Richard Laymon - Melodia in nero

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Melanie Conway è una bella violinista spesso preda di inquietanti visioni di morte. Durante un concerto, si accascia per terra e il fidanzato Bodie la sente parlare di una tragedia imminente… Penelope Conway è perfino più seducente della sorella e, pur prendendosi sul serio come scrittrice, viene notata dagli uomini solo per le sue curve e, per giunta, è perseguitata da telefonate oscene… Attratto a un certo punto da entrambe le ragazze, Bodie si trova coinvolto in una vicenda agghiacciante, grondante sangue…

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«Oh, grazie infinite, Bodie», disse Pen. «Proprio quello che volevo sentire.»

«Credo che tu abbia il diritto di essere preoccupata. La voce di quel tale non mi piaceva affatto.»

«Sono tutti uguali», concluse Melanie.

«Le telefonate sono state registrate sulla mia segreteria telefonica», spiegò Pen a Joyce.

«Whit non mi permette di tenere una segreteria telefonica.»

«Conosco le sue idee in proposito», convenne Pen. «Papà le detesta.»

Joyce svoltò da Pico Boulevard e imboccò la via laterale in direzione dell’appartamento di Pen. «Sei proprio sicura di non voler stare da noi?» La donna sembrava sinceramente desiderosa che Pen restasse con loro per la notte… magari per tener d’occhio Melanie, nel caso di un’altra visione.

«No», rispose Pen. «Andrà tutto bene. Forse verrò in mattinata, però.»

«Vieni», insistè Joyce. «Vieni presto, faremo colazione insieme.»

«Puoi contarci.»

Joyce fermò la Lincoln di fronte allo stabile, Pen aprì la portiera. Per un àttimo pensò di non scendere.

«Ci vediamo domattina», la salutò Melanie.

«Arrivederci», rispose Pen e fece per scendere.

«Ti accompagno», si offrì Bodie. «Così controlliamo l’appartamento.»

Lei provò un gran sollievo. «Grazie. Mi fa piacere.»

«Vengo anch’io», dichiarò Melanie.

Scesa dall’auto, Melanie si mise fra Pen e Bodie, che prese per mano.

Camminarono fino al cancello di ferro e Bodie l’aprì. Pen passò per prima. Sentiva i loro passi appena dietro di lei mentre attraversava il cortile verso la scala. Si sentiva la musica di un party, voci e risate uscivano da uno degli appartamenti al secondo piano. Sebbene le luci fossero spente, notò una coppia in fondo al corridoio. Non riuscì a vedere chi erano. Probabilmente non li avrebbe riconosciuti neppure con la luce. Gli altri inquilini erano degli estranei per lei. Preferiva così.

Melanie e Bodie la seguirono su per le scale e lungo la balconata fino alla porta. La raggiunsero mentre cercava le chiavi.

«C’è parecchia attività da queste parti», osservò Melanie.

«È sabato sera.»

«Quel tipo, Manny, abita ancora qui?» s’informò Melanie.

«Oh, sì.»

Pen infilò la chiave nella serratura e aprì la porta. Mise dentro un braccio e fece scattare l’interruttore.

Si accese la lampada accanto al divano.

Sul tappeto ai suoi piedi giaceva una busta bianca e quadrata, simile a quelle che si usano per i biglietti d’auguri. Pen si accucciò. Non c’era francobollo né indirizzo. P. CONWAY, era scritto a grandi lettere.

Lei raccolse la busta e sentì che era vuota.

«Qualcuno deve averla fatta scivolare sotto la porta», mormorò.

«Non mi piace», disse Bodie.

Pen rigirò la busta e sentì piegarsi le gambe mentre leggeva il messaggio scribacchiato:

SONO VENUTO E TU NON ERI IN CASA. PECCATO. LA PROSSIMA VOLTA VENGO QUANDO CI SEI. ARRIVEDERCI A PRESTO.

11

«Fa’ vedere.»

Pen consegnò la busta a Bodie. Lui la tenne da una parte in modo che anche Melanie potesse leggere.

«Credo che ti convenga venire con noi», disse Melanie.

«Sì», mormorò Pen. «Lasciate che prenda un paio di cose.»

Melanie e Bodie aspettarono in soggiorno.

«La faccenda si fa seria», osservò Melanie. «Voglio dire, non avrei mai pensato che lui venisse qui.»

«Io non sono molto sorpreso», replicò Bodie. «Da come parlava quel tale al telefono… Sembrava che facesse sul serio.»

«Forse dovrebbe andare alla polizia.»

«Già.»

Melanie prese la busta dalle mani di Bodie ed esaminò i due lati. L’aprì per assicurarsi che fosse vuota. Poi si voltò e fissò il punto sul tappeto dove Pen l’aveva trovata. Le sue spalle si sollevarono quando sospirò profondamente. Teneva la testa china e la scuoteva lentamente. «Lui è stato proprio qui», concluse con voce stanca.

