Aurora Russell - Il Castello Della Bestia

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Veronica Carson, recentemente licenziata, viene raccomandata per un lavoro alla pari dall'elegante leader del suo gruppo di conversazione francese, ed è subito attratta dal piccolo e gioioso, Jean-Philippe, il bambino di cui dovrà occuparsi, ma ancora di più dal suo cupo padre.
Alain Reynard, uomo d'affari di successo senza scrupoli, ha già amato in passato e non vuole ripetere la dolorosa esperienza, soprattutto non vuole avere niente a che fare con la nuova bella ragazza alla pari di suo figlio.
Mentre i pettegolezzi si sprecano, le verità del passato e del presente si scontrano, Veronica dovrà decidere se Alain è davvero la bestia di cui si vocifera e, se è così, lei potrà amarlo abbastanza da spezzare gli oscuri ricordi e i segreti che lo legano al passato?
Il nuovo lavoro di Veronica arriva corredato da un bambino adorabile, un castello gotico e... una bestia?
Veronica Carson, recentemente licenziata, viene raccomandata per un lavoro alla pari dall'elegante leader del suo gruppo di conversazione francese, Non è sicura di cosa aspettarsi, ma non un castello gotico nel profondo delle terre selvagge del Maine. Tuttavia, è subito attratta dal piccolo e gioioso, Jean-Philippe, il bambino di cui dovrà occuparsi, ma ancora di più dal suo cupo padre.
Alain Reynard, uomo d'affari di successo senza scrupoli, ha già amato in passato e non desidera ripetere la dolorosa esperienza. La tragedia del suo recente passato è ancora fresca nella sua mente, e non vuole avere niente a che fare con la nuova e bella ragazza alla pari di suo figlio. Nonostante i suoi sforzi, però, non riesce a togliersela dalla testa.
Una storia d'amore appassionata comincia a sbocciare, ma viene messa alla prova quando tornano i dolorosi ricordi del passato di Alain. Mentre girano brutte voci, le verità del passato e del presente si scontrano. Veronica deve decidere se Alain è davvero una bestia e, se è così, lei potrà amarlo abbastanza da spezzare gli oscuri ricordi e i segreti che lo legano al passato?

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Il negozio di souvenir era strapieno di ogni sorta di cose, e lei immaginò che sarebbe stato il paradiso di un bambino. Aveva di tutto, dalle aragoste a molla alle caramelle sfuse e cioccolatini, mescolati a occhiali da sole, magliette e tutte le solite cose da turisti. Quando entrò, una donna stava parlando con la commessa, ma la conversazione si fermò non appena il campanello sopra la porta suonò, annunciando la sua presenza. Eppure, pensava di aver sentito “ lavora per la bestia .”

«Buongiorno» azzardò, usando il suo tono più amichevole.

Le due donne sorrisero, ma non risposero.

Consapevole che Monsieur Hormet la stava aspettando, fece un rapido giro del negozio e fu felice di trovare un piccolo set di creature marine di plastica. Pensò che a Jean-Philippe sarebbe piaciuto e che sarebbe stato qualcosa che avrebbero potuto portare con loro e con cui giocare durante una scampagnata, e su cui inventare storie. Alla cassa, prese anche un paio di pezzi di caramelle salate fatte in loco, solo perché, beh... yum . Magari avrebbe potuto sgranocchiarne una mentre tornava a casa. La commessa le fece il conto in totale silenzio, mentre l’altra acquirente stava in disparte, ma Veronica avvertì i loro sguardi su di sé, mentre entrambe la guardavano uscire. Veronica combatté l’impulso di spazzolarsi la schiena per essere sicura che qualcosa non si fosse incollato in quel punto. Si supponeva che gli abitanti del Maine fossero più amichevoli dei bostoniani, che potevano essere un po’ scontrosi, ma… wow. Cos’aveva quella città?

Il viso di Monsieur Hormet si atteggiò in un sorriso quando vide cosa aveva comprato.

«Ottima scelta, Mademoiselle» disse, aprendole la portiera per farla entrare.

«Grazie, e spero che mi chiamerà Veronica. Monsieur Reynard ha detto che avrebbe informato tutti, ma probabilmente non ne ha avuto il tempo...»

«Certo, Mademoiselle Veronica. Con piacere» rispose Monsieur Hormet, e lei dovette nascondere un suo sorriso. Beh, almeno l’aveva chiamata Veronica... più o meno.

Dopo il breve viaggio di ritorno al castello, l’uomo insistette per portarle le borse nella sua stanza.

«Ha un po’ di tempo libero, Mademoiselle Veronica. Monsieur Reynard e Jean-Philippe non la aspettano per cena prima delle sei e mezzo. Yvette probabilmente farà il bagno a Jean-Philippe.»

Veronica guardò di nuovo la vista spettacolare, poi sorrise ampiamente a Monsieur Hormet. «Grazie... allora penso che resterò fuori ancora un po’, per fare una passeggiata veloce, se va bene.»

L’uomo più anziano annuì. «Ovviamente. Tutta questa terra, praticamente tutto ciò che può vedere, in effetti, appartiene ai Reynard, quindi puoi andare ovunque senza sconfinare. C’è un sentiero che porta a una piccola spiaggia.» Lui indicò quella che sembrava essere una spaccatura tra le rocce a circa quattrocento metri alla sua destra. «È una discesa facile e pittoresca, anche se l’acqua può essere troppo agitata per nuotare. Non che oggi faccia abbastanza caldo per prenderlo in considerazione, comunque.»

