“Mi mancherai, nonna.”
Come avevo pianto sulla macchina che mi portava verso il mio destino, incapace di dire la minima parola di ringraziamento ai miei genitori che avevano lasciato tutto per me: la famiglia, gli amici, la casa. Ancora oggi, il ricordo del momento in cui dissi arrivederci a mia nonna mi fa stringere il cuore e sorridere allo stesso tempo. Perché lei ha mantenuto la sua promessa ed io ho mantenuto la mia.
Per molte persone, entrare alla scuola dell'American Ballet è un mito, qualcosa in cui si spera e che si sogna, ma che non si raggiunge mai, riservata all'élite e a qualche privilegiato dalla vita eccezionale. Per mia fortuna, Mason mi aveva preparata molto bene, quindi per me si trattò solo di una formalità. A soli dieci anni, ho stupito anche i più grandi con la mia performance e con le emozioni che trasmetto con i miei passi. Ho eseguito uno dietro l'altro piquets, arabeschi e salti, senza alcun passo falso, ed ho ottenuto una borsa di studio completa, per integrare i corsi con gli adolescenti a partire dalla settimana successiva. Ancora una differenza rispetto agli altri. La differenza d'età faceva sì che non avessimo tutti la stessa vita e gli stessi scopi, nonostante quella passione in comune, e ciò contribuì a tenermi isolata. Le ragazze di quindici anni fiorivano nei loro corpi che sbocciavano e cercavano gli sguardi dei ragazzi, mentre io passavo le mie giornate davanti allo specchio, con il solo scopo di raggiungere la perfezione con la pratica. Da allora ciò non è cambiato molto, perché la gelosia provocata dai miei progressi ha mantenuto quel fenomeno. La mia fase adolescenziale, quindi, aveva ben poco in comunque con quella delle altre. Certo, ho flirtato un po', più per fare come le altre che per un vero desiderio, e non ho avuto molto successo. Una barriera invisibile si ergeva tra me e quei ragazzi in cerca d'esperienza: la mancanza assoluta di comprensione. Non riuscivo mai a capire quello che si aspettavano da me, e viceversa. Dall'altro lato, non sapevo neppure io cosa aspettarmi da loro. Sicuramente desideravo essere meno solitaria. Quelle esperienze non sono state spiacevoli, tuttavia non provavo alcun affetto particolare per quei ragazzi e, a giudicare dalla facilità con cui mi lasciavano, penso che fosse reciproco. Tutto ciò si è rivelato poco concludente, quindi, e alla fine ho preferito restare sola piuttosto che essere incompresa.
Ed eccomi dodici anni più tardi, pronta a salire in scena per la prova generale della B ella addormentata nel bosco. Interpretare la principessa Aurora era il mio sogno da bambina e domani, alla prima, ci sarà anche la nonna, ai primi posti nei palchi. Abiterà da me per qualche giorno, prima di tornare a casa sua, e questo periodo ci permetterà di riportare i contatori a zero e di cancellare la mancanza reciproca che avevamo sentito durante quei mesi di separazione. Ci saranno anche i miei genitori, ma ci sono troppi rancori inespressi a fare da barriera ai nostri rapporti. Il mio ingresso alla scuola di danza e la mia borsa di studio mi hanno permesso di prendere rapidamente il volo, e nello stesso tempo di diventare indipendente. I rimproveri si sono susseguiti rapidamente ed il mio status di figlia ingrata si è affermato. Ce l'avevano con me perché li avevo costretti ad abbandonare la Florida e non concedevo loro mai del tempo, e neppure la considerazione alla quale avevano diritto in quanto genitori. Quando ero più giovane, replicavo che avevo chiesto di andare a New York, ma non avevo mai preteso che mi seguissero. Come se dei genitori degni di quel nome potessero essere capaci di mandare una bambina di dieci anni a migliaia di chilometri di distanza, da sola! Le cose sono peggiorate rapidamente ed ora è troppo tardi per rimediare, inoltre la gelosia per il mio rapporto meraviglioso con la nonna ha assunto proporzioni catastrofiche. In fondo al cuore, li ringrazio di avermi dato così tanto, ma non sono capace di esprimere la mia riconoscenza e ormai è troppo tardi perché possano comprenderlo. All'improvviso mi sono rivelata una delusione per loro, nonostante il mio incredibile successo, e la rinuncia ad un secondo figlio che avrebbe potuto dar loro più di me, si fa ormai sentire.
