«No.»
«Perché no?»
«Avevo paura.»
«Di che cosa?»
«Di quello… che lei avrebbe potuto scoprire.»
«E perché dovrebbe avere paura?»
«Potrebbe esserci qualcosa… di imbarazzante.»
«Non c’è niente che mi imbarazza.»
«Potrebbe imbarazzare me stesso.»
«Non si preoccupi. Sono il suo medico. Sono qui per ascoltarla e aiutarla. Se lei…»
Il dottor Rudge tolse la cassetta dal registratore e spiegò: «Incubo ricorrente. Non è niente di insolito. Ma un incubo seguito da allucinazioni tattili e uditive, be’, non è molto frequente.»
«Ma nonostante tutto,» sbottò Joshua, «non ha ritenuto che fosse pericoloso.»
«Oh, cielo, no,» esclamò Rudge. «Era semplicemente spaventato per un incubo ed era più che logico. E il fatto che alcune sensazioni legate al sogno perdurassero anche da sveglio, significava che quell’incubo rappresentava probabilmente una terribile esperienza rimossa e sepolta nel suo subconscio. Ma gli incubi sono normalmente un modo salutare di scaricare la tensione a livello psicologico. Non presentava segni di psicosi. Non sembrava confondere il sogno con la realtà. Quando ne parlava, tracciava una linea ben distinta. Nella sua mente era presente una netta distinzione fra l’incubo e il mondo reale.»
Tony si sporse in avanti. «Non avrebbe potuto essere meno sicuro di quanto volesse dare a vedere?»
«Vuole dire… se può avermi ingannato?»
«Che ne pensa lei?»
Rudge annuì. «La psicologia non è una scienza esatta e la psichiatria lo è ancor meno. Sì, avrebbe potuto ingannarmi, soprattutto perché lo vedevo solo una volta al mese e non ero in grado di notare i cambi di umore e di personalità che sarebbero balzati all’occhio se l’avessi visto con frequenza settimanale.»
«Alla luce di quanto Joshua le ha detto poco fa,» continuò Hilary, «ha l’impressione di essere stato ingannato?»
Rudge sorrise con aria sorniona. «Sembrerebbe proprio di sì, non è vero?»
Prese una seconda cassetta relativa a un’altra conversazione fra lui e Frye e la fece scivolare nel registratore.
«Non mi ha mai parlato di sua madre.»
«Che cosa vuole sapere?»
«Quello che ha da dire.»
«Fa un sacco di domande, vero?»
«Con alcuni pazienti, non è necessario chiedere nulla. Si siedono e iniziano a parlare.»
«Ah sì? E di che cosa parlano?»
«Molto spesso parlano della madre.»
«Dev’essere noioso per lei.»
«Solo raramente. Mi racconti di sua madre.»
«Si chiamava Katherine.»
«E?»
«Non ho nulla da dire su di lei.»
«Tutti hanno qualcosa da dire sulla propria madre… e sul proprio padre.»
Per quasi un minuto, regnò il silenzio più totale. Il nastro continuava a girare, producendo solo un sibilo.
«Stavo aspettando,» spiegò Rudge, interpretando il silenzio. «Fra un attimo riprenderà a parlare.»
«Dottor Rudge?»
«Sì?»
«Crede…?»
«Che cosa?»
«Crede che i morti rimangano morti?»
«Mi sta chiedendo se sono religioso?»
«No. Voglio dire… crede che una persona possa morire… e poi ritornare dalla tomba?»
«Come un fantasma?»
«Sì. Lei crede nei fantasmi?»
«E lei?»
«L’ho chiesto prima io.»
«No. Non credo nei fantasmi, Bruno. E lei?»
«Non ho ancora deciso.»
«Ha mai visto un fantasma?»
«Non ne sono sicuro.»
«Che cosa c’entra con sua madre?»
«Mi ha detto che sarebbe… ritornata dalla tomba.»
«Quando gliel’ha detto?»
