Sherkaner sorrise. Anche da lì poteva vedere le carrozzerie di parecchie auto nel bosco dietro il recinto del fabbro. Era capitato proprio nel posto giusto. — Questo potrebbe essere un problema. Però, vede, io ho qualche idea. Si tratta di lavori in cuoio e in metallo che potrei ordinarle, dietro pagamento, se lei è disposto a occuparsene subito. — Si fece dare un vecchio quaderno e disegnò un paio delle idee che gli erano venute quel pomeriggio, roba abbastanza facile da realizzare. Il fabbro fu d’accordo: sempre felice di fare affari con la gente strana di città. A patto che Sherkaner pagasse in anticipo. Lui non fece difficoltà. Per fortuna anche li accettavano la valuta della Banca di Principalia.
Più tardi Sherkaner Underhill proseguì in auto per la cittadina, in cerca di una locanda. A un primo sguardo lo si sarebbe detto un posto tranquillo e fuori dal tempo. C’era una chiesa della Tenebra in stile tradizionale, semplice e consumata dagli elementi come il suo nome quasi richiedeva. I giornali in vendita all’ufficio postale erano quelli di tre giorni prima. I titoli a lettere rosse tutte maiuscole strillavano di guerra e di invasione, ma quando un convoglio diretto a Comando Territoriale passò rombando lui se ne dimenticò.
Venne fuori che Profondità Notturne era troppo piccola per avere locande. Il proprietario dell’ufficio postale gli indicò due case dove potevano dargli un pasto e un letto. Mentre il sole scendeva verso il mare Sherkaner decise di fare un giro nell’interno. tanto per dare un’occhiata alla zona. La boscaglia era bella, ma non lasciava molto spazio aperto per le coltivazioni. La gente del posto ricavava di che vivere anche dal commercio, ma aveva lavorato sodo nei suoi orti di montagna… e avevano ancora tre anni di buoni raccolti, al massimo, prima che il gelo diventasse eccessivo. I magazzini locali all’aperto sembravano pieni, e c’era un continuo traffico di carri avanti e indietro fra le colline. La profondità della parrocchia era in quella direzione, a diciassette chilometri da lì. Non era una profondità molto vasta, ma serviva per la maggior parte degli abitanti della regione. A ogni modo se questa gente non metteva via abbastanza scorte avrebbe sicuramente fatto la fame nel primo duro anno della Grande Tenebra. Anche in una società moderna non c’era molto spazio per la carità agli individui sani e robusti che non avessero provveduto alle scorte.
Il tramonto lo trovò in riva al mare, su un promontorio. Sul lato sud il terreno scendeva verso una piccola valle coperta d’alberi. Sulla dorsale successiva c’era una casa che corrispondeva alla descrizione del padrone dell’ufficio postale. Ma Sherkaner non aveva fretta. Quello era il miglior panorama della giornata.
Guardò i colori svanire pian piano dal cielo e l’ultimo riflesso del sole abbandonare l’orizzonte lontano.
Poi rimise in moto l’automobile e intraprese la ripida discesa sulla carrareccia sterrata verso il fondovalle. Le chiome degli alberi si chiusero sopra di lui… e subito quello si rivelò il percorso più movimentato della giornata, anche se la sua velocità era inferiore a quella di un aracnide al passo. L’auto non faceva che slittare e rimbalzare fra i profondi solchi dei carri, e soltanto la gravità e la fortuna lo mantenevano a contatto del trespolo. Quando giunse alla riva del fiumiciattolo, sul fondo, Sherkaner si stava chiedendo seriamente se non avrebbe dovuto lasciare lì la sua macchina nuova fiammante. Si guardò attorno. La strada non era abbandonata; i solchi dei carri sembravano freschi.
La lenta brezza della sera gli portò un puzzo di liquami fognari e spazzatura marcia. Una discarica? Strano perfino pensare che ce ne fosse una, in quella natura incontaminata, ma quelli che vide erano senza dubbio mucchi di rifiuti. Fra gli alberi c’era anche una scalcinata abitazione di legno. Le pareti erano storte, in tronchi non scortecciati; il tetto pendeva di sghimbescio; alcuni buchi erano stati riparati con rami e frasche. Sul terreno fra la casa e la strada l’erba era stata brucata, probabilmente dai due osprech legati a una staccionata presso il torrente; l’odore di fogna era quello del loro sterco.
