“Andare a fare baldoria subito dopo aver ucciso due persone?” domandò Zoe. “È davvero considerata una reazione normale?”
“No, non è normale, ma è già successo,” rispose Shelley. “Potrei citarti un paio di casi, ma probabilmente sarebbe più efficace trovarlo e chiederglielo.”
“Dopo di te,” disse Zoe, indicando la porta.
Shelley fece un respiro profondo, come per prepararsi psicologicamente, quindi annuì. “Andiamo.”
Oltre la soglia dell’edificio, il rumore era molto più assordante. A complicare la loro ricerca c’erano tre porte aperte soltanto al piano terra; i residenti di ciascun alloggio aprivano i propri spazi per trasformarli in una nuova area della festa. Il party si era diffuso nel corridoio, al piano di sopra e, almeno a giudicare dai tanti giovani che si muovevano in tutte le direzioni, all’interno di qualsiasi alloggio dell’edificio.
La comparsa di Zoe e Shelley non fu notata immediatamente. Un paio di studenti le aveva viste ed evitate, volendo indubbiamente mettersi al riparo da eventuali problemi.
Ma poi accadde la cosa peggiore possibile: uno dei ragazzi, un atleta alto un metro e ottanta con il fisico di un quarterback, gridò in preda al panico. “Gli sbirri!”
L’annuncio si propagò in tutto l’edificio come un incendio, e scoppiò il panico. Era inutile tentare di rimanere in incognito. Zoe cercò il suo distintivo nella tasca interna del giubbotto e lo sollevò per mostrarlo. “FBI. La festa è finita. Ora!”
L’effetto fu immediato e tangibile. Trenta studenti scapparono via, superandola in rapida successione, tutti dalle camere degli alloggi inferiori. La voce si sparse anche al piano di sopra, e le persone si scaraventarono giù, inciampando e facendo cadere le birre sulla moquette.
Zoe attese nell’atrio al piano di sotto, mentre Shelley entrò in tutte e tre le stanze del piano terra, facendo fuoriuscire altri studenti. Dal punto in cui si trovava, con gli studenti che le correvano accanto senza che lei facesse alcun tentativo per fermarli, Zoe riuscì a capire che il posto era un disastro. Bicchieri rossi accartocciati, cibo e bevande rovesciate e l’occasionale chiazza di vomito coprivano qualsiasi superficie in vista. Era una festa grossa: il tipo di party leggendario di cui i ragazzi avrebbero parlato per mesi. Peccato l’avessero interrotto.
Zoe non poteva dire di provare alcun tipo di nostalgia. Era stata invitata raramente a qualsiasi tipo di festa, ed era ancora più raro che vi avesse partecipato. Allora, come ora, questo genere di party era decisamente insopportabile per lei. Il rumore, le persone ovunque guardasse, le sbronze, la tentazione di alcol proibito e, a giudicare dall’odore nell’aria, anche di altre sostanze.
Nonostante il vantaggio offerto dagli anni di esperienza, tutto ciò che Zoe poteva fare era concentrarsi sull’analisi dei volti di quelli che scappavano attorno a lei. Confrontò ciascuno di loro con il ragazzo in fotografia, ma nonostante l’abbondanza di corrispondenze parziali, nessuno era il vero Jensen Jones. Si sentiva come uno scoglio nel bel mezzo di un fiume, con la corrente che la lambiva. C’erano un mucchio di cose interessanti che catturavano il suo sguardo, angoli e figure e segni, ma passavano così rapidamente che era a malapena in grado di registrarle prima che sparissero.
Shelley ricomparve dalla terza stanza, scuotendo la testa. Zoe spostò lo sguardo verso le scale, appena in tempo per vedere che qualcuno si stava dirigendo a tutta velocità verso di loro. Una giovane donna che indossava una collana di dodici tappi di bottiglia legati insieme attorno al collo, che tintinnavano l’uno contro l’altro mentre correva …
“Lì!” gridò Shelley.
Zoe distolse troppo tardi la sua attenzione dalla ragazza, riuscendo soltanto a scorgere un’altra forma indistinta passarle accanto. Dal modo di gesticolare di Shelley, Zoe capì che doveva trattarsi del loro uomo. Imprecò sottovoce: il ragazzo aveva già varcato la porta.
