Isaac Asimov - Fondazione e Terra

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Un impero grande come l’universo e contenente miliardi di mondi abitati; una forza politica, sociale e scientifica senza precedenti come la disciplina della psicostoria; l’enigma rappresentato dalle Fondazioni gemelle fondate da Hari Seldon per abbreviare il periodo d’interregno quando l’impero galattico fosse crollato… Sono questi, come ognuno sa, gli ingredienti fondamentali della vasta epopea futura che Asimov è venuto arricchendo negli anni, e che descrive il lontanissimo futuro dell’uomo con la stessa suspense di un thriller d’oggi. Ma con Fondazione e Terra siamo a un’importante svolta del ciclo asimoviano: il nostro pianeta entra di nuovo in gioco e sempre più chiare appaiono le mosse decisive di una partita che ha come posta le stelle.

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Isaac Asimov

Fondazione e Terra

Parte prima

Gaia

1. La ricerca inizia

1

Perché l’ho fatto? — chiese Golan Trevize.

Non era una domanda nuova. Da quando era arrivato su Gaia, se l’era rivolta spesso. Si svegliava da un sonno nella piacevole frescura della notte, e si accorgeva che la domanda gli echeggiava silenziosa nella mente, come un lieve martellio: «Perché l’ho fatto? Perché l’ho fatto?»

Adesso, comunque, per la prima volta, riuscì a chiederlo a Dom, l’anziano di Gaia.

Dom era consapevole della tensione di Trevize perché era in grado di percepire la struttura mentale del Consigliere. Non reagì a quella percezione, comunque. Gaia non doveva toccare in alcun modo la mente di Trevize, e il modo migliore per restare immune alla tentazione era ignorare scrupolosamente ciò che percepiva.

— Fatto cosa, Trev? — chiese Dom. Per lui era difficile usare più di una sillaba nel rivolgersi ad una persona, e tanto non importava. Trevize si stava abituando al diminutivo.

— La decisione che ho preso — disse Trevize. — La scelta di Gaia come nostro futuro.

— Hai avuto ragione, decidendo così. — Dom era seduto, ed i suoi vecchi occhi infossati guardavano dal basso con grande serietà l’uomo della Fondazione, che era in piedi.

Tu, dici che ho ragione — disse Trevize spazientito.

— Io/noi/Gaia sappiamo che hai ragione. È per questo che ti riteniamo prezioso. Hai la capacità di prendere la decisione giusta partendo da dati incompleti, ed hai preso la giusta decisione. Hai scelto Gaia! Hai rifiutato sia l’anarchia di un Impero Galattico edificato sulla tecnologia della Prima Fondazione, sia l’anarchia di un Impero Galattico edificato sulla mentalica della Seconda Fondazione. Hai deciso che nessuno dei due avrebbe potuto mantenersi stabile a lungo: dunque hai scelto Gaia.

— Sì — disse Trevize. — Esattamente! Ho scelto Gaia, un superorganismo; un intero pianeta con una mente ed una personalità in comune, che obbliga a ricorrere a un pronome inventato “Io/noi/Gaia” per esprimere l’inesprimibile. — Prese a passeggiare per la stanza irrequieto. — Ed alla fine diventerà Galaxia, un super-superorganismo che abbraccerà tutti gli sciami stellari della Via Lattea.

Si arrestò, si voltò ed aggredì rabbiosamente Dom, dicendo: — Sento di avere ragione, come lo sentite voi, ma voi volete l’avvento di Galaxia, quindi siete soddisfatti della decisione. Invece in me c’è qualcosa che non vuole l’avvento di Galaxia, e per questo motivo non mi accontento di accettare tanto facilmente la correttezza del mio atto. Voglio sapere perché abbia deciso così, voglio soppesare e valutare bene prima di ritenermi soddisfatto. La sensazione di avere ragione non mi basta. Come posso sapere di avere ragione? Qual è il meccanismo che mi guida nel modo giusto?

— Io/noi/Gaia non sappiamo in che modo tu giunga alla decisione giusta. È proprio importante saperlo, dal momento che abbiamo comunque la decisione necessaria?

— Parli per l’intero pianeta, vero? Per la coscienza comune di ogni goccia di rugiada, di ogni sasso, persino del nucleo liquido del pianeta?

