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Ben Bova: Ritorno dall'esilio

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Ben Bova Ritorno dall'esilio

Ritorno dall'esilio: краткое содержание, описание и аннотация

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La possibilità di creare in via sperimentale, ma in grande serie, razze di superuomini e sottouomini, ci porrebbe già oggi problemi gravissimi. Ma su una Terra sovrappopolata, dove l’equilibrio sociale, economico, psicologico è appeso a un filo, gli scienziati responsabili di un così esplosivo progetto debbono essere fermati a qualsiasi costo. Come? Quando la persuasione non basta, e lo sterminio è impraticabile, si ricorre al vecchio sistema dell’esilio. Solo che qui si tratta di un esilio extraterrestre, di una Siberia cosmica. E una colonia penale formata dai migliori cervelli del mondo deve combattere duramente non solo per sopravvivere nello spazio, ma anche per trovare un sistema di convivenza accettabile, uno scopo, una meta.

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Nel corso degli anni Linc aveva finito col capire che ogni luce corrispondeva a un locale e alle macchine che vi si trovavano. Quando una luce si spegneva, una macchina cessava di funzionare. Poteva trattarsi di un gruppo termico, di un ventilatore o di una cucina. Quale corrisponderà alla pompa che Peta ha rotto? Linc esaminò la parte dello schermo che corrispondeva ai locali della fattoria.

Una delle più grosse emozioni della sua vita l’aveva provata quando si era reso conto che le linee rette sullo schermo rappresentavano i cavi che si stendevano lungo i corridoi dietro i pannelli di plastica delle pareti. Le linee avevano lo stesso colore dei cavi: giallo, verde, rosso, blu, e così via. Una volta aveva perfino aggiustato uno di quei cavi; aveva trovato il punto del guasto notando che le righe sullo schermo avevano mandato un lampo rosso in quel punto.

Dopo un’estenuante discussione e una giornata intera di meditazioni, la sacerdotessa aveva deciso che il filo non era una macchina e quindi poteva essere toccato da mani umane. Linc aveva riparato il cavo difettoso ricordando come faceva Jerlet e dopo di lui i servomeccanismi, e una stanza che era diventata buia e fredda si era improvvisamente illuminata e riscaldata.

Sarò capace di aggiustare la pompa? continuò a chiedersi durante la giornata.

Terminato l’orario di lavoro, continuava ancora a chiederselo. Ci pensò durante l’ultimo pasto, che era molto più scarso del solito, con Monel che correva avanti e indietro sulla sua sedia a rotelle, impartendo ordini e dando fastidio a tutti.

Magda non c’era. Evidentemente si era ritirata nel suo tabernacolo a meditare.

Cerca di mettersi in contatto con Jerlet, si disse Linc.

Con la voce di Monel che gli rimbombava nelle orecchie prese il suo piatto e si ritirò nel suo compartimento e mangiò da solo, in silenzio.

Le luci si attenuarono per indicare che era l’ora di dormire, come sempre dopo l’ultimo pasto. Linc si sdraiò sulla cuccetta e sentì che il caldo diminuiva. Durante il periodo del sonno le macchine che producevano calore si spegnevano automaticamente. Ma Linc non aveva voglia di dormire.

Adesso non si chiedeva più: Sarò capace di aggiustarla?, ma: Mi scopriranno?

Rimase immobile a lungo, gli occhi fissi nell’oscurità. Jerlet non voleva che toccassimo le macchine perché eravamo ancora bambini quando ha dovuto lasciarci. Allora c’erano i servomeccanismi che riparavano i guasti. Lui non voleva che ci facessimo del male o che rovinassimo le macchine.

Si alzò lentamente a sedere sulla cuccetta. I servomeccanismi avrebbero dovuto provvedere a mantenere in funzione tutte le macchine, ma anche loro si sono guastati e sono morti. Così adesso non è rimasto nessuno capace di ripararle. Eccetto me.

Andò alla porta e la socchiuse. Anche il corridoio era buio, E silenzioso. Dormivano tutti.

Speriamo bene! si augurò Linc.

Si avviò di buon passo lungo il corridoio dei dormitoli, attraversò la cucina e il refettorio, e arrivò al portello che si apriva sul corridoio principale.

Magda e gli altri si sbagliano quando dicono che non dobbiamo toccare le macchine. Jerlet non si arrabbierebbe se cercassi di aggiustare la pompa.

Ma nonostante che cercasse di rassicurarsi, era tutto appiccicoso di sudore. Facendosi forza spinse il portello e uscì nel corridoio principale della Ruota Viva. In fondo campeggiava il portello che, attraverso il compartimento a tenuta d’aria, portava alla fattoria.