«Per fortuna Pen non era in casa.»

«Mi sento in colpa.»

Bodie le mise una mano sulla schiena. La pelle di lei era calda sotto la camicetta. «Non prendertela», disse.

«Mi sembra di vivere in una puntata di Ai confini della realtà. Prima papà, adesso questo.»

«E Pen che per poco non veniva investita, stamattina», aggiunse Bodie.

«Me n’ero scordata.»

«Io no. E se parli di Ai confini della realtà, ci sono anche le tue visioni. Peccato che non ricordi quella dell’ospedale.»

«Me la ricordo», ribatté Melanie. Si voltò a guardare Bodie negli occhi. «La ricordavo anche prima, solo che non volevo parlarne davanti agli altri.»

«Che cos’era?»

«Più tardi. Te lo dirò quando saremo soli.»

«Ma adesso siamo soli.»

«C’è Pen.»

Bodie la sentiva nell’altra stanza. Rumore di passi. Cassetti che si aprivano.

«Fra un minuto avrà finito», osservò Melanie.

«Perché non vuoi che lei lo sappia? La riguarda?»

«In un certo senso.»

«Andiamo, di che si tratta?» incalzò Bodie.

«Ho detto più tardi. È una cosa che deve restare fra te e me.»

«Okay», borbottò lui. «Più tardi.»

«Non essere arrabbiato con me.»

«Non sono arrabbiato.»

«Sì, invece», fece lei imbronciata.

«Sicuro!» sbottò lui. «Sono nervoso, molto nervoso. Lo ero e lo sono: ma perché dici che sono arrabbiato?»

« La malattia aveva acuito i miei sensi », sentenziò la voce di Pen dall’altra parte della stanza. « Non distrutti, non appannati

Bodie le rivolse un largo sorriso.

Melanie, perplessa, spostò lo sguardo da Bodie alla sorella.

« Il cuore rivelatore », spiegò Pen.

«Ora, però, dovremmo trasferire il nostro show sulla strada», dichiarò Bodie. Lo sguardo offeso di Melanie lo fece pentire delle sue parole. «Pronta?»

«Tutto a posto.» Pen aveva una valigetta al suo fianco, e una borsa a tracolla. Indossava gli stessi jeans bianchi di prima, ma la camicetta color borgogna era stata sostituita da una camicia di flanella a scacchi. Sopra la camicia, una giacca di pelle scamosciata, slacciata.

Bodie la osservò mentre faceva qualche passo. Notò che c’era una certa differenza nell’aspetto e nel movimento della camicia, perciò doveva aver messo anche un reggiseno.

«La porto io», si offrì Bodie allungando il braccio per prendere la valigia.

«Grazie.»

Mentre Pen gliela passava, squillò il telefono. Pen piegò la mano di colpo e la valigia scivolò dalle dita di Bodie e cadde sul pavimento. Pen s’irrigidì. Sbatté le palpebre quando il telefono suonò di nuovo.

«Vuoi che risponda?» domandò Bodie.

Lei non sembrava in grado di rispondere.

«Vado io.» Melanie sfrecciò davanti a lui.

Bodie si affrettò a seguirla in cucina e la guardò mentre sollevava la cornetta. «Pronto?» Pausa. «No, non sono Pen. Chi la desidera?» Melanie rimase in ascolto poi coprì il ricevitore e gridò: «È un certo Gary».

«Okay», disse Pen. Si avvicinò alla sorella e prese la cornetta. «Pronto… Sì, sono Pen Conway. Certo che mi ricordo di te.»

Bodie aveva l’impressione di essere indiscreto, ma Melanie non s’era mossa, perciò rimase anche lui. E poi, concluse fra sé, quel tale non sapeva se Pen si ricordava di lui, perciò non potevano essere in rapporti intimi.

«Credo che sia stata colpa delle diapositive», stava dicendo Pen. «Credevo di svenire… Sicuro, sono tornata direttamente a casa… Ero tentata, ma non sapevo se saresti sceso… Oh, davvero?» Pen trafficò con il primo bottone della camicetta. Corrugò leggermente la fronte. «Stasera? Proprio non posso… È una questione di famiglia. Proprio non potrei. Senti, perché non mi dai il tuo numero? Appena la situazione sarà risolta, ti chiamerò.» Pen annuì, ma non trascrisse il numero. «Capito… Lo farò. Grazie della telefonata, Gary… Buonanotte.» Pen riappese. «È un tale che ho conosciuto l’altra sera a un convegno di scrittori di libri gialli.» Staccò il telefono e lo posò in cima al frigorifero. «Sarà meglio andare, Joyce penserà che l’abbiamo abbandonata.»

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