Si girò e scatto all’inseguimento, tenendolo d’occhio mentre correva. Era alto un metro e settantotto centimetri, corporatura atletica; i muscoli dei suoi polpacci si contraevano senza difficoltà, mentre le braccia si muovevano su e giù con vigore. Era giovane, in perfetta forma e chiaramente un runner esperto.
Zoe completò a stento cinque passi prima di capire che non avrebbe avuto la minima speranza di raggiungerlo.
Nella sua mente, il campus si dispiegò davanti a lei come una mappa, topografia e angoli di pendenza inclusi. Il ragazzo stava serpeggiando a sinistra, dirigendosi verso un gruppo di piccoli edifici che punteggiavano il margine del campus. Alle loro spalle c’era una recinzione, costruita per garantire una barriera tra il college e la città circostante.
Zoe pensò più velocemente di quanto riuscisse a correre. Il tragitto del ragazzo avrebbe necessariamente dovuto curvare, seguendo la linea della recinzione, prima di poter raggiungere un cancello per il passaggio pedonale; questo se avesse portato con se la sua tessera studentesca, che lei sapeva sarebbe stata necessaria per uscire da lì, proprio vicino a diverse strutture del college.
“Stagli addosso!” urlò, vedendo Shelley con la coda dell’occhio mentre si staccava a destra. A quella velocità, lui l’avrebbe seminata senza alcun dubbio. Ma Zoe poteva percorrere una distanza più breve nello stesso intervallo di tempo e, calcolando la velocità in chilometri all’ora del ragazzo rispetto alla sua, capì che avrebbe potuto raggiungerlo in prossimità del cancello.
Ma soltanto se avesse tagliato in linea retta, attraversando un cortile interno aperto, uno stretto corridoio tra due edifici, e poi il parcheggio retrostante.
E soltanto se qualcuno non le avesse intralciato la strada.
Zoe spinse ulteriormente le braccia e le gambe, accelerando nonostante pensasse di aver già raggiunto il suo limite, lottando contro l’aria fredda della sera che fluiva nei suoi polmoni. Non era frequente, negli ultimi tempi, che dovesse affrontare una vera e propria sfida atletica. E lei non era giovane quanto lui. Ma si sforzò comunque, con l’intenzione di essere dannatamente sicura che sarebbe arrivata lì in tempo, anche se ci fosse stato un ostacolo sulla sua strada.
Attraversò il cortile di volata, poi fu la volta del corridoio, il sottile valico fortunatamente libero da qualsiasi altro corpo che potesse ostacolarle la corsa. Il terreno sotto i piedi mutò, passando alla ruvida, stridente sensazione dell’asfalto, che punì i suoi piedi per aver scelto di indossare delle semplici scarpe formali al posto delle scarpette da ginnastica.
Zoe non riusciva ancora a scorgere la recinzione dall’altra parte degli edifici, ma vide il cancello. Scattò in avanti con un’altra scarica di adrenalina. Se non fosse arrivata in tempo …
Non c’era tempo da perdere. Zoe diede un’intensa spinta finale, forzando il suo corpo oltre il suo limite di sopportazione naturale.
Il cuore di Zoe batteva in sintonia con i suoi piedi mentre attraversava il parcheggio, e la donna si fermò di schianto quando andò a sbattere contro un altro corpo. Allontanò istintivamente le braccia per mantenere la presa su di lui, e spinse Jensen Jones contro la recinzione di tre metri in modo che non potesse usare il vantaggio offerto dalla sua costituzione fisica per scappare.
Shelley si trovava a poca distanza. Era pesantemente a corto di fiato e rossa in viso, con ciocche di capelli che sfuggivano dal suo chignon, ma era lì. Aiutò Zoe a mettere un paio di manette ai suoi polsi, dietro la schiena, mentre ansimavano avvisi riguardanti il fatto di fuggire dalle forze dell’ordine e il diritto a interrogarlo. Lui si limitò ad abbassare la testa, cercando di riprendere fiato a sua volta.
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