Amos Sussigan - L'Oscar di Cioccolata

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L'Oscar di Cioccolata è il romanzo di debutto semiautobiografico dello Svizzero Amos Sussigan. Non uno scrittore, né un professore; Amos è soltanto uno studente ventenne che lascia la Svizzera per andare in America, seguendo un sogno che presto si trasforma in un obiettivo reale e concreto. Sconvolgente. Nell'Oscar di cioccolata, i marciapiedi di Los Angeles, le gloriose spiagge di Orange County e un esplosivo mix di emozioni fanno da scenario a inseparabili nuovi amici, grandi soddisfazioni, e ancora più grandi delusioni. Benvenuti a Los Angeles.
"Io non sono mai stato un genio. Mai il primo della classe, il più bello, o quello che ha l'auto più costosa e super modificata.
Al liceo mi è capitato di nascondere bigini elaborati sotto esami di tedesco, ho saltato lezione parecchie volte e non sono mancati screzi con docenti che non ritenevo professionali. Un fine strato di pancetta copre i miei addominali (che però, sotto, sono scolpiti; sono solo coperti), troppo gel ha reso i miei capelli deboli, e non c'è giorno che non scopra un fastidioso punto nero sulla mia fronte. Un carattere forte aiuta, ma piango come tutti, mi spaventa prendere decisioni e sono più insicuro di quanto non sembri. Non sono mai stato perfetto, non lo sono tuttora e probabilmente non lo sarò mai. Io sono solo quello che ci credeva di più.
Con questa forte convinzione sono riuscito a partire per l'America, lasciando una vita che, dopo anni di piccoli sacrifici, si presentava ogni mattina nel massimo di una mia personale perfezione. Lasciavo il Ticino soddisfatto ma terrorizzato, atterrando in quell'immensa cisterna riempita di lacrime di gioia e delusione che chiamano Hollywood.
Onorato e un po' sorpreso, ricevo ora quest'Oscar di cioccolata, scura e amara, ma che si scioglie in bocca".

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Amos Sussigan

L’Oscar di Cioccolata

Uno studente a Hollywood

картинка 1

Armando Dadò editore

Locarno

Ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o a persone

realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale.

Colophon

ISBN: 978-88-8281-323-9

© 2011 - Armando Dadò editore

CH-6600 Locarno, Via Orelli 29, www.editore.ch

published by: epubli GmbH, Berlin, www.epubli.de

A te,

e a quelle centomila stelle.

Venerdì 15 maggio 2010

L’Oscar di cioccolata

“Io non sono mai stato un genio. Mai il primo della classe, il più bello, o quello che ha l’auto più costosa e super modificata.

Al liceo mi è capitato di nascondere bigini elaborati sotto esami di tedesco, ho saltato lezione parecchie volte e non sono mancati screzi con docenti che non ritenevo professionali.

Un fine strato di pancetta copre i miei addominali (che però, sotto, sono scolpiti; sono solo coperti), troppo gel ha reso i miei capelli deboli, e non c’è giorno che non scopra un fastidioso punto nero sulla mia fronte. Un carattere forte aiuta, ma piango come tutti, mi spaventa prendere decisioni e sono più insicuro di quanto non sembri. Non sono mai stato perfetto, non lo sono tuttora e probabilmente non lo sarò mai. Io sono solo quello che ci credeva di più.

Con questa forte convinzione sono riuscito a partire per l’America, lasciando una vita che, dopo anni di piccoli sacrifici, si presentava ogni mattina nel massimo di una mia personale perfezione. Lasciavo il Ticino soddisfatto ma terrorizzato, atterrando in quell’immensa cisterna riempita di lacrime di gioia e delusione che chiamano Hollywood.

Onorato e un po’ sorpreso, ricevo ora quest’Oscar di cioccolata, scura e amara, ma che si scioglie in bocca”.

Giovedì 14 maggio 2009

Amos

Il mio nome è Amos. Non mi è mai piaciuto troppo il mio nome, non per il nome stesso, ma è difficile trovare un soprannome. Magari uno di quelli che fa style quando ti chiamano per la strada. Invece no. Sono sempre stato solo “Amos”. Quello lì. Ho vent’anni portati malissimo, forse anche perché non ho già più capelli in testa e la rasata è d’obbligo, conseguenza della mia vita che litiga costantemente con il mio orologio biologico.

Circa due anni fa ho deciso di studiare all’estero e ho cercato, con tutte le mie forze (anche quelle che non avevo, ed è forse per quello che i miei capelli hanno fatto le valigie e hanno salutato per sempre il mio cuoio cappelluto) di racimolare più soldi fosse possibile per partire per quest’avventura che oggi come allora mi sembra a dir poco titanica: cinque anni di università a Los Angeles.

Io sono un designer, o meglio, creo flyer e poster per clienti locali. Niente di trascendentale, e dunque il reddito è altrettanto non trascendentale. Per arrotondare, dopo la fine del liceo, ho lavorato presso un centro commerciale, collaborato con una radio, fatto qualche lavoretto televisivo e svolto pubbliche relazioni per discoteche e aziende che promuovono prodotti di vario genere. Da navigatori Tom Tom a Yogurt in promozione. Già, divertente, ma spesso è stato anche imbarazzante, considerando che delle volte mi si vedeva in televisione la sera prima, agghindato con il vestito della festa, e il giorno dopo mi ritrovavo alla cassa del supermercato vestito da Yogurt umano. Non fumo, consumo alcol nella norma e parlo molto, a volte troppo, a causa del mio Ego sovrasviluppato.Vivo con il mio gemello Joy, che anche se praticamente é identico a me nell’aspetto, ha decisamente altre passioni e fa il carpentiere.

