Blake Pierce - Il Volto dell’Omicidio

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Il Volto dell’Omicidio: краткое содержание, описание и аннотация

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“UN CAPOLAVORO DEL THRILLER E DEL MISTERO. Blake Pierce ha svolto un lavoro magnifico nella caratterizzazione di personaggi così accuratamente descritti da un punto di vista psicologico che possiamo calarci nelle loro menti, seguire le loro paure e gioire dei loro successi. Ricco di colpi di scena, questo libro vi terrà svegli fino all’ultima pagina.”
–-Books and Movie Reviews, Roberto Mattos (re Il Killer della Rosa)
IL VOLTO DELL’OMICIDIO è il volume #2 di una nuova collana di romanzi thriller incentrati sull’FBI ad opera dell’autore bestseller secondo USA Today Blake Pierce, il cui bestseller #1 Il Killer della Rosa (Volume #1) (download gratuito) ha ricevuto oltre 1,000 recensioni a cinque stelle.
L’Agente Speciale dell’FBI Zoe Prime soffre di una rara condizione che le dona anche un talento unico: quello di vedere il mondo attraverso una lente di numeri. I numeri la tormentano, rendendola incapace di relazionarsi agli altri e facendole avere una vita sentimentale deludente, ma le permettono anche di vedere schemi che nessun altro agente dell’FBI è in grado di vedere. Zoe tiene segreta la sua condizione, in preda alla vergogna e alla paura che i suoi colleghi possano scoprirla.
Quando alcune persone sono rinvenute uccise, i loro corpi marchiati con misteriosi numeri, fuori Washington, D.C., l’FBI, in difficoltà, si rivolge all’Agente Speciale Zoe Prime per decifrare l’enigma matematico e trovare il serial killer.
Eppure i numeri non hanno alcun senso. Sono uno schema? Una formula?
Oppure non hanno alcun significato?
Zoe, alle prese con i suoi problemi personali, non può concedersi il lusso di aspettare, poiché si accumulano più corpi, e tutti gli sguardi sono rivolti verso di lei per risolvere un’equazione che, forse, non può essere risolta. Riuscirà a prendere l’assassino in tempo?
Thriller ricco di azione dalla suspense al cardiopalma, IL VOLTO DELL’OMICIDIO è il volume #2 di un’avvincente nuova collana che vi terrà incollati alle pagine fino a notte fonda.
Il Volume #3 della serie, IL VOLTO DELLA PAURA, è anche disponibile per il pre-ordine.

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Zoe strinse i denti. Era ovvio che Shelley non capisse. Shelley non si era trovata in quella situazione. Non era stata costretta a pregare ai piedi del letto, sul pavimento freddo, tutta la notte, con sua madre che urlava e le faceva sermoni a proposito dei doni del diavolo. Non era stata rimproverata a scuola per la sua distrazione, o derisa ed emarginata dagli altri bambini per le cose inquietanti che riusciva a capire soltanto con uno sguardo.

Non aveva vissuto tutte le relazioni fallite di Zoe, che più e più volte si era sentita incompresa ed era rimasta a mani vuote, con l’etichetta di “schizzata” e il cuore sempre più infranto.

“Spetta a me scegliere se rivelare o meno il mio segreto,” disse con fermezza, non appena il suo cuore rallentò abbastanza da permetterle di dire le parole piuttosto che sputarle. Shelley, dal canto suo, ebbe la saggezza di evitare qualsiasi risposta.

Accostarono fuori l’ufficio del medico legale e Zoe sbatté la portiera dell’auto dietro di sé, incamminandosi verso l’entrata. Poi si fermò. Non sarebbe stato affatto utile proseguire con questo tipo di energia addosso. Doveva dimenticare la questione, riporla in un cassetto della propria mente e tornarci in seguito. Per ora, doveva comportarsi in modo professionale.

Il medico legale, una snella donna asiatica di circa quarantacinque anni, con uno sguardo acuto e capelli a caschetto tagliati a novanta gradi rispetto al suo mento, era abbastanza cortese. Mostrò loro il cadavere del professore, e si allontanò rispettosamente mentre le due donne conducevano il loro esame.

Disteso nudo sulla barella metallica, l’uomo era ridotto ad un pezzo di carne bianca. Una volta tolto il lenzuolo, fu difficile per Zoe connettere e tenere uniti i collegamenti tra questo corpo di carne morta e l’uomo che era stato un tempo. Chiunque fosse, era andato via da tanto. Riusciva ancora a vederlo, nei polpastrelli ingialliti che indicavano il vizio del fumo e nel piccolo solco dello spessore di un centimetro sull’orecchio sinistro, frutto di anni trascorsi a indossare occhiali della misura sbagliata. Ma l’essenza, lo spirito, qualsiasi cosa avesse riempito e animato questo corpo, era scomparsa nel nulla.

Era meglio così. Le persone la distraevano. Nascondevano il loro vero io dietro parole e gesti che non sempre riusciva a capire. Ma i cadaveri non mentivano. Erano così com’erano, niente di più e niente di meno.

Non colpì, ovviamente, il fatto che la sua faccia fosse sparita. Fracassata. Il naso era stato ridotto a una superficie interamente piatta sul volto, tutte le protuberanze e le forme ormai schiacciate verso la parte interna del suo cranio. Il lato destro della testa era anche rotto e schiacciato, caratterizzato da evidenti linee d’impatto. Nessuno sarebbe sopravvissuto a quelle ferite. Persino uno dei suoi occhi era sparito.