«Oh, migliaia di volte. Lo ripeteva sempre. Diceva di sapere come si faceva. Diceva che avrebbe vegliato su di me anche da morta. Diceva che se non mi fossi comportato bene e se non fossi vissuto come voleva lei, sarebbe tornata e me l’avrebbe fatta pagare.»
«E lei le credeva?»
«…»
«E lei le credeva?»
«…»
«Bruno?»
«Cambiamo discorso.»
«Cristo!» esclamò Tony. «Ecco da dove è nata l’idea che Katherine potesse tornare. Quella donna gli ha inculcato quella paura prima di morire!»
Joshua si rivolse a Rudge: «In nome del cielo, che cosa stava cercando di fare? Che tipo di relazione avevano quei due?»
«Era il nocciolo del problema,» rispose Rudge, «ma non siamo mai riusciti a chiarirlo. Ogni volta speravo che decidesse di parlarne, ma si rifiutava sempre e alla fine è morto.»
«Avete ripreso a discutere di fantasmi anche in altre sedute?» chiese Hilary.
«Sì,» proseguì il dottore. «La volta successiva è stato lui stesso a introdurre l’argomento. Diceva che i morti rimangono morti e che solo i bambini e i pazzi la pensano diversamente. Sosteneva che non esistono fantasmi o zombie. Voleva che sapessi che non aveva mai creduto alle parole di Katherine riguardo a un suo eventuale ritorno.»
«Ma mentiva,» intervenne Hilary, «in realtà le credeva.»
«Apparentemente sì,» convenne Rudge. Inserì la terza cassetta nel registratore.
«Dottore, di che religione è?»
«Sono stato cresciuto come cattolico.»
«Ed è ancora credente?»
«Sì.»
«Va in chiesa?»
«Sì. E lei?»
«No. Va a messa tutte le settimane?»
«Quasi tutte le settimane.»
«Crede nel paradiso?»
«Sì. E lei?»
«Sì. E all’inferno?»
«Lei che cosa ne pensa, Bruno?»
«Be’, se esiste il paradiso, deve esistere anche l’inferno.»
«C’è gente che sostiene che l’inferno è sulla terra.»
«No. C’è un altro posto con il fuoco e tutto il resto. E se esistono gli angeli…»
«Sì?»
«Devono esistere anche i demoni. Lo dice la Bibbia.»
«Si può essere un buon cristiano senza prendere la Bibbia alla lettera.»
«Sa riconoscere i marchi del demonio?»
«Marchi?»
«Sì. Quando qualcuno fa un patto con il diavolo, questo gli lascia un marchio. Oppure se s’impadronisce di loro per qualsiasi motivo, li marchia come si fa con il bestiame.»
«Crede davvero che si possa stringere un patto con il diavolo?»
«Eh? Oh no. No, sono sciocchezze. Stupidaggini. Ma c’è gente che ci crede. E sono in tanti. Li trovo interessanti. La loro psicologia mi affascina. Ho letto molti libri sull’occulto per cercare di capire che tipo di persona può credere a queste cose. Vede, vorrei capire come ragionano.»
«Stava parlando dei marchi che il demonio lascia sulle persone.»
«Sì. Ho letto qualcosa proprio recentemente. Niente di importante.»
«Mi racconti.»
«Be’, vede, pare che nell’inferno ci siano centinaia e centinaia di demoni. Forse addirittura migliaia. E ognuno di loro possiede un proprio marchio che contraddistingue le anime delle persone che gli appartengono. Per esempio, nel Medio Evo erano convinti che una voglia di fragola fosse un segno del demonio. Oppure gli occhi strabici. O un terzo seno. C’è gente che nasce con tre seni e non è neppure tanto raro. Secondo alcuni, anche quello è un segno del demonio. O il numero 666, che apparterrebbe al capo di tutti i demoni: Satana. I suoi seguaci hanno il numero 666 stampato sulla pelle, sotto i capelli, dove non può essere visto. Cioè, questo è quanto sostengono i Veri Credenti. E poi i gemelli… anche in questo caso c’è lo zampino del diavolo.»
Читать дальше