«È meglio che io rifiuti.». La carrozza si fermò e lei aprì la porta per uscire in fretta. «Se mi vedrete di nuovo, fate un favore ad entrambi e ignoratemi. Sarebbe spiacevole dover trovare qualcos’altro di odioso l’uno dell’altra… ma, d’altra parte, che cosa abbiamo da perdere? A mai più rivederci, Lord Harrington. Non mi trovereste così ben disposta, se accadesse. Non ho paura di dire ciò che penso.». Con quelle ultime parole, scese dalla carrozza e non si voltò indietro.
Non c’era bisogno che lo informasse della propria schiettezza, lui lo aveva dedotto appena l’aveva incontrata. Era sempre stata una donnina sfacciata. Ad essere onesti, quella era stata forse la conversazione più lunga che avessero mai tenuto. Una parte di sé non poteva fare a meno di ammirare la sua tenacia. Una cosa era certa però, lei si era fatta strada e aveva ottenuto la sua attenzione. Non c’era modo di tornare indietro. Che cosa diavolo era successo? E, ancora più sorprendente, non vedeva l’ora di farlo di nuovo…
Marian entrò in casa e andò direttamente in salotto. Le sue care amiche dovevano essere già lì, in attesa del suo arrivo. Le risate che echeggiavano lungo il corridoio la misero a suo agio. Entrò e vide sua cugina, Lady Kaitlin Evans, con la sua cara amica Lady Samantha Chase, che confabulavano. Le due donne erano tutto per Marian, non sapeva che cosa avrebbe fatto senza di loro. Sostenevano e incoraggiavano i suoi sogni, mentre suo padre non credeva che li avrebbe mai realizzati. Marian voleva dimostrargli che si sbagliava. Lo amava, dopotutto era suo padre, ma in qualche modo era cattivo come Sir Anthony e Lord Harrington.
Samantha alzò lo sguardo all’arrivo di Marian. Le sue trecce color mezzanotte erano raccolte in un elegante chignon, con dei riccioli che incorniciavano il suo bel viso. I suoi occhi erano di un blu così scuro da sconfinare nel nero. Un tratto distintivo della sua famiglia che era stato tramandato di generazione in generazione: anche suo fratello, Gregory Cain, l’attuale Conte di Shelby, li aveva uguali. Lo rendevano quasi diabolico. Un qualcosa che molte donne immaginavano, e ognuna di esse credeva di poterlo accalappiare. Era un libertino e un mascalzone peggiore di Lord Harrington.
«Oh, sei tornata.» disse Samantha alzandosi in piedi. «Vieni, siediti e raccontaci tutto.» disse indicando un posto vuoto.
«Sir Anthony ha accettato di aiutarti?» chiese Kaitlin. Si portò una ciocca dorata dietro l’orecchio, i suoi occhi blu erano l’opposto di quelli di Samantha, erano del colore di un fiordaliso. Kaitlin era l’epitome di tutto ciò che un gentiluomo inglese avrebbe potuto desiderare. Era bionda, con gli occhi azzurri e dolce come i dessert più deliziosi. Sfortunatamente, la sua timidezza la penalizzava. La maggior parte dei possibili pretendenti la ignorava perché non spiccava.
Marian scosse la testa, «Ha rifiutato.».
«Mi dispiace.» disse Kaitlin.
«Non è colpa tua, Katie.» disse Marian dolcemente, «Ad essere sincera, non mi aspettavo che accettasse.».
Anche se Lord Harrington non fosse stato lì, Sir Anthony l’avrebbe comunque allontanata. Non era incline a pensare che le donne fossero abbastanza intelligenti per le letture, figuriamoci per studiare medicina. Non avrebbe dovuto darvi peso, ma doveva tentare qualcosa. In quale altro modo avrebbe potuto continuare gli studi?
«Può darsi.» iniziò Samantha, «Ma ci sarà un altro modo.».
«Per essere ammessa?» Marian era confusa. Non c’era un altro modo per essere ammessa alla Royal Medical Society. «Non è possibile.».
«Hai ragione.» disse Samantha, «Non ha niente a che vedere con quegli uomini antiquati e presuntuosi.» disse Kaitlin, poi sorrise. «Abbiamo sentito parlare di una dottoressa che sa più cose di tutti i membri della Royal Medical Society messi insieme.».