L’equazione era lì sul suo torace, scritta obliquamente dalla parte superiore del petto ad appena sotto l’ombelico. Era tutto come appariva nelle foto: l’intera zona era stata inquadrata fedelmente. Indossando scomodi guanti bianchi monouso, Zoe girò le braccia e le gambe, e lo sollevò persino di fianco con l’aiuto di Shelley. Non riuscirono a vedere altre tracce di inchiostro da nessuna parte, né qualsiasi altro segno che potesse suggerire di essere una parte mancante dell’equazione.

“Non hanno tralasciato nulla,” disse Shelley ad alta voce, confermando la frustrazione che stava crescendo nel cuore di Zoe.

“L’altro.” Zoe si girò verso il medico legale. “Dobbiamo vedere anche lo studente.”

Il medico legale scrollò le spalle, facendo intendere che lo ritenesse inutile, e andò ad aprire un altro scomparto della cella frigorifera che fungeva da tomba temporanea. Fece scivolare il carrello con un prolungato rumore di metallo ben oliato, e si fece da parte per permettere loro di accedere al corpo.

Lo studente sembrava persino più giovane rispetto alle fotografie, steso sulla fredda barella di metallo con tutto il sangue risucchiato dalle guance insieme all’incarnato. La parte superiore della sua testa era un disastro, spaccata e schiacciata verso l’interno. Era rispettosamente coperto da un lenzuolo, ma il rispetto era soltanto un ostacolo in questo caso. Zoe si avvicinò e lo spostò di lato, notando la riluttanza di Shelley a farlo.

Per un lungo secondo, Zoe lo fissò, incapace di comprendere cosa stesse guardando. Quindi pensò brevemente che avessero tirato fuori il cadavere sbagliato, ma aveva riconosciuto la sua faccia dalle foto della scena del crimine. Alla fine, prevalse l’incredulità, e lei si voltò verso il medico legale, rivolgendole un’occhiataccia che la fece indietreggiare.

“Dove sono le equazioni?” chiese Zoe con un tono basso e piatto, abbastanza minaccioso da rivelare la rabbia che si celava dietro.

“Beh, abbiamo condotto l’autopsia,” balbettò il medico legale, cercando un tavolo di metallo alle sue spalle per reggersi. “Laviamo sempre i cadaveri prima di iniziare.”

“Avete cancellato le prove.”

Shelley si avvicinò per posare con delicatezza una mano sul braccio di Zoe, forse per avvertirla di calmarsi. Zoe ignorò il gesto. Stava ribollendo, ogni muscolo del suo corpo voleva esplodere in una scarica di energia e tirare qualcosa contro la parete. Forse persino contro il medico legale.

Non lo fece soltanto perché andava chiaramente contro l’etica professionale. Come avevano potuto permettere che accadesse qualcosa del genere?

“Chi ha autorizzato il lavaggio?” domandò Shelley con un tono calmo e tranquillo. Si fece avanti, superando leggermente Zoe, come per proteggerla.

Il medico legale armeggiò alla ricerca dei documenti balbettando, impallidita. Zoe non ne poteva più. Uscì dalla stanza trattenendo in gola un ruggito, sbattendo la porta dietro di sé per buona misura. Essendo una porta a battente, il gesto perse una parte del suo effetto, ma liberò ugualmente un po’ di tensione dal suo corpo.

Shelley la raggiunse un paio di minuti più tardi, trovandola a camminare avanti e indietro in fondo al corridoio.

“Dovremmo far loro rapporto per manomissione delle prove,” disse Zoe, non appena Shelley si avvicinò abbastanza da sentirla.

“Faceva parte delle loro istruzioni,” sospirò Shelley, scrollando le spalle. “Il fotografo era sicuro che avessero colto tutto. Possiamo soltanto credere alla loro parola.”

“Dovrebbero comunque essere sanzionati. Non hanno un minimo di buon senso. Era chiaramente una prova. E gli investigatori principali non avevano ancora visto il cadavere!”

“Beh, a dire il vero, questo era un caso locale quando hanno effettuato l’autopsia, non un caso federale. Ma quello che è fatto è fatto. Dobbiamo lavorare con quello che abbiamo in mano.”

Shelley si stava comportando in modo razionale, troppo razionale. A Zoe non piacque il suo atteggiamento. Lei voleva una giustificazione per la frustrazione che provava, maledizione, un sentimento in comune tra loro due. Odiava quando la facevano sentire come se fosse la maniaca della situazione. Le cose che venivano fatte in modo sbagliato erano un problema. Le persone avrebbero dovuto svolgere il lavoro per il quale venivano pagate. È così che funzionava la società.

“Una cosa del genere avrebbe dovuto essere chiaramente importante,” disse Zoe, facendo un ultimo tentativo per indurre Shelley ad arrabbiarsi.

Non le riuscì. “Dobbiamo comunque andare avanti,” rispose Shelley, dirigendosi fuori e guardando indietro per assicurarsi che Zoe la stesse seguendo. “Ora dovremmo andare a parlare con la moglie del professore?”

Zoe annuì, arrendendosi. Forse stava reagendo in maniera esagerata. Le era stato detto che avrebbe potuto farlo, di tanto in tanto.

C’era altro in questo caso, oltre alle prove fisiche sui cadaveri. Ovvio, la matematica era allettante, così come lo era il bersaglio di una rispettata università. Ma c’era sempre un’altra storia da ascoltare dalle famiglie delle vittime, le persone che le conoscevano.

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