La mia felicità sarebbe completa se la mia celebrità (seppur relativa, lo ammetto, il mondo della danza non è certamente Hollywood con le star del cinema) non fosse stata accompagnata da alcuni inconvenienti fin da subito. La mia foto appare dappertutto a New York già da alcune settimane, per fare pubblicità allo spettacolo che si terrà al famoso Lincoln Center, quindi non posso mettere piede fuori di casa senza essere riconosciuta, senza firmare autografi e, ciò che mi spaventa di più, senza ricevere lettere un po' inquietanti. Cerco di non farci caso, ma la frequenza di queste lettere inizia a minare il mio morale. Tuttavia, non ho il tempo di soffermarmi a pensare a lungo.
“Caitlyn, tocca a te. La tua scena da sola nella foresta.”
Pronta. Gran jeté per ritrovarmi al centro della scena, entrechat, passo di bourré, manège, poi piroetta fouetté. Nella danza classica, è tutta una questione di ritmo, precisione, finezza e muscoli. Il mio corpo è veloce senza il minimo sforzo: ciò scatena la gelosie di molte ballerine sempre a dieta stretta, ma mi permette di essere in assoluta armonia con la musica che mi trasporta in un altro mondo, un mondo limpido nel quale posso danzare senza ostacoli. E' inutile che io cerchi di chiudere la mia anima ai pensieri parassiti che mi assalgono, impossibile erigere muri tra i miei sentimenti e la mia espressione artistica, perché sono sempre stati strettamente legati. Ancora prima di compiere l'ultimo salto, so di non essere stata all'altezza. Lo sento nel più profondo di me stessa ed i volti delle altre ballerine della troupe me lo confermano: sembrano talmente soddisfatte di vedermi fallire! Il mondo della danza è pieno di squali, tanto quanto Wall Street. Aspettano tutte la prima occasione che permetta loro di prendere il mio posto e di guadagnarsi la notorietà. Agatha è la più crudele di tutte, è la mia concorrente più feroce, senza pietà. Ogni pretesto è buono per mettermi in cattiva luce. Ce l'ha con me da quando sono entrata nell'American Ballet. Prima del mio arrivo, era lei la più grande speranza della compagnia, poi sono arrivata io, con la mia aria innocente e la mia ignoranza della competizione, e lei è passata in secondo piano, la mia sostituta in caso di incidente, ma purtroppo per lei non ci sono mai incidenti. Agatha ha otto anni più di me. Questi sono i suoi ultimi anni sulla scena ed è diventata sempre più acida, col passare del tempo. Suppongo che volesse finire la sua carriera in modo trionfale e che si renda conto che sono io la causa del suo insuccesso. Sono nei fiore dei miei anni, mentre a lei restano al massimo dieci anni di danza. Qualsiasi cosa lei faccia, io sarò sempre lì e le ruberò il posto che lei pensa le appartenga di diritto, e tutti i suoi soldi non le serviranno a niente. Agatha è la discendente di una grande famiglia di aristocratici che possiede numerose proprietà nelle zone più chic di Manhattan. Ha creduto per molto tempo che il suo nome le avrebbe aperto tutte le porte, che sarebbe bastato posare qualche banconota sul tavolo per fare aprire anche le serrature più recalcitranti. Il mio arrivo ha messo fine alle sue illusioni, e lei non vuole accettarlo. E' arrivata fino al punto di propormi una somma notevole perché io mi ritiri dalla scena. Evidentemente, ha preso molto male il mio rifiuto. Io non ho alcun interesse per il denaro: a cosa serve essere ricchi, se si è infelici? Senza la danza, mi sembra di essere rinchiusa nel mio stesso corpo. Non posso proprio farne a meno, ma la mia rivale non l'ha capito e non lo capirà mai. Per lei l'unica cosa che conta è la gloria. La gloria e la celebrità. Come se quello della danza fosse un mondo dorato pieno di pailettes! Invece è soprattutto un mondo fatto di sudore e di dura fatica.
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