« Merci encore , Monsieur Hormet» rispose Veronica, avviandosi in quella direzione. Quell’uomo era semplicemente adorabile, anche se i suoi modi erano un po’ austeri.

Il pallido sole stava tramontando, e nonostante le nuvole grigie rimaste formassero cumuli ondeggianti nel cielo, c’erano accenni di un rosso glorioso, di arancione e rosa, mescolati anche con un po’ di viola. Si fermò vicino al bordo delle scogliere rocciose e fece un respiro profondo, trasalendo quando sentì il suo telefono ronzare nella tasca.

Abbassò lo sguardo e si accorse che aveva perso quattro SMS di Katrin.

Com’è andata ?

Lo sapevo ... Devi aver ottenuto il lavoro! Congratulazioni!

Va bene. Non ti sto perseguitando, ma è un po’ che non ti fai viva. Non c’è campo??

Il messaggio seguente, appena arrivato, la fece quasi ridere a crepapelle.

Se non avrò tue notizie nei prossimi dieci minuti, dovrò presumere che tu sia incatenata nelle segrete del castello, con solo una crosta di pane ammuffito e acqua sporca per sostentarti, diversi ratti come unici amici e compagni, e sarò costretta a chiamare tuo fratello per organizzare un’operazione di salvataggio sotto copertura.

Veronica digitò la sua risposta.

Scusa! Ho ottenuto il lavoro. Dovendo iniziare subito, sono andata in città per comprare altri vestiti. La ricezione è un po’ discontinua, qui, ma accettabile in casa.

Sorrise e digitò un secondo messaggio.

Avevi ragione. Decisamente gotico. :)

Memore di tutte le carte che aveva firmato e anche della sensazione che Monsieur Reynard fosse molto riservato, scattò alcune foto del panorama con il suo cellulare evitando la casa, poi si girò per scattarsi un selfie con l’oceano alle spalle. Ne aveva scattate un paio, una delle quali non la faceva sembrare troppo brutta anche se i capelli le volavano da tutte le parti, e aveva appena cominciato a digitare un messaggio per accompagnarla, quando il telefono le venne strappato di mano.

Monsieur Reynard era arrabbiato, addirittura furioso, aveva uno sguardo ostile e ogni linea della sua alta struttura era tesa per l’ira a malapena contenuta.

«Per chi lavora? Chi l’ha mandata?» le chiese.

Cosa ? «Io lavoro per lei... o almeno così credevo. Sono stata raccomandata Madame Montreaux.» Veronica era sinceramente confusa e un po’ spaventata, ma cercò di essere paziente. Forse era successo qualcosa che aveva danneggiato la sua memoria nel suo recente incidente? Tuttavia, lo sguardo che le stava rivolgendo le fece scorrere un brivido lungo la schiena. Nonostante le sue ferite, quello era un uomo potente e pericoloso, specialmente in quel momento, quando la facciata solitamente affascinante era caduta.

«Sì, certo. Quale giornale? Sito web? A chi sta inviando le foto?» Abbaiò le domande, avvicinandosi, così tanto che Veronica poté sentire l’odore della sua colonia speziata e percepire il calore che si irradiava da lui. E come diavolo aveva fatto a scendere da casa così in fretta?

La sua bocca si aprì. «Non lavoro per nessuno. Stavo solo mandando delle foto a una mia amica. Può controllare», propose, e aggiunse seccamente: «anche se non apprezzo che mi abbia sequestrato il telefono.»

Lui diede un’occhiata al messaggio parzialmente digitato. «Una prova che è viva?» esclamò, sollevando un sopracciglio.

«È... ehm... una battuta tra noi» spiegò.

Alain fece scorrere i messaggi verso l’alto, e lei giurò di vederlo quasi sorridere, suo malgrado. «Rinchiusa in una segreta, eh?»

Lei agguantò il telefono. «Non avrebbe dovuto vederli.» Chiuse i messaggi e apri le foto.

«Guardi!» Gli restituì il telefono per mostrargli le foto che aveva appena scattato. «Sono tutte dell’oceano. Ho immaginato che non avrebbe apprezzato che fotografassi la casa.»

Monsieur Reynard le esaminò, i residui di tensione svanirono dal suo corpo. «Sembra che le debba delle scuse molto sincere. Io, ah, non ho giustificazioni se non che la stampa francese è stata implacabile dopo l’...incidente, e ho pensato.... Quando l’ho vista scattare delle foto, ho pensato che fossero riusciti a raggiungerci anche qui. Voglio solo proteggere Jean-Philippe.»

Veronica considerò ciò che aveva detto. Le sue scuse sembravano oneste e lui pareva contrito. Sicura che lui non fosse un uomo abituato ad avere torto, apprezzò il fatto che l’avesse ammesso subito. Ora che il momento di tensione era passato, notò quanto fossero vicini l’uno all’altra. Soli. Sembrava stranamente intimo, e anche lui doveva averlo percepito, dato che fece un goffo passo indietro.

«Scuse accettate» gli rispose alla fine. «Spero che non la prenda nel modo sbagliato, ma davvero non so chi siate, lei e Jean-Philippe, se non amici di famiglia di Madame Montreaux, o almeno questa è stata la vaga impressione che ho avuto da lei. Non riesco però a immaginare cosa si provi a passare attraverso qualcosa di così... difficile, e poi di dover affrontare il fatto che venga pubblicizzato, per giunta.»

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