La stanza era buia. Le pile della torcia si erano scaricate completamente mentre dormiva.
Sussurri.
Dappertutto.
Sussurri appena accennati, sibilanti e cattivi.
Bruno cominciò a colpirsi il volto, il collo, il torace e le braccia nel tentativo di scacciare quelle cose disgustose che gli strisciavano addosso, e cadde dal letto. Sul pavimento sembravano esserci ancora più cose striscianti e sibilanti che sul letto: ce n’erano a migliaia e producevano quei terribili sussurri. Gemette e farfugliò parole senza senso, poi si mise una mano sul naso e sulla bocca per evitare che quelle cose disgustose si infilassero dentro di lui.
Luce.
Fili di luce.
Sottili fasci di luce fosforescente risaltavano sulla tappezzeria peraltro cupa della stanza. Non era una gran luce, ma era pur sempre meglio di niente.
Si precipitò verso quei deboli bagliori, allontanando quelle cose da sé, e si ritrovò davanti alla finestra. Era chiusa dalle imposte e la luce filtrava attraverso le sottili fessure. Con mani tremanti, Bruno cercò a tastoni la maniglia della finestra. Finalmente la trovò, ma non riuscì a muoverla: era bloccata.
Urlando e contorcendosi, tornò goffamente verso il letto, lo tastò e trovò la torcia che aveva appoggiato sul comodino. Si fece strada di nuovo verso la finestra e fracassò il vetro, usando la torcia come una mazza. Riuscì a individuare il gancio che teneva chiuse le imposte, vi infilò dentro una mano, armeggiò per un attimo con la parte arrugginita e finalmente riuscì ad aprire le persiane, scoppiando a piangere dalla gioia quando la luce inondò la stanza.
I sussurri svanirono.
Il salotto-buono di Rita Yancy, così come lo chiamava lei, rifuggendo da qualsiasi termine più moderno, era lo stereotipo del soggiorno nel quale le dolci, care vecchiette del suo stampo erano solite trascorrere gli anni del tramonto. Tendaggi in cinz. Pareti colme di quadri e quadretti con ricami fatti a mano e proverbi e poesiole circondati da minuscoli fiorellini: la perfetta immagine della buona volontà, del buonumore e del pessimo gusto. Tende guarnite di nappine. Sedie con lo schienale alto. Copie del Reader’s Digest sparpagliate sul tavolino. Un cesto pieno di ferri e gomitoli. Un tappeto a fiori protetto da passatoie in tinta. Coperte lavorate a mano gettate sul divano. Un pendolo che ticchettava lontano.
Hilary e Tony si sedettero sul bordo del divano, quasi temessero di rovinare la coperta amorevolmente tessuta. Hilary notò che le innumerevoli cianfrusaglie e i soprammobili erano perfettamente lucidi, senza tracce di polvere. Aveva l’impressione che Rita Yancy sarebbe scattata a prendere uno straccio se solo qualcuno avesse sfiorato uno di quegli oggetti a lei tanto cari.
Joshua si accomodò sulla poltrona, appoggiando la testa e le braccia sul coprischienale.
Mrs Yancy si sistemò in quella che ovviamente era la sua sedia preferita: ormai sembrava che quell’oggetto le avesse trasmesso parte della sua personalità, ricevendo in cambio qualcosa da lei. Hilary si ritrovò a pensare a Mrs Yancy e a quella sedia che si trasformavano lentamente in un’unica creatura, organico-inorganica, con sei gambe e la pelle vellutata.
La donna prese una coperta blu e verde da uno sgabello e se l’avvolse intorno alle gambe.
Ci fu un attimo di assoluto silenzio durante il quale persino il pendolo parve bloccarsi, come se il tempo stesso si fosse fermato, come se fossero stati tutti congelati e trasportati insieme con la stanza su un pianeta lontano, per essere esposti nel locale museo di Antropologia Terrestre.
Fu Rita Yancy a rompere il silenzio e le sue parole distrussero l’immagine idilliaca che Hilary si era fatta di lei. «Bene, direi che è proprio inutile continuare a menare il can per l’aia. Non voglio perdere tutta la giornata per una faccenda così stupida. Vediamo di arrivare al punto. Volete sapere perché Bruno Frye mi dava cinquecento dollari al mese. Era il prezzo del silenzio. Mi pagava perché tenessi la bocca chiusa. Sua madre mi aveva pagato la stessa cifra ogni mese per quasi trentacinque anni e, alla sua morte, Bruno aveva iniziato a mandarmi gli assegni. Devo ammettere che mi ha lasciato di stucco. Al giorno d’oggi non è facile trovare un figlio disposto a pagare tutto quel denaro per proteggere la reputazione della madre, soprattutto dopo che questa ha tirato le cuoia. Ma lui ha pagato.»