Circa un anno fa ho conosciuto la ragazza più importante della mia vita fino a questo momento, Sheila. Nonostante i miei mille impegni, è sempre al mio fianco e mi sostiene in qualunque cosa io faccia. Lo chiamano Amore, credo.

Da piccolo ero un regista “Wanna Be”, ma nella piccola e magnifica bolla di realtà in cui ho sempre vissuto, il Ticino, questa mia attitudine era vista con particolare scetticismo.

Ho deciso dunque di fondere due delle mie passioni più grandi: il design e il cinema, arrivando alla conclusione che creare i cartoni animati, fare l’animatore, sarebbe stata la strada giusta. Dunque, eccomi qui, pronto a partire.

Venerdì 15 maggio 2009

Tempo di partenze. Ciò che non ti ho detto

Hai mai pensato a qualcosa intensamente? Così intensamente che quando apri gli occhi e ti trovi davanti una vecchia lettera impolverata, le pupille ti luccicano come se fosse oro? È come mi sentivo io. Prima.

Erano anni che entusiasta parlavo del mio futuro in America lavorando notte e giorno per realizzare il mio sogno. Sono le 8.15 del 15 maggio 2009, suona il campanello. Mio fratello Joy e la sua ragazza Manuela sono pronti per partire. Sheila, la mia ragazza, anche. Io invece un po’ meno. Scendiamo le scale, dove ci aspetta Paul, uno dei miei più cari e vecchi amici, pronto a caricare le pesanti valigie che contengono le rimanenze di una vita che non vivrò per molto tempo. Qualche lacrima sembra tenere il ritmo della pioggia che bagna I finestrini e durante il tragitto mi limito a leggere gli sms di buon viaggio, cercando di non incrociare lo sguardo di Sheila che sul sedile posteriore si asciuga le lacrime che non smettono di bagnarle le morbide guance rosa pallido.

All’aeroporto di Agno mi aspetta Andrea, che oltre ad essere un grande amico sarà il mio compagno di viaggio per le prime due settimane. Abbracci, baci indelebili, lacrime che mai ho visto prima. Ciao Ciao Ticino. Un volo corto, che cerco di ammorbidire con quattro o cinque pastiglie per dormire e con alcune pacche ad Andrea, che poveretto si sta sorbendo uno dei momenti più drammatici della mia vita, perlomeno fino al volo successivo. Da Zurigo ci imbarchiamo sull’aereo che ci porterà a Los Angeles. Provo a dormire. Non ci riesco. Guardo un film, ma metà lo vedo sfocato perché le lacrime non si asciugano. Ascolto un po’ di musica, ma è subito una tragedia greco-romana. Ciò che posso assodare della Swiss, è che ti rimpinza di cibo come fossi un maiale all’ingrasso. L’hostess passa per l’ennesima volta con l’idea di riempirmi di salatini e cioccolata, e io, con voce labile e svogliata e con i lacrimoni agli occhi, le rispondo che non ho fame. Non l’ho più rivista. Dopo undici interminabili ore, sbarchiamo nella “Sunny Los Angeles” pronti a prendere il primo volo per Salt Lake City.

Prima di imbarcarci, però, scopriamo di non avere i posti a sedere vicini, ed ecco che il dramma comincia a evolversi in tragedia. “Con chi sarò seduto? Se è sovrappeso? Se non si lava?”. Fortunatamente però, un assistente di volo visibilmente omosessuale decide di sistemarci vicini, visto il panico che rapidamente sta diventando generale.

Sono quasi le 22.00 e dopo circa venti ore di viaggio atterriamo a Salt Lake City. Nella capitale dello Utah ero stato qualche anno prima e vi avevo incontrato i miei zii e mia cugina Tessa. Parenti di lontanissimo grado, ma si sa, torna sempre comodo avere dei cugini in un paese come l’America, soprattutto se così gentili e ospitali. La notte è già calata e le luci della città rompono l’oscurità del cielo. Proprio in questo momento mi rendo conto di quante cose non ho mai detto a chi veramente amo. Non ti ho mai detto che se non esistessi la mia vita sarebbe bella la metà, che non avrei amici così preziosi, e non avrei raggiunto tutti i miei obiettivi. Se non fosse per te il mio carattere sarebbe mille volte più fragile, nei momenti difficili non avrei retto, non saprei cosa vuol dire essere amati e amare sul serio, e non saprei quanto è bello potersi fidare ciecamente di qualcuno. Se non fosse per te non saprei vedere le cose da altri punti di vista, non saprei che cos’è l’onestà, avrei sofferto di meno ma sarei cresciuto meno in fretta. Non ti ho mai detto che mille volte avrei voluto stringerti e dirti che non avrei voluto lasciarti andare, non ti ho mai detto che sei come un fratello. Non ti ho mai detto ti voglio bene così consciamente.

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