Marina entrò nella sua camera da letto e si buttò sul letto. A lungo permise alle sue emozioni di affluire con violenza. Calde lacrime le rigarono il viso e le sue spalle sussultarono mentre il suo corpo veniva scosso dai singhiozzi. Aveva scatenato l’ inferno, davvero. Ma lei non poteva fare nulla per cambiare le sue azioni passate o la testa di suo padre. Tutto quello che poteva fare era ricostruirsi un futuro.
Esausta, si asciugò la faccia con il dorso delle mani. Piangere non le avrebbe certo fatto bene. Doveva farsi coraggio e affrontare la sua nuova realtà. Sfruttare al meglio le circostanze e tenere d’occhio il futuro. Solo questo le avrebbe permesso di non soccombere..
Riprendendo il controllo, Marina andò verso il suo guardaroba. Scelse alcuni abiti e una camicia da notte, insieme a una vestaglia, poi li mise nella sua valigia. La sua determinazione aumentava ad ogni oggetto che infilava nella borsa da viaggio, e quando alla fine ebbe terminato decise di affrontare il suo destino a testa alta.
Al diavolo il padre!
Poteva rinnegarla. Poteva mandarla via. Poteva bandirla dalla sua casa e dalla società – ma non poteva distruggerla. Non poteva prendersi suo figlio e il suo futuro. In qualche modo avrebbe trovato un modo per salvarli entrambi. Un sorriso le increspò le labbra quando si rese conto che avrebbe potuto magari crescere il suo bambino, e ancor più, ottenere quello che desiderava.
Marina appoggiò la mano sulla sua pancia gonfia e guardò in basso dove il suo bambino le riempiva l’ addome. “Andrà tutto bene, piccolino.”
La porta cigolò e Marina si mise sulla difensiva mentre la madre entrava nella stanza. La mamma abbracciò Marina con calore. “Sono terribilmente addolorata.”
“Non avete nulla di cui rimproverarvi,” disse Marina, poi sprofondò nel calore della madre, nutrendosi dell’affetto che lei le offriva. L’unico vero amore che avesse mai provato proveniva dalla mamma, e di questo le sarebbe sempre stata grata.
“Mi dispiace per il dolore che vi ho causato.” Marina si irrigidì leggermente, aspirando il profumo di lavanda della madre mentre l’abbracciava. Come desiderava poter consolare sua madre, alleviare il dolore che le aveva causato. Purtroppo, un abbraccio non avrebbe mai potuto cancellare la ferita che Marina aveva causato, e non solo a sua madre,
Marina si staccò dalla madre e la guardò, sperando che la mamma potesse intuire l’amore e la gratitudine che irradiavano dalla sua anima. “Devo andare,” la voce di Marina si incrinò tradendo le sue forti emozioni
Una lacrima scivolò dagli occhi della madre mentre con il dorso della mano accarezzava la guancia di Marina. “Cambierà idea, tesoro. Dategli un po’ di tempo e lo farà. Lui non vi caccerà davvero. Non per sempre.”
Marina non osava dare credito alle parole della madre perché sapeva che il padre non le avrebbe mai permesso di tornare. Ma si impose di non sconvolgere ancora di più la madre esponendo il suo pensiero. Invece, si sforzò di sorridere. “Fino ad allora…” La gola le si chiuse definitivamente e le parole echeggiarono mute “Sì, finché non tornate, cara.” La mamma la baciò sulla fronte. “Per amor vostro sicuramente lo farà.”
Marina si allontanò e sollevò la valigia dal letto. Liberando un respiro che non si era resa conto di aver trattenuto, alzò il mento e uscì dalla stanza.
Una silenziosa speranza si fece luce nel suo cuore mentre si dirigeva verso la carrozza in attesa. Una speranza per il futuro, quello che avrebbe condiviso con suo figlio.
Chishire Inghilterra, 1812
La carrozza rimbalzò e ondeggiò lungo una stradina innevata nell’Inghilterra settentrionale. “Ahi!” Marina premette una mano sulla sua piccola schiena dolorante mentre il cocchiere fece ancora un altro tuffo nella strada. Aveva viaggiato per giorni con solo un po’ di pausa. Il viaggio avrebbe lasciato indolenzito chiunque, ma immaginò che fosse ancora più difficile per una signora nelle sue condizioni.
