Joe Haldeman - Guerra eterna

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Guerra eterna: краткое содержание, описание и аннотация

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La guerra, ci insegna l’autore, non è mai una cosa piacevole. E in una guerra che dura 1200 anni, le probabilità di sopravvivenza sono prossime a zero. Iniziata nel 1997, la guerra contro la razza extraterrestre dei Taurani si trascina avanti pesantemente, un secolo dopo l’altro. I soldati che la combattono viaggiano tra le stelle a velocità prossime a quelle della luce, e invecchiano soltanto di pochi mesi ad ogni viaggio, mentre i secoli si susseguono rapidamente sulla Terra: una Terra che ad ogni licenza diventa sempre più irriconoscibile.
Il soldato Mandella inizia come fuciliere: è di leva, non ama né la vita militare né il modo con cui gli alti comandi trattano lui, i suoi compagni e in sostanza anche il nemico. Ma, nonostante queste sue avversioni, il semplice espediente di non farsi uccidere in qualche scaramuccia o in qualche esercitazione (assai più pericolose che non i veri combattimenti) lo porta a diventare maggiore, a capo di qualche… secolo. E parallelamente all’inglorioso svolgersi della Guerra Eterna, vediamo i cambiamenti della società terrestre in 1200 anni: i mutamenti di abitudini e di prospettive culturali, estrapolati da Haldeman in modo quanto mai plausibile. Un grande romanzo, che ha giustamente meritato i massimi premi della fantascienza.

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— Mi sembra molto compis… compil… plicato.

— Avanti, vieni con me…

— Mi riprendo subito uomo, lasciami solo riposare…

Lo afferrai per il braccio e lo guidai sul sito della costruzione. Lui camminava a zig-zag. Doc gli prese l’altro braccio, e tra tutti e due gli impedimmo di cadere.

— Caporale Ho, qui il caporale Mandella. — La Ho era la responsabile dell’unità ambiente.

— Vattene, Mandella, ho da fare.

— Avrai da fare ancora di più. — Le spiegai il problema, in fretta. Mentre il suo gruppo si affrettava ad adattare l’unità (per questo, bastavano solo un tubo per l’aria e un riscaldatore) feci portare dalla mia squadra sei lastre di permaplastica, per poter costruire una grossa cabina attorno a Singer e allo scafandro di scorta. Avrebbe avuto l’aria di un’enorme cassa da morto, un metro quadrato per sei metri di lunghezza.

Deponemmo lo scafandro sulla lastra che sarebbe stata il pavimento della bara. — Okay, Singer, andiamo.

Nessuna risposta.

— Singer, andiamo.

Nessuna risposta.

— Singer! — Lui stava lì, in piedi. Doc Jones controllò i dati.

— È andato, uomo. Ha perso i sensi.

La mia mente turbinò. Poteva esserci posto per un’altra persona, dentro la cabina. — Dammi una mano, su. — Presi Singer per le spalle e Doc lo prese per i piedi. Lo stendemmo cautamente alla base dello scafandro vuoto.

Poi mi sdraiai anch’io, sopra lo scafandro. — Okay, chiudete.

— Senti, Mandella, se c’è qualcuno che deve entrare lì dentro, quello sono io.

— Vai a farti fottere, Doc. È compito mio. È uno dei miei uomini. — Suonava tutto sbagliato. William Mandella, il giovane eroe.

Quelli alzarono la lastra, di taglio — aveva due aperture per i tubi d’uscita e d’entrata dell’unità ambiente — e cominciarono a saldarla alla tavola di fondo con un sottile raggio laser. Sulla Terra avremmo usato semplicemente il collante, ma lì l’unico fluido era l’elio, che ha un sacco di proprietà interessanti, ma decisamente non è adesivo.

Dopo dieci minuti circa eravamo completamente murati dentro. Sentivo l’unità ambiente che ronzava. Accesi la luce del mio scafandro, per la prima volta da quando eravamo atterrati nell’emisfero notturno, e il chiarore fece danzare delle chiazze purpuree davanti ai miei occhi.

— Mandella, qui è Ho. Resta nella tua tuta almeno due o tre minuti. Stiamo pompando dentro aria calda, ma torna indietro trasformata in liquido. — Per un po’, restai a guardare le chiazze purpuree che svanivano.

— Okay, è ancora freddo, ma puoi farcela. — Feci scattare il mio scafandro. Non si aprì completamente, ma non faticai molto a sgusciarne fuori. Era ancora abbastanza freddo da staccarmi la pelle dalle dita e dal deretano, mentre ne uscivo.

Dentro quella specie di bara, dovetti strisciare a piedi in avanti per raggiungere Singer. Via via che mi allontanavo dalla mia lampada, si faceva rapidamente più buio. Quando feci scattare lo scafandro di Singer, una zaffata di fetore caldissimo mi investì in piena faccia. Nella luce fioca, aveva la pelle paonazza e piena di macchie. La respirazione era superficiale, e vedevo le palpitazioni del cuore.

