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Poul Anderson: Crociata spaziale

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Poul Anderson Crociata spaziale

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La favolosa età del Medio Evo si interseca ai viaggi intergalattici in un complesso misterioso e avvincente. Dalle profondità del cosmo, durante l’era delle Crociate, discende, presso una cittadino della Gran Bretagna, una potente astronave, i cui occupanti, esseri mostruosi, sono vinti da un gruppo di Crociati in attesa di partire per liberare il Santo Sepolcro. Essi si impadroniscono del vascello spaziale, e congetturano di usarlo per recarsi in Terra Santa. Per il tradimento di uno dei mostri superstiti che avrebbe dovuto pilotare l’astronave, i Terrestri si trovano proiettati nello spazio e devono conquistare il pianeta di origine dei Galattici. Avventura del tutto nuova che interesserà per lo spirito di abnegazione e per il coraggio di coloro che intensamente la vivono. Nominato per premio Hugo in 1961.

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Branithar scoprì i denti, ringhiando contro di me. Cercò di strappare via il pugnale che lo inchiodava al tavolo, ma riuscì solo a farsi sanguinare di più la mano.

Giudicai che per il momento era fuori combattimento. La mia attenzione era altrove. Il Wersgor che il mio padrone aveva sbudellato era ancora vivo, ma non lo sarebbe rimasto per molto. Esitai un momento… dove stava il mio dovere adesso? col mio Signore e sua moglie o con un pagano morente?… Mi chinai su quel viso azzurro contorto dal dolore.

«Padre,» biascicò.

Non so chi, o che cosa avesse invocato, ma gli somministrai quei pochi conforti religiosi che mi permettevano le circostanze e lo tenni stretto mentre moriva, pregando che riuscisse almeno a guadagnarsi il Limbo.

Sir Roger tornò indietro, asciugando la spada. Era tutto raggiante, ben raramente ho visto tanta gioia in un uomo.

«Quel pupacchiotto!», esclamò. «Sì, il sangue normanno si vede sempre!»

«Cos’è successo?», chiesi mentre mi rialzavo con la tonaca insudiciata.

«Owain non aveva cercato di raggiungere le armi,» mi disse Sir Roger. «Deve essere corso avanti, invece, per raggiungere la torretta di comando. Ma gli altri due musi azzurri, i cannonieri, avevano sentito lo scompiglio, e giudicando venuto il momento e la strada sgombra, sono andati a rifornirsi loro stessi. Ne ho visto uno infilarsi dentro la porta della stanza da letto. L’altro gli stava alle calacagna, armato con una lunga sbarra. Allora gli sono piombato addosso, ma si batteva bene e ci ho messo un po’ a ucciderlo. Intanto Catherine aveva inseguito il primo e lo aveva affrontato a mani nude finché non è riuscita ad abbatterlo. Quei cervelli di gallina delle serve non hanno fatto altro che strillare per il terrore, come previsto. Ma poi, è venuto il bello! Ascolta, Fratello Parvus! Mio figlio Robert ha aperto la cesta delle armi, ha tirato fuori una pistola ed ha centrato il Wersgor con la stessa precisione che ci sarebbe potuto aspettare da Red John. Eh, che demonietto!»

In quel momento entrò Milady. Aveva le trecce sciolte, ed una delle sue belle guance era violacea per la botta subita. Ma con lo stesso tono impersonale di un sergente che si presenta a rapporto dopo il picchetto, disse:

«Ho calmato i bambini.»

«Povera piccola Matilda», mormorò suo marito. «Si è spaventata molto?»

Lady Catherine si indignò.

«Volevano venire tutti e due a battersi!»

«Voi aspettate qui, adesso,» disse il Barone. «Io vado a trattare con Owain e il pilota.»

Catherine respirò a fondo, ancora scossa.

«Dovrò sempre starmene nascosta mentre il mio Signore affronta i pericoli?»

Il Barone si fermò e la considerò con lo sguardo.

«Ma io pensavo…», cominciò, stranamente a disagio.

«Che io vi abbia tradito semplicemente per tornare a casa? Sì.» Lady Catherine fissò il ponte. «Penso che voi mi perdonerete di questo molto prima di quanto riuscirò a perdonarmi io. Ma ho fatto solo ciò che mi sembrava meglio… anche per voi… ero confusa. Tutto sembrava come un sogno indotto dalla febbre. Mi siete mancato molto».

Molto lentamente, il Barone fece un cenno d’assenso.

«Sono io che vi devo chiedere perdono», disse. «Che Dio mi conceda abbastanza anni da diventare degno di voi.»

L’afferrò per le spalle.

«Ma voi rimanete qui. È necessario che montiate la guardia al muso azzurro. Se dovessi uccidere Owain e il pilota…»

«Fatelo!», gridò Lady Catherine in un impeto di furia.

