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Lois Bujold: Il nemico dei Vor

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Lois Bujold Il nemico dei Vor

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Miles e i suoi Dendarii hanno appena portato a termine con successo una missione di salvataggio in un campo di prigionia, suscitando le ire dell’impero di Cetaganda (come raccontato in ); la flotta cerca allora rifugio sulla Terra, dove Miles dovrà barcamenarsi tra le sue due identità, quella di Tenete Lord Miles Vorkosigan di Barrayar e quella di Ammiraglio Naismith, comandante dei mercenari Dendarii. A complicare il tutto (come se ce ne fosse bisogno) ci si metterà un complotto Komarrano volto a prendere il comando di Barrayar sostituendo Miles con un clone.

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«Non ne dubito» ribatté Galeni appoggiandosi allo schienale. «Ma sarà il Quartier Generale di Settore ad occuparsene, a questo punto. Non abbiamo neppure a disposizione fondi di quel genere, qui.»

Miles si mordicchiò l’interno dell’indice. «Oh.» Già, oh… ma non si sarebbe lasciato prendere dal panico. «In questo caso, signore, posso chiederle di mettersi in contatto con il QG del Settore il più presto possibile?»

«Mi creda, tenente, considero il suo trasferimento ad un altro ufficiale comandante una priorità assoluta.» Si alzò. «Vi prego di scusarmi. Attenda qui.» E uscì dall’ufficio scuotendo la testa.

«Che diavolo è questa faccenda?» sbottò Elli. «Ero sicura che avresti cercato di fare a pezzettini quel tizio, capitano o non capitano, e invece di colpo ti fermi. Che cosa c’è di tanto magico nell’essere komarrano, e dove si comprano?»

«Di magico niente, assolutamente niente. Ma molto importante, questo sì.»

«Più importante che essere un Lord Vor?»

«Per strano che possa sembrare, in questo momento sì, in un certo senso. Tu sai che il pianeta Komarr è stata la prima conquista imperiale interstellare di Barrayar, no?»

«Credevo che si chiamaste annessione. »

«All’inizio era una annessione. Ce ne siamo impadroniti per via dei suoi corridoi di transito, perché si trova proprio nel bel mezzo del nostro unico collegamento con la distorsione galattica principale. Komarr stava strangolando i nostri commerci ma soprattutto aveva accettato di farsi corrompere per lasciar passare la flotta cetagandana quando quell’impero ha cercato di annettere Barrayar. Forse ricorderai anche chi è stato il principale conquistatore.»

«Tuo padre, ai tempi in cui era soltanto l’ammiraglio Lord Vorkosigan, prima di diventare reggente. È lì che si è conquistato la sua reputazione.»

«Già… be’, con quell’impresa si è fatto più di una reputazione. Se vuoi vedere il fumo uscirgli dalle orecchie, non hai che da bisbigliargli "il Macellaio di Komarr". È così che lo avevano soprannominato.»

«Trent’anni fa, Miles.» Tacque per un attimo. «E c’era del vero, in quel soprannome?»

«Qualcosa c’era» sospirò Miles. «Non sono mai riuscito a cavargli tutta la storia, ma sono sicurissimo che quella che raccontano i libri di storia non è la verità tutta intera. Comunque, la conquista di Komarr divenne un pasticcio. Risultato, nel quarto anno della sua Reggenza scoppiò la Rivolta di Komarr e le cose peggiorarono sempre più. Da allora, i terroristi komarrani sono diventati l’incubo ricorrente della Sicurezza Imperiale. Immagino che la repressione non sia stata tenera.»

«Comunque, con il passar del tempo le acque si sono un pochino calmate e ora su entrambi i pianeti, tutti quelli che hanno energie da sprecare si stanno dando da fare per colonizzare Sergyar. Tra i liberali si è formata una corrente, di cui mio padre è l’uomo di punta, che vuole la completa integrazione di Komarr nell’Impero. Però è un’idea che non incontra il favore della destra barrayarana. E per il vecchio è diventata una specie di ossessione… "tra la giustizia e il genocidio, a lungo andare, non esiste una via di mezzo"» intonò Miles. «La sua eloquenza sull’argomento è trascinante. Comunque sia, resta il fatto che su Barrayar, il vecchio, caro Barrayar, militarista e tenacemente abbarbicato alle divisioni di classe, la strada per arrivare in cima passa e passerà sempre attraverso il Servizio Militare Imperiale. Servizio che è stato aperto per la prima volta ai komarrani solo otto anni fa.

