Il calore nell’atrio dell’ospedale era piacevole.
Entrarono nell’ascensore, Bodie premette il bottone. La musica nella cabina era una versione per orchestra di Bridge Over Troubled Water. Pen si chiese se la musica era stata scelta per ironia.
Quando emersero dall’ascensore, Joyce fece strada fino alla sala delle infermiere. Una di loro li guidò nel corridoio e aprì la porta della camera di papà.
Lui non era sveglio, non era seduto e non respirava per conto suo.
Sembrava come prima.
Sembrava morto.
Pen guardò il monitor. La linea sullo schermo si frastagliava a ogni battito del cuore. Ciascuna alterazione della linea era accompagnata da un bip.
Joyce si avvicinò al letto e strinse la mano del malato.
Il ritmo del cuore non cambiò.
Lui non sa nemmeno che siamo qui, pensò Pen.
«Sono Joyce. Mi senti? Capisci quello che dico?» Joyce aspettò una risposta. «Ci sono anche le tue figlie. Melanie è venuta da Phoenix per stare con te. Guarirai.» La donna tacque per un momento. Poi guardò gli altri. «Potrei restare sola con lui per qualche minuto?»
Uscirono nel corridoio e Pen chiuse la porta.
«Perché non ci vuole in camera?» sussurrò Melanie.
«È sua moglie», rispose Pen. «Desidera un po’ d’intimità con suo marito.»
«Lui è in coma.»
«Un po’ di intimità con una ragazza come Joyce potrebbe farlo uscire dal coma», sentenziò Bodie.
Melanie lo fulminò con lo sguardo.
«Scusa», borbottò lui. «La mia solita linguaccia.»
«Non preoccuparti di questo», disse Pen più a sua sorella che a Bodie.
«Mi chiedo che cosa faccia là dentro.»
«Gli parla, probabilmente», suggerì Pen. «Di cose che non riguardano né te né me.»
«Forse gli sta dicendo di morire.»
Melanie, così severa e vittoriana con il suo nastrino di velluto nero e la camicetta bianca sulla gonna nera, aveva detto ciò che non era neppure pensabile e fissava sua sorella come se Pen fosse una deficiente perché non capiva.
«Mio Dio, Mel», mormorò Pen.
«Se papà muore, lei si prende Harrison, l’assicurazione, l’eredità…»
«Sei impazzita?»
«Lei potrebbe perfino staccare la spina.»
«Scatterebbe l’allarme», bisbigliò Bodie. Aveva la fronte corrugata e scuoteva la testa. «Credo… che gli apparecchi siano collegati alla sala delle infermiere. Se succedesse qualcosa di simile…»
«Non lo farebbe mai», tagliò corto Pen.
«No?»
«Gesù, Melanie!»
Melanie spalancò la porta.
Guardando sopra la spalla di sua sorella, Pen vide Joyce voltare la testa, sorpresa. La donna stava china sul letto intenta a sistemare una coperta sulle spalle di papà. Gli premeva una mano sul petto e sorrideva nervosamente. «Mi avete spaventata.»
«Scusa», disse Pen. «Va tutto bene?»
«Bene. Stavo per chiamarvi.»
I tre entrarono nella stanza.
«Ha fatto qualche… cenno di risposta?»
«Temo di no.»
Pen seguì Melanie vicino al letto e inciampò in lei quando si fermò di colpo.
Melanie cominciò a gemere.
Joyce parve sconcertata, poi allarmata.
Melanie inarcò la schiena e improvvisamente vacillò. Si premeva i pugni alle tempie.
«Che cosa fa?» balbettò Joyce. «Mio Dio!»
Pen rimase impietrita mentre stava dietro sua sorella che si contorceva e gemeva.
«Non preoccupatevi», disse Bodie. Ma lui sembrava preoccupato. «E come l’ultima…»
Melanie barcollò contro Pen. Bodie le impedì di cadere. Con Bodie alle spalle, Pen strinse le braccia attorno al petto della sorella. Il corpo della ragazza era scosso da un tremito continuo, le spalle sussultavano. Pen tenne la faccia girata per evitare la testa che si muoveva a destra e a sinistra.
«La tieni?» chiese Bodie.
«Sì.»
«Non lasciarla cadere.»
«Posso aiutare?» chiese Joyce.
«No. Passerà», la rassicurò Bodie.
«Che cosa le è preso?»
