonizzati, forse possiamo trovarvi qualcosa di utile. Appena finito il lavoro in laboratorio le invieremo un rapporto dettagliato. Per ora qui abbiamo finito. La Polizia Mortuaria è arrivata e possiamo far trasferire il cadavere all'obitorio.»
Ritornando verso il piazzale dove era parcheggiata la nostra auto, un cartello in legno, che indicava la Fonte della Noce, attirò la mia attenzione.
«Andiamo a dare un'occhiata?» mi rivolsi a Mauro e, senza neanche attendere la sua risposta, imboccai il sentiero che si addentrava in una zona di bosco fitto. Avanzammo per un breve tratto e guadagnammo una radura dominata da un grosso albero di noci, in prossimità del quale, da un fontanile, sgorgava un invitante zampillo d'acqua. Dato il caldo e le fatiche della giornata, sia io che Mauro ingurgitammo qualche sorso di acqua freschissima, poi iniziammo a guardarci in giro per scorgere qualcosa di particolare, qualche segno, qualche indizio. A prima vista sembrava non esserci nulla di interessante. Mentre mi rammaricavo di non avere con me il mio fido Furia, impareggiabile cercatore di tracce, il mio occhio cadde proprio vicino al grande albero, dove notai della terra smossa.
«È stato fatto un disegno sul terreno con un oggetto appuntito, un coltello o un bastone a punta. Di solito gli appartenenti alle sette eseguono dei riti in determinati luoghi, disegnando dei simboli, pentacoli o altro, che alla fine vengono eliminati. Sembra che qui il disegno sia stato cancellato in fretta e furia, dato che ancora se ne vedono alcune parti. Si scorgono anche alcune scritte. Forse la cerimonia è stata interrotta o disturbata e gli adepti si sono dovuti dileguare, altrimenti avrebbero avuto molta più cura nel cancellare ogni traccia.»
«Pensi a una Messa Nera, magari con sacrificio, che so, di un animale, di una vergine, di uno degli stessi adepti?»
«Per ora non penso nulla, mi limito a osservare e fare bagaglio di ciò che vedo e sento. Di elementi ce ne sono tanti, ma non so ancora quali possano essere utili e quali no. Il sentiero si dirige da quella parte. Proseguiamo?»
Dopo pochi passi la vegetazione diveniva talmente intricata che sembrava che il sentiero finisse. Stavo per tornare sui miei passi, quando intravidi, a una trentina di metri, una sagoma arrugginita.
«Deve essere la carcassa del mezzo del taglialegna andato a fuoco anni fa. Nessuno si è preoccupato di asportarla, anche perché il proprietario era defunto da anni. Data la vegetazione, direi che non riusciremmo mai a raggiungerla» fu il commento di Mauro.
«Già, dovremo portarci un'attrezzatura adatta a sfoltire la vegetazione per andare a darci un'occhiata» risposi. «Torniamo all'auto ora!»
Ci avviammo ad andatura moderata giù per i tornanti che riconducevano verso il fondo valle, percorrendo l'incantevole Valle Argentina. Superato l'abitato di Molini di Triora, la strada scendeva ancora. Un cartello pubblicitario indicava che da lì a poche centinaia di metri avremmo trovato il ristorante "Da Luigi".
«Vogliamo verificare l'alibi della strega?» proposi a Mauro.
«Sì, volentieri» fu la sua replica. «E visto che è pomeriggio inoltrato e non abbiamo messo ancora niente sotto i denti, proporrei di sfruttare il ristorante anche per la sua funzione specifica.»
Il locale a quell'ora era deserto. Ci sedemmo a uno dei tavoli e aspettammo che comparisse qualcuno. Il proprietario del locale, un uomo sui quarantacinque anni, sovrappeso, la faccia rubizza e sudaticcia, non tardò a farsi vivo.
«Posso esservi utile, signori? Purtroppo a quest'ora in cucina abbiamo poco.»
«Polizia» lo apostrofò Mauro. «Le andrebbe di rispondere a qualche nostra domanda?»
«Immagino si riferisca al delitto della scorsa notte. Il luogo è abbastanza distante da qui. Come posso aiutarvi?»
«Lei conosce Aurora Della Rosa, vero?» intervenni.
«Certo, è una cliente affezionata, ogni tanto capita qui e io approfitto per chiedere qualche consiglio. Soffro di sciatalgia e lei ha dei rimedi toccasana a base di erbe, molto meglio della medicina convenzionale.»
«Ieri sera è stata qui?»
«Sì, è arrivata verso le nove e mezzo e se ne è andata a mezzanotte inoltrata. Era strana, piuttosto taciturna rispetto al solito. Ha ordinato da mangiare, ma credo che non abbia toccato cibo. L'ho anche dovuta riprendere perché, seduta al tavolo, si era accesa una sigaretta e fumava in sala. Non erano presenti molti avventori, e nessuno si sarebbe lamentato, ma essendo proibito dalla legge, sa, sono dovuto intervenire!»
«Era sola?»
«Sì, sola.»
«E solitamente viene da sola o in compagnia?»
«Dipende. A volte sì, viene sola, ma spesso è in compagnia di una sua amica mora, una bella donna dall'accento straniero. Sembra che le due facciano coppia, qui in zona si dice che siano lesbiche.»
Per pronunciare queste ultime parole si avvicinò a noi, abbassando il tono della voce.
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