Dawn Brower
Il Conte Libertino
IL CONTE LIBERTINO
DONNE INTELLETTUALI CONTRO UOMINI MALANDRINI VOLUME 1
DAWN BROWER
Traduzione di ILARIA FORTUNA
Questa è una storia di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi ed eventi sono frutto dell’immaginazione dell’autrice o sono usati in modo fittizio e non devono essere considerati come reali. Qualsiasi riferimento a fatti realmente accaduti o a persone, in vita o defunte, è puramente casuale.
When an Earl Turns Wicked Copyright © 2018 Dawn Brower
Copertina e modifiche a cura di Victoria Miller
Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo libro può essere utilizzata o riprodotta elettronicamente o stampata senza autorizzazione scritta, fatta eccezione per brevi citazioni inserite nelle recensioni.
Pubblicato da Tektime
Questo libro è per mio padre, Archal Brower Jr. Lui ha sempre pensato che avrei dovuto scrivere un libro, ma io non avrei mai pensato di riuscirci. Vorrei che potesse essere qui per vedere che finalmente l’ho scritto, non uno ma più di uno. Mi manchi papà, il mondo non è lo stesso senza di te.
Questo libro fa due cose: lancia una nuova serie e si collega a una vecchia. Cercate gli altri libri della serie “Donne Intellettuali contro Uomini Malandrini” che arriveranno in futuro, nonché un estratto del prossimo libro alla fine di questo, e per chi che non ha familiarità con la mia serie “Linked Across Time” può iniziare con il primo libro: “Saved by My Blackguard”. E nel secondo libro, “Searching for My Rogue”, compaiono Alys e James. Magari avete voglia di sapere dov’è iniziata la loro storia.
Come sempre, grazie alla mia meravigliosa editrice, Victoria Miller. Mi fai venire voglia di lavorare di più e scrivere libri sempre migliori. Grazie anche a Elizabeth Evans, rendi la scrittura un divertimento. Grazie per avermi aiutata e per aver letto tutte le mie bozze.
Castello di Southington, Inghilterra, 1808
Era una giornata era come tante, in Inghilterra. La pioggia era diventata un evento così normale che Jonas non se ne accorse nemmeno, anche se gli gocciolava sul viso, inzuppandolo completamente. Fissava le lapidi incise del cimitero accanto alla cappella di Southington. Solo i membri della sua famiglia erano sepolti lì, molti dei quali non aveva mai conosciuto di persona. Le loro foto riempivano la grande sala ma per lui appartenevano alla storia, ed era riuscito a prendere le distanze da loro. Sarebbe stato molto diverso.
La sua vita non sarebbe mai stata come la loro. La morte di suo padre aveva portato alla luce una verità immutabile. Il duca ora aveva il controllo sulla vita di Jonas. Suo nonno era un tiranno e aveva sempre cercato di imporgli la propria volontà. Suo padre era stato l’unico su cui potesse contare. Un muro di difesa che il duca non riusciva a sfondare, nonostante ci avesse provato spesso.
Quindi, no, non gli importava del freddo perché era intorpidito fin nelle ossa. La pioggia? Non era niente in confronto a ciò che doveva ancora affrontare. Il duca di Southington, suo nonno, non aveva ancora iniziato, più che altro perché non poteva. Erano presenti altre persone e non poteva scatenare una scenata. Quando tutti se ne sarebbero andati, le cose si sarebbero messe ancora peggio per lui. Suo nonno gli avrebbe permesso di tornare a Eton? E sua madre? Sarebbe riuscita a tenergli testa? Ad ogni modo, lui dubitava di tutto e pregava che la sua vita tornasse com’era prima della morte di suo padre.
«Lord Harrington.» disse un uomo, poggiando una mano sulla spalla di Jonas. Come poteva essere lui il conte, adesso? Quello era il titolo di suo padre e dubitava che si sarebbe mai abituato. «È ora di rientrare.».
Alzò lo sguardo verso l’uomo mentre la pioggia continuava a gocciolargli sul viso. I suoi capelli erano neri, ma avevano già iniziato ad ingrigirsi sulle tempie. Jonas lo conosceva a malapena, ma Lord Coventry era un amico di suo padre. «Non sono pronto.» gli disse.
