Lodovico Ariosto - Orlando Furioso
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Tra casa di Maganza e di Chiarmonte
era odio antico e inimicizia intensa;
e più volte s'avean rotta la fronte,
e sparso di lor sangue copia immensa:
e però nel suo cor l'iniquo conte
tradir l'incauta giovane si pensa;
o, come prima commodo gli accada,
lasciarla sola, e trovar altra strada.
E tanto gli occupò la fantasia
il nativo odio, il dubbio e la paura,
ch'inavedutamente uscì di via:
e ritrovossi in una selva oscura,
che nel mezzo avea un monte che finia
la nuda cima in una pietra dura;
e la figlia del duca di Dordona
gli è sempre dietro, e mai non l'abandona.
Come si vide il Maganzese al bosco,
pensò tôrsi la donna da le spalle.
Disse: – Prima che 'l ciel torni più fosco,
verso un albergo è meglio farsi il calle.
Oltra quel monte, s'io lo riconosco,
siede un ricco castel giù ne la valle.
Tu qui m'aspetta; che dal nudo scoglio
certificar con gli occhi me ne voglio. —
Così dicendo, alla cima superna
del solitario monte il destrier caccia,
mirando pur s'alcuna via discerna,
come lei possa tor da la sua traccia.
Ecco nel sasso truova una caverna,
che si profonda più di trenta braccia.
Tagliato a picchi ed a scarpelli il sasso
scende giù al dritto, ed ha una porta al basso.
Nel fondo avea una porta ampla e capace,
ch'in maggior stanza largo adito dava;
e fuor n'uscìa splendor, come di face
ch'ardesse in mezzo alla montana cava.
Mentre quivi il fellon suspeso tace,
la donna, che da lungi il seguitava
(perché perderne l'orme si temea),
alla spelonca gli sopragiungea.
Poi che si vide il traditore uscire,
quel ch'avea prima disegnato, invano,
o da sé torla, o di farla morire,
nuovo argumento imaginossi e strano.
Le si fe' incontra, e su la fe' salire
là dove il monte era forato e vano;
e le disse ch'avea visto nel fondo
una donzella di viso giocondo.
Ch'a' bei sembianti ed alla ricca vesta
esser parea di non ignobil grado;
ma quanto più potea turbata e mesta,
mostrava esservi chiusa suo mal grado:
e per saper la condizion di questa,
ch'avea già cominciato a entrar nel guado;
e ch'era uscito de l'interna grotta
un che dentro a furor l'avea ridotta.
Bradamante, che come era animosa,
così mal cauta, a Pinabel diè fede;
e d'aiutar la donna, disiosa,
si pensa come por colà giù il piede.
Ecco d'un olmo alla cima frondosa
volgendo gli occhi, un lungo ramo vede;
e con la spada quel subito tronca,
e lo declina giù ne la spelonca.
Dove è tagliato, in man lo raccomanda
a Pinabello, e poscia a quel s'apprende:
prima giù i piedi ne la tana manda,
e su le braccia tutta si suspende.
Sorride Pinabello, e le domanda
come ella salti; e le man apre e stende,
dicendole: – Qui fosser teco insieme
tutti li tuoi, ch'io ne spegnessi il seme! —
Non come volse Pinabello avvenne
de l'innocente giovane la sorte;
perché, giù diroccando a ferir venne
prima nel fondo il ramo saldo e forte.
Ben si spezzò, ma tanto la sostenne,
che 'l suo favor la liberò da morte.
Giacque stordita la donzella alquanto,
come io vi seguirò ne l'altro canto.
CANTO TERZO
Chi mi darà la voce e le parole
convenienti a sì nobil suggetto?
chi l'ale al verso presterà, che vole
tanto ch'arrivi all'alto mio concetto?
Molto maggior di quel furor che suole,
ben or convien che mi riscaldi il petto;
che questa parte al mio signor si debbe,
che canta gli avi onde l'origin ebbe:
di cui fra tutti li signori illustri,
dal ciel sortiti a governar la terra,
non vedi, o Febo, che 'l gran mondo lustri,
più gloriosa stirpe o in pace o in guerra;
né che sua nobiltade abbia più lustri
servata, e servarà (s'in me non erra
quel profetico lume che m'ispiri)
fin che d'intorno al polo il ciel s'aggiri.
E volendone a pien dicer gli onori,
bisogna non la mia, ma quella cetra
con che tu dopo i gigantei furori
rendesti grazia al regnator dell'etra.
S'istrumenti avrò mai da te migliori,
atti a sculpire in così degna pietra,
in queste belle imagini disegno
porre ogni mia fatica, ogni mio ingegno.
Levando intanto queste prime rudi
scaglie n'andrò con lo scarpello inetto:
forse ch'ancor con più solerti studi
poi ridurrò questo lavor perfetto.
Ma ritorniano a quello, a cui né scudi
potran né usberghi assicurare il petto:
parlo di Pinabello di Maganza,
che d'uccider la donna ebbe speranza.
Il traditor pensò che la donzella
fosse ne l'alto precipizio morta;
e con pallida faccia lasciò quella
trista e per lui contaminata porta,
e tornò presto a rimontar in sella:
e come quel ch'avea l'anima torta,
per giunger colpa a colpa e fallo a fallo,
di Bradamante ne menò il cavallo.
Lasciàn costui, che mentre all'altrui vita
ordisce inganno, il suo morir procura;
e torniamo alla donna che, tradita,
quasi ebbe a un tempo e morte e sepoltura.
Poi ch'ella si levò tutta stordita,
ch'avea percosso in su la pietra dura,
dentro la porta andò, ch'adito dava
ne la seconda assai più larga cava.
La stanza, quadra e spaziosa, pare
una devota e venerabil chiesa,
che su colonne alabastrine e rare
con bella architettura era suspesa.
Surgea nel mezzo un ben locato altare,
ch'avea dinanzi una lampada accesa;
e quella di splendente e chiaro foco
rendea gran lume all'uno e all'altro loco.
Di devota umiltà la donna tocca,
come si vide in loco sacro e pio,
incominciò col core e con la bocca,
inginocchiata, a mandar prieghi a Dio.
Un picciol uscio intanto stride e crocca,
ch'era all'incontro, onde una donna uscìo
discinta e scalza, e sciolte avea le chiome,
che la donzella salutò per nome.
E disse: – O generosa Bradamante,
non giunta qui senza voler divino,
di te più giorni m'ha predetto inante
il profetico spirto di Merlino,
che visitar le sue reliquie sante
dovevi per insolito camino:
e qui son stata acciò ch'io ti riveli
quel c'han di te già statuito i cieli.
Questa è l'antiqua e memorabil grotta
ch'edificò Merlino, il savio mago
che forse ricordare odi talotta,
dove ingannollo la Donna del Lago.
Il sepolcro è qui giù, dove corrotta
giace la carne sua; dove egli, vago
di sodisfare a lei, che glil suase,
vivo corcossi, e morto ci rimase.
Col corpo morto il vivo spirto alberga,
sin ch'oda il suon de l'angelica tromba
che dal ciel lo bandisca o che ve l'erga,
secondo che sarà corvo o colomba.
Vive la voce; e come chiara emerga,
udir potrai dalla marmorea tomba,
che le passate e le future cose
a chi gli domandò, sempre rispose.
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