Melanie piegò indietro la testa e colpì Pen appena sotto l’orecchio. Il dolore fu terribile. Lei strinse gli occhi, ma non la lasciò andare.
«Stai bene?» chiese Bodie.
Pen lo sentì attraverso un ronzio nell’orecchio.
«Abbassala. Cerca di abbassarla.»
Pen sentì le mani di Bodie sui fianchi che la tenevano mentre si lasciava cadere sul divano. Lo sforzo diminuì quando Melanie toccò il pavimento con il posteriore.
Di colpo, il suo corpo divenne inerte, la sua testa si inclinò in avanti. La ragazza respirava profondamente.
«Stai bene?» domando Pen.
La testa della sorella dondolò leggermente.
Bodie staccò le mani da Pen. Si avvicinò a Melanie e s’inginocchiò accanto a lei. «Come va?» le chiese con voce gentile.
«Bene, mi pare.»
«Un’altra visione?»
«Credo… credo di sì.»
Lui l’aiutò ad alzarsi. Anche Pen si alzò, massaggiandosi la mascella dolorante. Allargò la bocca. Le faceva male l’orecchio.
«Che cosa è stato?» domandò Bodie.
«Non lo so.»
Lui accarezzò le guance di Melanie.
«Non riesco a ricordare. Solo che era spaventosa. Ma non mi ricordo. Come quando ti svegli da un incubo ed è svanito.»
«Sta bene, ora?» intervenne Joyce.
Pen trovò interessante che la domanda non fosse diretta a Melanie… come se la donna volesse un parere più credibile.
Bodie annuì, mise le braccia attorno a Melanie. Lei gli si aggrappò, la faccia premuta contro il suo collo. Bodie le teneva una mano immobile in mezzo alla schiena, con l’altra le dava leggeri colpetti.
Pen osservava.
Mosse la mascella da parte a parte.
Poi vide suo padre sul letto, dimentico di tutto. Gli si avvicinò.
«Mi dispiace di aver dato spettacolo», si scusò Melanie quando risalirono in macchina.
«Sei sicura di star bene?» s’informò Joyce.
«Sì.»
«Ti capita spesso?»
«No, raramente.»
«Mi hai spaventata da morire.»
«Mi dispiace.»
«L’importante è che tu stia bene.» Joyce si staccò dal marciapiede. Poi sbirciò verso Pen. «Dove vado? Torni con noi, oppure…»
«Non siamo lontano da casa mia.»
«Sei la benvenuta, se decidi di passare la notte da me.»
«Perché non rimani?» suggerì Bodie, dal sedile posteriore.
«Pen ha ricevuto alcune telefonate oscene, ieri notte», spiego Melanie. «È un po’ spaventata.»
«Non sono spaventata», replicò Pen, desiderando che sua sorella non parlasse della sua situazione. Era un fatto personale, non c’era bisogno che Joyce lo sapesse. «Quelle telefonate mi hanno innervosito, ma ora è passato.»
È vero? Si chiese.
Non aveva voglia di restar sola nel suo appartamento.
D’altra parte poteva anche essere un sollievo.
Un lungo bagno caldo. Dormire sul suo letto.
Che ne dici se ti fotto fino a farti impazzire?
Pen sentì un’ondata di paura.
Non andrà meglio, si disse, alloggiare altrove, anzi potrebbe essere peggio.
«Perché non prosegui e mi accompagni a casa?» suggerì a Joyce.
«Sei sicura?»
«Era solo una voce al telefono. Non mi lascio intimorire da un fatto insignificante.»
«Telefonate oscene», intervenne Melanie. «Tutti ne ricevono. Ne ho ricevute anch’io.»
«Anch’io», disse Joyce.
«Come hai reagito?» volle sapere Melanie.
«Mi sono limitata a riappendere, ma ammetto che per un po’ sono stata nervosa.»
«Si limitano a telefonare», proseguì Melanie. «Credo che al telefono si divertano un mondo perché hanno paura delle donne. Il telefono è sicuro e anonimo. Di solito non fanno mai visita alle loro vittime.»
«Non direi proprio mai», intervenne Bodie. «C’era una storia sul giornale, un paio di mesi fa, riguardo una donna che riceveva telefonate del genere. Il giorno dopo che aveva cambiato numero, è stata violentata e assassinata. Evidentemente, il fatto di cambiare numero aveva convinto quell’individuo a sentirsi respinto.»
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