Sherkaner fermò la macchina. I solchi dei carri sparivano nell’acqua del torrente, qualche metro più avanti. Per un momento si sentì come sopraffatto. Lì dovevano abitare dei mezzi selvaggi di campagna, degli autentici alieni per un cittadino come lui. Fece per scendere dall’auto. Che strani punti di vista dovevano avere! Quante cose avrebbe potuto imparare da loro! Poi gli venne da pensare che se erano davvero alieni forse non gradivano molto la sua presenza sulla loro terra.
D’altra parte… Sherkaner sedette di nuovo sul trespolo e afferrò con fermezza il volante, l’acceleratore e il freno. Non lo stavano osservando soltanto gli osprech. Con gli occhi adattati alla penombra guardò in tutte le direzioni. Non animali, non gente adulta. Bambini? Forse uno di cinque e uno di dieci anni. Il più piccolo aveva ancora gli occhi da bambino. Il loro sguardo era animalesco, predace. Si avvicinarono all’auto.
Sherkaner avviò subito il motore e ripartì. Appena prima di arrivare al torrente notò una terza figura, più grossa, nascosta fra gli alberi presso il corso d’acqua. Bambini o no, quello non era soltanto un gioco di nasconditi-e-balza. Sherkaner sterzò di colpo a destra, uscendo dai solchi dei carri. Ma era davvero uscito di strada? No… la strada era una trappola; il vero guado era davanti a lui, nascosto dalle frasche.
Entrò nel torrente e accelerò, sollevando alti spruzzi. Il tipo grosso nascosto fra gli alberi balzò avanti. Un lungo braccio sbatté sulla carrozzeria dell’auto, ma l’individuo non riuscì ad arrivare a lui. Subito dopo Sherkaner fu sulla riva opposta, ingranò la marcia più bassa e cominciò a risalire il versante. Un’imboscata fatta da professionisti non gli avrebbe lasciato scampo in un buco fangoso come quello, ma la strada davanti a lui era libera e la vettura riuscì a tirare facendo schizzare via i sassi coi pneumatici. Ci fu ancora un momento da brivido finale quando sbucò dagli alberi sotto il cielo aperto, allorché il terreno friabile cedette e la Relmeitch scivolò indietro con le ruote che giravano a vuoto. Sherkaner si alzò dal trespolo gettando il suo peso sull’assale anteriore; le ruote fecero presa e la vettura oltrepassò sussultando la sommità dell’altura.
Il cielo era già scuro, pieno di stelle, quando parcheggiò l’auto accanto alla casa che aveva visto dalla cima del promontorio.
Spense il motore e restò un momento seduto, respirando con calma e ascoltando il sangue che gli pulsava nel petto. C’era una grande quiete. Guardò indietro; nessuno lo stava inseguendo. E ripensandoci era… strano. L’ultima volta che s’era voltato aveva visto il tipo più grosso che si trascinava fuori dal torrente; gli altri due se ne stavano già andando, come disinteressati.
Nelle finestre della casa si accese una luce. La porta fu aperta, e una vecchia signora uscì sulla veranda. — Chi è là? — domandò, in tono imperioso.
— Signora Enclearre? — Sherkaner si accorse di avere la voce stridula. — Il padrone dell’ufficio postale mi ha dato il suo indirizzo. Dice che lei ha una camera da affittare, per la notte.
Lei girò dalla parte del conducente e lo guardò meglio. — Proprio così, giovanotto. Ma lei arriva un po’ tardi per la cena. Dovrà accontentarsi di succhiare qualcosa di freddo.
— Oh, non si preoccupi, non c’è problema.
— Va bene. Venga pure dentro. — L’anziana signora rise, indicando con una mano piccola la valle da cui Sherkaner era sfuggito. — Poi mi spiegherà perché ha preso la strada più lunga, eh, giovanotto?
Nonostante ciò che aveva detto, la signora Enclearre servì a Sherkaner un buon pasto caldo. Dopo cena sedettero nel salotto anteriore a fare due chiacchiere. La casa era pulita, ma ormai cadente. Il pavimento cigolante aveva bisogno di riparazioni; la pittura s’era scrostata in molti punti. Era una casa che aveva fatto il suo tempo. Ma la pallida luce delle lampade metteva in evidenza uno scaffale per i libri, fra due finestre. C’era un centinaio di titoli, per lo più classici per l’infanzia. La vecchia signora (ed era vecchia: nata due generazioni prima di Sherkaner) era una maestra di scuola in pensione. Suo marito non ce l’aveva fatta ad attraversare l’ultima Tenebra, ma lei aveva allevato dei figli (ormai vecchi aracnidi anch’essi) che attualmente abitavano in quella stessa zona collinosa.
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