«Sta forse dicendo che ricattava Mr Frye e sua madre prima di lui?» domandò Tony, incredulo.
«Chiamatelo come vi pare. Prezzo del silenzio, ricatto o come più vi piace.»
«A giudicare da quanto ci ha detto,» proseguì Tony, «credo che per la legge si tratti di ricatto bell’e buono.»
Rita Yancy gli sorrise. «E crede che quella parola mi preoccupi? Crede che mi faccia paura? Che mi faccia tremare tutta? Figliolo, lasci che le dica una cosa: in vita mia mi hanno accusato di cose ben peggiori. Vuole che usiamo la parola ricatto? Va bene, per me non ci sono problemi. Ricatto. Ecco fatto. Comunque la cosa non cambia. Ma ovviamente, se fosse così stupido da trascinare una povera, vecchia signora in tribunale, non userei più quella parola. Direi semplicemente che molti anni fa feci un grande favore a Katherine Frye e che lei insistette per ripagarmi con un assegno mensile. In fin dei conti non avete prove, no? E per questo che ho deciso di farmi pagare mensilmente. Voglio dire, in genere i ricattatori si fanno consegnare una grossa somma e poi scappano; ma in questo modo è molto facile rintracciarli. Chi sospetta invece di un ricattatore che accetta un modesto assegno mensile, quasi fosse un pagamento a rate?»
«Non abbiamo alcuna intenzione di portarla in tribunale,» la rassicurò Joshua. «E non abbiamo il benché minimo interesse nel cercare di recuperare i soldi che le sono stati versati. Ci rendiamo conto che sarebbe inutile.»
«Bene,» disse Mrs Yancy. «Perché se solo ci provaste, lotterei con tutte le mie forze.»
Raddrizzò la coperta.
Devo ricordarmi questa donna, nei minimi dettagli, pensò Hilary. Un giorno potrebbe diventare il personaggio di un grande film: la nonnina acida, corrotta e un po’ decadente.
«Vogliamo solo qualche informazione,» proseguì Joshua. «Abbiamo un problema con l’eredità che sta bloccando l’esecuzione del testamento. Ho bisogno di chiarire alcune questioni per poter procedere alla liquidazione finale. Ha detto che non vuole perdere tutta la giornata per una faccenda così stupida. Bene, io non voglio perdere mesi con l’eredità Frye. L’unico motivo per cui sono qui è che ho bisogno di qualche informazione per sistemare definitivamente questa mia stupida faccenda.»
Mrs Yancy fìsso con durezza Joshua, Hilary e Tony. Aveva lo sguardo tagliente e indagatore. Alla fine annuì con aria soddisfatta, come se avesse letto nelle loro menti e avesse approvato ciò che vi era scritto. «Penso di potervi credere. D’accordo. Sparate le domande.»
«Ovviamente,» cominciò Joshua, «per prima cosa vorremmo sapere perché Katherine Frye e suo figlio le hanno pagato quasi duecentocinquantamila dollari negli ultimi quarant’anni.»
«Per poterlo capire,» rispose Mrs Yancy, «dovete conoscere un po’ del mio passato. Vedete, da ragazza, durante la Grande Depressione, mi guardavo continuamente in giro alla ricerca di un lavoro che mi permettesse di sbarcare il lunario, ma mi rendevo conto che qualsiasi cosa avessi fatto, la mia vita sarebbe stata una miseria. Con qualsiasi lavoro a eccezione di uno. Capii che l’unico lavoro in grado di offrirmi un certo benessere era la professione più antica del mondo. A diciott’anni diventai una prostituta. Ai miei tempi le donne come me venivano chiamate ’di facili costumi’. Oggigiorno non sono necessari mezzi termini. Potete usare tutte le parolacce che volete.» Scostò dal viso un ciuffo di capelli grigi sfuggito dallo chignon e se lo infilò dietro l’orecchio. «Per quanto riguarda il sesso, il vecchio stuzzica-e-colpisci, come lo chiamavano ai miei tempi, è sorprendente vedere come sono cambiate le cose con il passare degli anni.»
Читать дальше