«Una diceria non è mai veritiera.» rispose tristemente Marian. Loro volevano il suo bene, ma lei non poteva affidare tutte le sue speranze e i sogni a qualcosa che non avrebbe mai potuto realizzarsi. Non esisteva nessuna mitica dottoressa in grado di insegnarle. «Non ho speranze.», voleva continuare a lavorare per il suo sogno, ma a volte sognare è l’unica cosa che rimane.
«Non capisci.» insistette Samantha, «È tutto vero.».
«No.» replicò Marian, «Non posso continuare così. È ora di lasciar perdere.».
Kaitlin sussultò sulla sedia e iniziò a battere le mani. «Tu non farai niente del genere. Andrai a una festa privata.». Prese un invito dal tavolo e lo porse a Marian. «La Duchessa di Weston sarà lì e le parlerai dei tuoi sogni.».
«E perché mai questa duchessa dovrebbe degnarsi di ascoltare che cosa ho da dire?». Era ridicolo. Doveva finirla una volta per tutte. «Una festa in casa non fa per me. Non socializzo, lo sapete entrambe. Inoltre, dubito che mio padre mi darebbe il permesso di andare. I suoi affari lo tengono occupato qui a Londra e non si prenderà il tempo di portarmi lì.».
«Penseremo a questo più tardi. Sono sicuro che ci sia qualcuno in grado di farlo, potrei parlare con Shelby.».
«A mio padre piace tuo fratello.» disse Marian, «Ma dubito che gli affiderebbe la mia virtù.». Non che lei avrebbe ceduto a quel mascalzone, ma non aveva importanza. Se fosse rimasta da sola con lui per un lungo viaggio in carrozza, la sua reputazione sarebbe stata rovinata. Anche la breve distanza percorsa con Lord Harrington era stata rischiosa, avrebbe dovuto trovare un modo per rifiutare. Non aveva una dama di compagnia come accompagnatrice, e se qualcuno li avesse visti… in questo caso, la pioggia era stata la sua ancora di salvezza. Di solito, nessuno nella società si prendeva la briga di uscire con un forte acquazzone.
«Ti accompagno io, ovviamente.» disse Samantha, «Questo eviterebbe ogni biasimo.».
Marian sospirò, «So che lo fate per me ma…».
«Non puoi dire di no.» la interruppe Kaitlin, «La duchessa è un medico. Lo so.».
«Come puoi esserne certa?», odiava essere dura… beh, almeno con sua cugina. Kaitlin aveva avuto una vita difficile e lei non voleva rincarare la dose. Adesso la sua famiglia erano loro due, il fratello di Kaitlin, Colin, e suo padre. Dovevano restare uniti. Colin si trovava a Eton per terminare gli studi e raramente tornava alla residenza, quindi in realtà erano solo loro due. «E se ti sbagliassi?».
«Impossibile.» disse, «Ho sentito per caso il Marchese e la Marchesa di Seabrook ad un ballo. Non si erano accorti della mia presenza, come accade sempre.».
Povera Kaitlin… «E che cosa hanno detto?», Marian poteva almeno ascoltarla. «Qual è il loro legame con la duchessa?».
«La marchesa è la sorella del duca. Sono parenti.».
Questo cambiava tutto. Se erano imparentati, dovevano essere a conoscenza delle abilità della duchessa. Forse incontrarla non era una cattiva idea, dopo tutto. Tuttavia, aveva bisogno di ulteriori informazioni prima di prendere una decisione.
«Ti abbiamo convinta, vero?» disse Samantha. Le sue labbra si curvarono in un sorriso, «Non dire una parola. Vado a casa e inizio l’opera di convincimento con Shelby affinché ci accompagni. Mio cara, dovrai preparare le valigie per due settimane in campagna.».
«Non ho detto di sì.» la informò Marian.
«Ma lo farai.» ribatté Samantha. La sua voce conteneva un pizzico di arroganza. «So come la pensi, ti abbiamo irretita con quelle poche informazioni. Ammettilo.».
Marian sospirò, «D’accordo. Sono curiosa. Di che cosa hanno discusso il Marchese e la Marchesa?».
«Erano piuttosto riservati e cercavano di mantenere la voce bassa.» rispose Kaitlin, «Ma hanno detto che, una volta, lei ha salvato la vita a suo marito. Ha eseguito un intervento chirurgico su di lui prima che si sposassero. Ma, soprattutto, pensavano che fosse in grado di aiutare qualcuno che conoscevano e che era stato ferito nello stesso modo in cui era stato ferito il duca. Il marchese non credeva che il duca sarebbe stato felice di darle il permesso.».
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