«Preferirei di no», rispose lui con la stessa gentilezza che usava nei suoi confronti. «Guardandovi posso capirlo fin troppo bene. Ma se dovesse succedere il peggio… Branithar potrà guidarci a casa. Perciò sorvegliatelo bene.»

Lady Catherine mi prese la pistola di mano e si sedette. Il prigioniero rimase rigidamente in piedi con la mano inchiodata e un’espressione di sfida nello sguardo.

«Vieni, Fratello Parvus», mi disse Sir Roger. «Potrei avere bisogno della tua abilità con le parole.»

Aveva con sé la sua spada e si era infilato una pistola presa dalla cesta delle armi nella cintura. Percorremmo un corridoio, salimmo una rampa ed arrivammo all’entrata della torretta di comando. La porta era chiusa, bloccata con la chiave dall’interno.

Sir Roger vi batté sopra col pomo della spada.

«Voi due la dentro!», gridò. «Arrendetevi!»

«E se non lo facciamo?»

La voce di Owain giungeva assai debole attraverso l’ostacolo.

«In tal caso,» rispose Roger con voce decisa, «metterò fuori uso i motori e mi allontanerò a bordo della mia barca, lasciandovi andare alla deriva. Ma guardate: ora la collera mi ha lasciato. Tutto è finito per il meglio e noi torneremo veramente a casa… dopo che queste stelle saranno state rese sicure per gli Inglesi. Noi due eravamo amici un tempo, Owain. Datemi di nuovo la vostra mano. Giuro che non vi verrà fatto del male.»

Il silenzio era pesante.

Poi l’uomo dietro la porta disse:

«Sì. Voi non siete mai stato uno che ha infranto un giuramento, vero? Bene, passate pure, Roger.»

Sentì aprire la serratura. Il Barone posò la mano sulla porta. Non so cosa mi spinse a dire.

«Aspettate, Milord», e mi spinsi davanti a lui con inaudita sfacciataggine.

«Cosa fai?», mi chiese stupefatto, nella sua allegria.

Aprii la porta e varcai la soglia. E due sbarre di ferro si abbatterono sul mio capo.

Il resto dell’avventura devo riferirla per sentito dire perché mi ci volle una settimana per riprendere i sensi. Infatti crollai in un lago di sangue e Sir Roger credette che mi avessero ucciso.

Come si accorsero che non era il Barone colui che avevano abbattuto. Owain e il pilota lo attaccarono, armati delle due sbarre che avevano svitato da qualche parte, lunghe e pesanti quanto spade.

La lama di Sir Roger balenò nell’aria. Il pilota sollevò la sua sbarra e la spada, quando si scontrò su di essa, provocò un diluvio di scintille. Sir Roger lanciò un ululato che si ripercosse per tutta l’astronave.

« Assassini dell’innocenza… »

Col secondo fendente fece saltare la sbarra dalla mano intorpidita ed al terzo la testa azzurra fu spiccata dal busto e rimbalzò giù dalla rampa.

Catherine udì il tumulto e andò sulla porta del salone, guardando in direzione di prua come se il terrore potesse aguzzarle tanto la vista da permetterle di trapassare le pareti. Branithar serrò i denti e afferrò la misericordia con la mano libera. I muscoli delle sue spalle si irrigidirono e si gonfiarono. Pochi uomini sarebbero riusciti a estrarre quel pugnale, ma Branithar ci riuscì.

Milady udì il rumore e roteò su se stessa. Branithar stava girando attorno al tavolo. La mano destra gli pendeva lacerata e sanguinante, ma nella sinistra stringeva il pugnale luccicante.

Catherine sollevò la pistola.

«Indietro!», gli gridò.

«Mettete giù quell’arma», le disse lui beffardo. «Non la usereste mai. Voi non avete visto abbastanza stelle sulla Terra e anche allora non le conoscevate. Se succede qualcosa di brutto a prua, io sono la vostra unica speranza di ritornare a casa».

Lady Catherine puntò gli occhi in quelli del nemico di suo marito… lo fissò gelidamente e sparò, uccidendolo. Poi corse verso la torretta.

Sir Owain di Montbelle era tornato a rifugiarsi là dentro, ma non riusciva a sottrarsi alla cieca furia dell’assalto del Barone. Sir Roger impugnò la pistola. Owain raccolse un libro da un tavolino e se lo pose davanti al petto.

«Attenzione!» disse ansimando. «Questo è il libro di bordo dell’astronave. È qui che sono riportate le coordinate della posizione della Terra. E non ci sono da nessuna altra parte.»

«Voi mentite. C’è sempre la mente di Branithar.»

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