«Questo significa che ogni komarrano nel Servizio ora è in una situazione non facile: deve dare prova della sua lealtà, esattamente come io devo…» esitò, «devo dimostrarmi all’altezza. Ne consegue anche che se lavoro con, o agli ordini di un komarrano e un bel giorno mi ritrovano stranamente morto, il komarrano in questione è pronto a diventare cibo per cani. Perché mio padre è considerato il Macellaio di Komarr, e nessuno penserebbe che non si sia trattato di una specie di vendetta.

«E non solo quel komarrano, ma anche tutti gli altri nel Servizio Imperiale sarebbero ammantati da quell’onta e questo riporterebbe indietro di anni le conquiste politiche di Barrayar. Se venissi assassinato adesso» concluse con una rassegnata scrollata di spalle, «mio padre mi ucciderebbe una seconda volta.»

«Spero che non fai conto proprio su questo» ridacchiò Elli.

«E questo ci porta a Galeni» proseguì in fretta Miles. «È un ufficiale del Servizio con un incarico addirittura nella Sicurezza, e deve aver sudato sangue per ottenerlo. Molto stimato, per un komarrano. Però non è impegnato in un incarico vitale o strategico: infatti non ha accesso ad alcune informazioni di sicurezza critiche… ed ecco che arrivo io e gli faccio sbattere il naso nelle sue limitazioni. E se aveva dei parenti nella rivolta komarrana… be’, eccomi sempre qui. Dubito molto che nutra amore per me, ma sarà costretto a sorvegliarmi come a pupilla dei suoi occhi. E io, che Dio mi aiuti, dovrò lasciarglielo fare. È veramente una situazione spinosa.»

«Sono sicura che saprai destreggiarti» lo confortò Elli battendogli su un braccio.

«Hmm» borbottò lui cupo. «Oh, Dio, Elli» gemette all’improvviso appoggiandole la fronte sulla spalla, «non ho avuto il denaro per i dendarii e non potrò averlo fino a chissà quando… cosa dirò a Ky? Gli avevo dato la mia parola!…»

Questa volta lei gli batté affettuosamente la mano sulla testa, ma non disse nulla.

CAPITOLO SECONDO

Miles rimase qualche istante con la testa appoggiata sul fresco tessuto della giacca dell’uniforme di Elli, poi lei si spostò, tendendo le braccia verso di lui. Che volesse abbracciarlo? Se lo faceva, decise Miles, lui l’avrebbe attirata a sé e baciata, senza pensarci due volte. E poi accadesse quello che voleva…

Alle loro spalle, la porta dell’ufficio di Galeni si aprì con un sibilo ed essi si staccarono di colpo. Con un brusco movimento della testa dai corti capelli neri Elli si mise in posizione di riposo, mentre Miles rimase in piedi dove era, imprecando tra sé per l’inopportuna interruzione.

Ancora prima di voltarsi udì e riconobbe quella voce strascicata e familiare.

«… Brillante, certo, ma eccessivo e frenetico. Si ha sempre l’impressione che stia per dar fuori da matti. Quando poi comincia a parlare troppo in fretta, è meglio stare in guardia. Oh, sì, è proprio lui…»

«Ivan» sussurrò Miles chiudendo gli occhi. «Quale peccato ho commesso verso di te, o Dio, perché Tu mi infligga Ivan… qui… »

Visto che Dio non lo degnò di una risposta, Miles si voltò con un sorriso tirato. Elli aveva piegato la testa di lato, e ascoltava con espressione attenta e corrucciata.

Galeni era tornato, portandosi dietro un tenente giovane e alto. Nonostante tutta la sua indolenza, Ivan Vorpatril doveva ovviamente essersi mantenuto in perfetta forma, perché il suo fisico faceva risaltare magnificamente l’uniforme. Il volto aperto e cordiale, dai lineamenti regolari, era incorniciato da capelli neri e ondulati tagliati alla moda patrizia. Miles non poté fare a meno di lanciare un’occhiata verso Elli, per spiare di nascosto la sua reazione. Con il suo portamento e la sua statura, Elli aveva la tendenza a far apparire sciatti tutti quelli che le stavano accanto, ma Ivan non correva certo questo rischio.

«Salve. Miles» lo salutò Ivan. «Cosa ci fai, qui?»

«Potrei farti la stessa domanda» rispose Miles.

«Sono secondo assistente dell’addetto militare. Mi hanno assegnato qui perché mi faccia un’educazione e una cultura, immagino. Sai com’è, la Terra…»

«Oh» esclamò Galeni sollevando lievemente un angolo della bocca, «dunque è questa la ragione. Me la ero sempre chiesta.»

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