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Poul Anderson: Crociata spaziale

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Poul Anderson Crociata spaziale

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La favolosa età del Medio Evo si interseca ai viaggi intergalattici in un complesso misterioso e avvincente. Dalle profondità del cosmo, durante l’era delle Crociate, discende, presso una cittadino della Gran Bretagna, una potente astronave, i cui occupanti, esseri mostruosi, sono vinti da un gruppo di Crociati in attesa di partire per liberare il Santo Sepolcro. Essi si impadroniscono del vascello spaziale, e congetturano di usarlo per recarsi in Terra Santa. Per il tradimento di uno dei mostri superstiti che avrebbe dovuto pilotare l’astronave, i Terrestri si trovano proiettati nello spazio e devono conquistare il pianeta di origine dei Galattici. Avventura del tutto nuova che interesserà per lo spirito di abnegazione e per il coraggio di coloro che intensamente la vivono. Nominato per premio Hugo in 1961.

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«Qualunque cosa succeda,» mi ordinò, «nessuno deve sapere che mia moglie fa parte del complotto. Mi capisci? È fuori di sé. Un Demone deve essersi impossessato di lei.»

Lo guardai con ancora maggior pietà di prima.

«Voi siete troppo coraggioso per nascondervi dietro una tale sciocchezza», gli dissi.

«Be’, cosa posso fare?», ringhiò.

«Potete continuare a battervi…»

«Impresa disperata una volta che Montbelle sarà andato a Wersgorixan.»

«Oppure potte accettare le condizioni che vi ha offerto.»

«Ah! E per quanto pensi che i musi azzurri lasceranno effettivamente in pace la Terra?»

«Sir Owain deve avere qualche ragione per credere che lo facciano», risposi cautamente.

«Quello è un idiota!»

Il pugno di Sir Roger si abbatté sul bracciolo della poltrona, polverizzandolo. Poi si rizzò a sedere e la durezza della sua voce era un segno di speranza per me.

«O forse Sir Owain è un Giuda più nero di quanto abbia confessato, e spera di diventare Vicerè dopo la conquista. Non capisci, è qualcosa di più della brama di territori che costringerà i Wersgorix a impadronirsi della Terra; è il fatto che la nostra razza si è dimostrata mortalmente pericolosa. Per adesso gli uomini del nostro pianeta non costituiscono ancora un pericolo, ma diamogli qualche secolo per prepararsi e vedrai che gli uomini costruiranno anche loro le astronavi e conquisteranno l’intero universo.»

«I Wersgorix hanno sofferto in questa guerra», cercai debolmente di controbattere. «Avranno bisogno di tempo per riprendersi quanto hanno perso, anche se i nostri alleati dovessero riconsegnare loro tutti i mondi occupati. I Wersgorix potrebbero trovare utile lasciare in pace la Terra ancora per un centinaio d’anni.»

«Finché noi ormai saremo morti e sepolti?»

Sir Roger annuì pesantemente.

«Sì, potrebbe finire così. Per noi, qui, sarebbe comodo. Eppure, non bruceremmo all’Inferno se dovessimo trascurare così il nostro dovere di difendere le generazioni future?»

«Potrebbe essere la soluzione più saggia per la nostra razza», dissi. «Tutto ciò che è al di fuori del nostro potere è nelle mani di Dio.»

«Ma no, no, no, no!»

Sir Roger si torse le mani.

«Non posso. Meglio morire ora da uomini… ma Catherine…»

Dopo un nuovo momento di silenzio, dissi:

«Può darsi che non sia ancora troppo tardi per dissuadere Sir Owain. Nessuna anima è irrimediabilmente perduta finché rimane in vita. Voi potreste fare appello al suo onore e sottolineargli quanto sia sciocco fare affidamento sulle promesse dei Wersgorix. Potreste offrirgli il vostro perdono ed un’alta carica…»

«E anche l’uso di mia moglie?», ringhiò beffardo.

Ma un momento dopo, aggiunse:

«Sì, forse. Anche se preferirei di gran lunga spaccargli in due il cranio. Ma forse… sì, forse un colloquio… sarei perfino disposto a sforzarmi di umiliarmi. Tu mi aiuterai, Fratello Parvus? Non devo maledirlo, una volta di fronte a lui. Vuoi aiutarmi a rafforzare il mio spirito?»

CAPITOLO XXI

La sera dopo lasciammo New Avalon.

Io e Sir Roger partimmo a bordo di una minuscola lancia spaziale disarmata. Neanche noi eravamo molto più forti. Io avevo la mia tonaca ed il Rosario, come sempre, e nient’altro. Lui indossava un farsetto e brache da piccolo nobiluomo, ma portava anche la spada ed il pugnale, ed aveva speroni dorati agli stivali. Il suo corpo massiccio schiacciava il sediolo del pilota come una sella, ma i suoi occhi, levati verso il cielo, erano pieni di gelo.