Per prima cosa sganciai i tubi dell’evacuazione — una faccenda molto sgradevole — e poi i biosensori; e quindi ebbi il problema di estrargli le braccia dalle maniche.

Farlo da soli è molto facile. Ti giri e ti rigiri da una parte e dall’altra, e le braccia vengono fuori. Ma farlo dall’esterno è tutta un’altra faccenda: dovevo girargli il braccio e poi infilare sotto la mano e muovere di conserva il braccio dello scafandro… e ci vuole molta forza per una simile manovra.

Quando fui riuscito a tirargli fuori un braccio, tutto diventò più facile; mi limitai ad avanzare strisciando, misi i piedi sulle spalle dello scafandro, e lo tirai per il braccio già libero. Lui scivolò fuori dall’involucro, come un’ostrica che esce dal guscio.

Aprii lo scafandro di scorta e con un mucchio di spinte e strattoni riuscii a infilargli dentro le gambe. Agganciai i biosensori e il tubo d’evacuazione anteriore. L’altro avrebbe dovuto metterselo da solo: è troppo complicato. Per l’ennesima volta, mi dissi che era una fortuna non essere nato femmina; le donne devono portare due di quegli stramaledetti cateteri, invece di uno solo più un semplice tubo.

Lasciai le braccia di Singer fuori dalle maniche. Lo scafandro sarebbe stato comunque inutile per qualunque genere di lavoro: i waldo devono venire adattati su misura a ogni individuo.

Singer sbatté le palpebre. — Man… della. Dove… cavolo…

Glielo spiegai, adagio, e lui sembrò capire quasi tutto. — Adesso devo chiuderti, quindi infilarmi nello scafandro. Dirò alla squadra di tagliare l’estremità di questo scatolone e poi ti tirerà fuori. Capito?

Egli annuì. Era uno strano spettacolo: quando annuisci o scrolli le spalle dentro a uno scafandro, quel gesto non comunica affatto il suo significato.

Mi infilai nel mio scafandro, agganciai tutto quello che c’era da agganciare e con un colpo di mento attivai la frequenza generale. — Doc, credo che si stia riprendendo. Adesso tirateci fuori di qui.

— Provvediamo. — Era la voce della Ho. Il ronzio dell’unità ambiente fu sostituito da un cicalio, poi da una pulsazione. Evacuavano la cabina per evitare un’esplosione.

Un angolo della saldatura diventò rovente, poi incandescente, e un luminoso raggio cremisi entrò, come una lancia, passando a una trentina di centimetri dalla mia testa. Mi rannicchiai per scostarmi il più possibile. Il raggio risalì lungo la saldatura e intorno ai tre spigoli, fino al punto di partenza. L’estremità della cabina cadde, lentamente, trascinando dietro di sé filamenti di permaplastica sciolta.

— Mandella, aspetta che torni a indurirsi.

— Non sono tanto stupido, Sanchez.

— Ecco, vai. — Qualcuno mi gettò una fune. Così sarebbe andata molto meglio che se avessi dovuto trascinarlo fuori da solo. Feci passare un lungo tratto sotto le braccia di Singer, e poi glielo annodai dietro al collo. Quindi mi trascinai fuori per aiutare gli altri a tirare, il che era sciocco… c’era già una dozzina di persone pronte a cominciare.

Singer ne venne fuori sano e salvo, e si stava addirittura tirando su a sedere, quando Doc Jones andò a leggergli i dati. Tutti venivano a chiedermi com’era andata e a congratularsi con me, quando all’improvviso la Ho disse: — Guardate! — e tese il braccio verso l’orizzonte.

Era un’astronave nera, che arrivava a tutta velocità. Ebbi appena il tempo di pensare che non era giusto, che non dovevano attaccarci fino agli ultimi giorni, e l’astronave ci arrivò sopra la testa.

9

Ci buttammo tutti al suolo, istintivamente, ma l’astronave non attaccò. Accese i razzi frenanti e scese, atterrando sui pattini. Poi si girò slittando e venne a fermarsi vicino al sito della costruzione.

Tutti avevano già capito, e se ne stavano lì intorno, vergognandosi, quando dall’astronave uscirono due figure chiuse negli scafandri.

Una voce ben nota gracchiò sulla frequenza generale. — Ognuno di voi ci ha visti arrivare, e non uno di voi ha fatto fuoco con il laser. Non sarebbe servito a niente, ma avrebbe almeno dimostrato un po’ di spirito combattivo. Avete a disposizione una settimana o meno prima che si faccia sul serio, e siccome il sergente e io saremo qui, io pretendo che dimostriate un po’ più di volontà di vivere. Facente funzione di sergente Potter.

— Qui, signore.

— Sceglimi dodici persone per caricare. Abbiamo portato cento piccole robosonde per allenarvi al tiro al bersaglio , in modo che abbiate almeno qualche possibilità di combattere quando arriverà un bersaglio vivo.

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