IL padre aveva dato ordine al cocchiere – un uomo che Marina non aveva mai incontrato prima – di fermarsi solo se strettamente necessario e questi aveva preso la cosa alla lettera. L’unica volta in cui le era stata concesso di scendere dalla carrozza fu quando si dovette cambiare i cavalli. Aveva dormito, mangiato e si era persino alzata in piedi nel suo piccolo spazio. La mente le si ribellò, la nausea aumentò al pensiero di arrivare da sua zia.
Per quanto fossero orribili le sue condizioni, sicuramente sarebbe stato molto peggio una volta arrivata a casa di zia Teresa. Non aveva mai incontrato una donna più compassata, severa e fredda. Una volta, quando Marina aveva solo dieci anni, era stata sorpresa a rubare un pezzo di una crostata dolce mentre era in visita da sua zia. La donna l’ aveva punita con la cinghia . Dopo averla picchiata, aveva costretto la bambina a trascrivere versetti della Bibbia sul il peccato di rubare e a pregare per il perdono.
Marina sospirò mentre si massaggiava dei piccoli cerchi sulla schiena palpitante. Poteva a malapena immaginare come sua zia l’avrebbe messa in riga per la trasgressione di cui si era macchiata. Di sicuro sua zia la vedeva come un’ atea, incinta e non sposata, una specie di eretica!. E se zia Teresa l’avesse picchiata di nuovo? Un freddo terrore invase Marina. Avrebbe potuto perdere il bambino.
No. Non avrebbe permesso una cosa del genere! Marina disprezzava Lord Banfeld per il ruolo che aveva rivestito nella sua disgrazia, ma amava il suo bambino, voleva essere la madre di quel bambino! Tolse la mano dalla schiena e la appoggiò sul ventre rotondo. In qualche modo, avrebbe trovato un sistema per difendere entrambi.
Improvvisamente, delle urla riempirono l’aria seguite dai nitriti spaventati dei cavalli e dalle maledizioni rabbiose del cocchiere. Il cuore le si fermò in gola mentre si teneva salda al sedile. La carrozza si spostò brutalmente da una parte all’altra. Un gridò le sfuggì dalla gola mentre il cocchiere frenava i cavalli. Con lo stomaco in gola, allungò una mano tremante per aprire la tenda. Guardò il paesaggio innevato, e fermò lo sguardo su un gruppo di tangheri “Che il cielo mi aiuti! “
Gli uomini indossavano abiti strappati e sporchi, e il loro comportamento caotico le permisero solo di fare delle supposizioni. Impotente non potè fare altro che fissarli, mentre continuava a studiare il paesaggio. Un uomo afferrò forte le briglie del cavallo mentre l’altro brandì una pistola contro il cocchiere.
“Sta per sparare, devo fare qualcosa “ . Marina lasciò ricadere la tenda sulla piccola finestra. Non poteva rimanersene seduta e aspettare di essere derubata, o peggio. Cominciò a muoversi verso la porta della carrozza, poi si bloccò. Un improvviso violento rumore di sparo che veniva da fuori la fece sobbalzare.
“ Sparano! “. IL sangue le si congelò nelle vene a questo pensiero.
Prima che potesse reagire, la portiera della carrozza si spalancò e uno dei banditi salì verso di lei.. Con il cuore che le batteva, si appiattì nell’ angolo interno della carrozza, premendo la schiena contro la parete.
L’uomo sudicio sorrise, mostrando denti gialli e storti. “Ho proprio voglia di divertirmi con te.”
Marina scosse la testa mentre si appiattiva ulteriormente contro la parete..
“Non fare la timida, tesoro. Ti prometto che ti piacerà quello che ho in serbo per te.” L’uomo entrò nella carrozza.
“No, aspetta.” Il panico riempì la voce di Marina, le sue viscere tremavano per l’intenzione che lesse sul ghigno dell’uomo e ,sì, stava per violentarla! “Per favore non toccarmi. Ti darò tutto quello che ho, solo non mi fare del male! “Fu solo dopo che ebbe pronunciato queste parole che si rese conto di non avere alcunchè per frenare gli istinti malvagi di quegli uomini.
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