Finora non hai fatto che un’innocua passeggiata, ma se entrerai nel compartimento della fattoria Monel capirà cos’hai in mente.

Ma l’immagine della faccia odiosa di Monel che giocherellava con i pezzetti di plastica e diceva a Magda che come sacerdotessa era un fallimento, gli diede nuovo coraggio e aprì il portello e attraversò il compartimento.

I locali della fattoria erano illuminati a giorno e la sala delle vasche era calda e impregnata del pungente odore dei vegetali che maturavano. Linc socchiuse gli occhi alla luce vivida e lasciò che l’aria tiepida gli scaldasse le ossa. Le vasche si stendevano in lunghe file ordinate, enormi scatoloni cubici di metallo che brillavano alla luce delle lampade. L’unico rumore era il gorgoglio sommesso dei liquidi nutritivi che fluivano nelle vasche. I maiali, i polli e perfino le api dormivano nella zona buia in fondo all’enorme stanzone.

Linc andò subito alla pompa danneggiata. Vista dall’esterno sembrava perfettamente normale: un grosso pezzo di metallo piatto da cui entravano e uscivano dei tubi. Ma era silenziosa. Le piastre metalliche del pavimento, tutt’intorno, erano macchiate come se i liquidi delle vasche fossero traboccati e poi gli addetti le avessero asciugate.

Linc si arrampicò sulla scaletta di metallo che saliva fino all’orlo della vasca più vicina, e ci guardò dentro. Giovani piantine di frumento crescevano sul fondo coperto di ciottoli insieme ad altri vegetali che lui non riuscì a identificare. Sembravano in condizioni normali, ma lui non era un esperto. Stav diceva che le messi sarebbero avvizzite senza i liquidi forniti dalla pompa, e fra un filare e l’altro i ciottoli di plastica del fondo erano asciutti. Le radici affondavano in quel letto di ciottoli sotto cui aspiravano il nutrimento necessario.

Perplesso, Linc scese la scaletta e tornò a guardare la pompa. Avanti, eroe, cosa aspetti ad aggiustarla? Linc si accorse che non sapeva nemmeno come fare per smontare la pompa e guardarci dentro.

Jerlet lo saprebbe. Ma Jerlet non rispondeva mai alle domande di Magda; ripeteva sempre le stesse vecchie parole. Linc si accovacciò per guardare più da vicino la pompa. Era silenziosa, morta. Dietro ad essa, sul muro, c’era uno schermo spento. Nessuno l’aveva mai riattivato dopo che Jerlet li aveva lasciati. Era una macchina che solo Magda avrebbe potuto toccare.

Linc fissò lo schermo pensando: E se chiamassi Jerlet per chiedergli come si fa a riparare la pompa? Se non volesse che la tocchi me lo direbbe. Ma un’altra voce dentro di lui disse: Cosa ti fa credere che Jerlet ti risponderebbe se non risponde mai neanche alla sacerdotessa?

— Se non risponde — mormorò a mezza voce Linc, — vuol dire che non devo toccare la pompa.

Sì, ma per metterti in contatto con lui devi toccare i comandi dello schermo. Anche questo è proibito.

Non sapeva come risolvere il dilemma. Si alzò e andò davanti alla parete su cui campeggiava lo schermo. Sotto, c’era un piccolo ripiano con tre file di bottoni colorati. Ad alcuni mancava la superficie colorata. Ecco dove Monel s’era procurato i dischetti di plastica!

Non c’erano sedie davanti al piccolo ripiano. Linc guardò i bottoni, poi lo schermo, poi di nuovo i bottoni.

— Jerlet non si arrabbierà se lo chiamo — disse fra sé. — E poi, se Monel ha toccato i bottoni, perché non posso farlo anch’io?

Tuttavia mentre allungava la mano verso quello più grosso gli tremavano le dita. Deglutendo a fatica, lo premette.

Lo schermo s’illuminò di una grigia luce perlacea.

Non comparve nessun disegno, nessuna faccia, né si sentivano suoni o rumori. Ma si era illuminato, era vivo!

— Jerlet — balbettò Linc. — Mi senti?

Lo schermo rimase muto. Linc chiamò ancora. Nessuna risposta. In preda all’ansia e all’impazienza si mise allora a premere a caso un pulsante dopo l’altro. Sullo schermo comparvero disegni, luci, colori lampeggianti. Ma non Jerlet.

— Jerlet! Jerlet! Rispondimi, ti prego!

Dopo pochi secondi estenuanti una voce tonante disse: — IL PERSONALE NON AUTORIZZATO HA IL DIVIETO DI SERVIRSI DI QUESTO TERMINALE.

Linc arretrò barcollando. — Ma… Sei Jerlet?

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