«George era un brav’uomo.» disse Lord Coventry. «Vi voleva bene.».
«Lo so.» rispose Jonas freddamente. Da tempo aveva smesso di provare sentimenti e ora stava accadendo lo stesso ai gesti del corpo. Che altro poteva fare? Lord Coventry aveva ragione, era passato molto tempo, eppure non riusciva a muoversi. Una volta che se ne fosse andato, sarebbe diventato tutto troppo reale per lui. Suo nonno avrebbe iniziato ad impartire ordini, e ci sarebbero voluti anni prima di potersi liberare di lui. Tre lunghi anni per l’esattezza, una volta compiuti diciotto anni avrebbe potuto prendere il controllo della sua eredità. Finché suo nonno non avesse trovato il modo di eludere il testamento. «Ma ciò non cambia le cose.».
«No.» concordò Lord Coventry. «Se n’è andato e niente potrà mai riportarlo indietro.».
Se Jonas fosse stato capace di piangere, lo avrebbe fatto giorni fa. Forse era stato meglio così. Qualsiasi segno di debolezza avrebbe scatenato l’ira di suo nonno. Doveva essere coraggioso e trovare in qualche modo la forza per andare avanti prima di quanto avrebbe voluto. Suo padre meritava di essere compianto, ma avrebbe capito perché Jonas non poteva farlo apertamente. «Possiamo andare.». Jonas non guardò Lord Coventry. Si voltò e iniziò il lungo viaggio di ritorno al Castello di Southington. Odiava la casa di suo nonno, era fredda quanto lui. Non aveva nulla di accogliente.
«Lord Harrington…»
«Non chiamatemi così.» lo interruppe Jonas. Sentirsi chiamare con il titolo che era appartenuto a suo padre gli inviò una fitta di dolore al suo cuore già provato. Non voleva pensare né sentire niente. Ogni cosa gli ricordava suo padre e la perdita che non aveva potuto evitare. Il titolo… era più di quanto potesse sopportare.
Lord Coventry si schiarì la gola. «È quello che siete adesso.».
«Può darsi.» Jonas deglutì a fatica. «Ma prendere il posto di mio padre è un qualcosa per cui non sono ancora pronto. Non riesco a sentire quella parola senza pensare a lui e a ciò che ho perso.».
«Capisco.» disse Coventry e sospirò. «Siete troppo giovane per aver già perso vostro padre. Se io avessi un figlio…», scosse la testa. «Non importa. Avete una lunga strada da percorrere e, probabilmente, non c’è nessuno di cui vogliate fidarvi. Potreste non saperlo ancora, ma potete fidarvi di me.». Si fermò per un momento prima di continuare: «Come vorreste che vi chiamassi?».
«In nessun modo.» disse Jonas. «Dubito che ci rivedremo ancora, dopo oggi.».
L’uomo più anziano rise. Era un suono inconsueto, considerando l’ambiente circostante. La tristezza permeava tutto ciò che li circondava, eppure il conte aveva trovato qualcosa di divertente. Coventry sembrava un tipo simpatico e, in un’altra occasione, a Jonas sarebbe piaciuto. Dubitava che avrebbe considerato qualcosa attraente o gioioso per diverso tempo.
Coventry indicò il castello in lontananza. «Vedremo. Venite, ripariamoci da questa pioggia.».
Il conte seguì Jonas mentre entravano nel castello. Non si trattenne per molto. Aveva parlato in privato con il duca prima della sua partenza, e il duca non aveva discusso né impartito ordini. Ciò portò Jonas a chiedersi di cosa avessero discusso.
«Ora che tutti se ne sono andati, abbiamo alcune cose di cui discutere, figliolo.». Suo nonno attraversò la stanza e lo guardò. «A partire dalla tua educazione… io ti avrei tenuto qui, ma Coventry ha addotto una giusta osservazione. Dovrai allacciare dei rapporti e i tuoi contatti sono ben radicati a scuola. Quindi ti permetterò di tornare a Eton, almeno per il resto dell’anno scolastico. Rimanderemo la decisione al prossimo termine.».
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