Ai nostri Capitani avevamo detto che quello era solo un breve volo per andare a controllare una cosa speciale che aveva trovato Sir Owain. La nostra gente però aveva avvertito la menzogna, e adesso il campo rumoreggiava irrequieto. Red John dovette rompere due bastoni prima di poter ristabilire l’ordine.

Mentre ci imbarcavamo, ebbi la netta sensazione che la nostra impresa fosse già andata in rovina. Gli uomini erano seduti in silenzio. La notte era priva di vento ed i nostri stendardi pendevano flosci dai pennoni; solo allora notai quanto fossero ormai sbiaditi e laceri.

La nostra lancia forò il cielo azzurro ed entrò nelle tenebre, simile a lucifero quando era stato espulso dal cielo. Per un attimo scorsi una nave da battaglia in orbita di pattuglia e mi sarei sentito molto più confortato se avessi avuto alle spalle i suoi grandi cannoni.

Ma dovevamo arrivare solo con quel misero guscio di noce. Sir Owain era stato molto chiaro in proposito quando aveva parlato per la seconda volta al telecomunicatore.

«Se lo desiderate, de Tourneville, siamo disposti a ricevervi per un colloquio, ma dovete venire da solo, su una semplice lancia spaziale disarmata… Oh, d’accordo, potete portare con voi anche il vostro frate… vi dirò io quale orbita assumere. Poi, ad un certo punto di quell’orbita, vi verrà incontro la mia astronave. Se i miei telescopi e rilevatori, però, mostreranno che c’è inganno da parte vostra, procederò direttamente per Wersgorixan.»

Accelerammo l’andatura in un silenzio che andava facendosi sempre più pesante. Una volta mi azzardai a dire:

«Se voi due vi riconcilierete, i nostri ne saranno rincuorati. Allora sì che penso che diventerebbero veramente inviabili.»

«Io e Catherine?», abbaiò Sir Roger.

«Oh… io mi riferivo a voi e Sir Owain…», balbettai.

Ma in quel momento vidi veramente la verità: in effetti avevo pensato alla donna. Owain in se stesso non era nulla. Era Sir Roger su cui riposava il destino di tutti noi. Ma non avrebbe retto a lungo, separato da colei che possedeva la sua anima.

Lei e i bambini che avevano avuto insieme erano la ragione per cui si umiliava, supplicando l’indulgenza di Owain.

Procedemmo sempre più a fondo nello spazio esterno. Il pianeta rimpicciolì dietro di noi fino ad assumere le dimensioni di una moneta dal metallo opaco. Non mi ero mai sentito così solo prima d’allora, neanche quando ci eravamo levati per la prima volta in volo dalla nostra Terra.

Ma, finalmente, un gruppo di stelle si oscurò, e vidi la snella sagoma dell’astronave ingrandire di fianco a noi, mentre cercava di eguagliare la nostra velocità. Avremmo potuto perfino lanciare una bomba a mano e distruggerla, ma Sir Owain sapeva bene che non l’avremmo mai fatto finché a bordo c’erano anche Catherine, Robert e Matilda. Un istante dopo, un grappino magnetico si agganciò al nostro scafo. Le astronavi si avvicinarono, portale contro portale in un gelido bacio. Poi noi aprimmo il nostro passaggio e aspettammo.

Fu Branithar stesso a entrare, gli occhi folgoranti per il senso di vittoria. Quando vide la spada ed il pugnale di Sir Roger, rinculò.

«Avevamo detto niente armi!», gracchiò.

«Oh? Oh, sì, sì».

Il Barone abbassò lo sguardo assente sulle lame.

«Non ci avevo proprio pensato… sono come gli speroni per me, un’insegna del mio rango… nulla di più».

«Consegnatele!», ordinò il Wersgor.

Sir Roger si slacciò entrambe le armi e le passò al Wersgor nelle loro guaine. Branithar le passò quindi ad un altro muso azzurro e ci perquisì lui stesso.

«Niente pistole nascoste!», ammise alla fine.

Io avevo le guance in fiamme per l’insulto, ma Sir Roger non parve quasi accorgersene.

«Molto bene!», disse Branithar, «seguitemi!»

Percorremmo un corridoio ed entrammo nel salone centrale. Sir Owain sedeva dietro un tavolo di legno intagliato. Anche lui era vestito di sobrio velluto nero, ma delle gemme gli balenavano sulla mano che copriva una pistola posata davanti a sé. Lady Catherine indossava una gonna grigia e un velo. Un ricciolo ribelle però le sfuggiva sulla fronte e brillava come fuoco ardente.

Sir Roger si fermò appena dentro la porta.

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