— Sì, potresti ottenere la stessa risposta da qualsiasi parte del pianeta in cui l’intensità della coscienza comune sia abbastanza grande.

— E tutta questa coscienza comune si accontenta di usarmi come una scatola nera? Dato che la scatola nera funziona, è superfluo sapere cosa ci sia dentro? A me non sta bene. Non mi piace essere una scatola nera. Voglio sapere cosa ci sia dentro, io. Voglio sapere perché ho scelto Gaia e Galaxia come futuro, altrimenti non potrò tranquillizzarmi e stare in pace.

— Ma perché disprezzi o diffidi tanto della tua decisione?

Trevize respirò a fondo e disse lentamente, con voce vigorosa: — Perché non voglio far parte di un superorganismo, non voglio essere una parte superflua di cui disfarsi quando il superorganismo riterrà che sia un’azione utile per il bene della totalità.

Dom guardò Trevize pensoso. — Vuoi cambiare la tua decisione, allora, Trev? Puoi farlo, lo sai.

— Vorrei tanto cambiarla, ma non posso farlo semplicemente perché è una decisione che non mi piace. Per fare qualcosa adesso, devo sapere se la decisione sia giusta o sbagliata: non basta avere la sensazione che sia giusta.

— Se hai la sensazione di avere ragione, allora hai ragione. — Sempre quella voce lenta e pacata, in netto contrasto con l’agitazione interiore di Trevize, che proprio per questo lo faceva imbestialire ancor di più.

D’un tratto, sottraendosi all’oscillazione insolubile tra sentire e sapere, Trevize mormorò: — Devo trovare la Terra.

— Perché ha qualcosa a che fare con questo tuo travolgente bisogno di sapere?

— Perché è un altro problema che mi assilla in modo insopportabile, e perché ho la sensazione che ci sia un collegamento tra le due cose. Sono o non sono una scatola nera? Sento che ci sia un legame: non è sufficiente perché tu accetti il fatto così com’è?

— Forse — disse Dom, con serenità.

— Sono ormai migliaia di anni, forse ventimila anni, che gli abitanti della Galassia non si interessino della Terra: com’è possibile che abbiamo dimenticato il nostro pianeta d’origine?

— Ventimila anni sono un periodo di tempo molto lungo. Ci sono molti aspetti degli inizi dell’Impero di cui sappiamo pochissimo; molte leggende che sono quasi sicuramente irreali ma che noi continuiamo a ripetere, arrivando addirittura a crederci, perché non abbiamo nulla di valido con cui sostituirle. E la Terra è molto più vecchia dell’Impero.

— Ma esistono certamente dei documenti. Il mio buon amico, Pelorat, raccoglie miti e leggende della Terra, qualsiasi cosa, da qualunque fonte provenga. È la sua professione e, soprattutto, il suo passatempo. Quei miti e quelle leggende sono tutto quello di cui disponiamo. Non esistono documenti veri e propri, né testimonianze concrete.

— Documenti di ventimila anni fa? Le cose si deteriorano, si consumano, vengono distrutte dall’inefficienza o dalla guerra.

— Ma dovrebbero esserci dei documenti: copie, copie delle copie, e copie delle copie delle copie; materiale utile molto più recente di venti millenni. Sono stati sottratti. La Biblioteca Galattica di Trantor doveva avere dei documenti riguardanti la Terra. Di tali documenti si parla in noti trattati storici, ma i documenti non esistono più nella Biblioteca Galattica. I riferimenti ci sono, ma qualsiasi citazione degli originali manca.

— Ricorda che Trantor è stato saccheggiato alcuni secoli fa.

— La Biblioteca è rimasta intatta. Era protetta dal personale della Seconda Fondazione. E sono stati quegli uomini a scoprire recentemente che il materiale collegato alla Terra fosse scomparso: il materiale è stato sottratto di proposito in tempi recenti. Perché? — Trevize smise di passeggiare e fissò Dom. — Se troverò la Terra, scoprirò cosa nasconde…

— Nasconde?

— Nasconde o si nasconde. Quando l’avrò scoperto, ho la sensazione che saprò perché abbia scelto Gaia e Galaxia invece della nostra individualità. Allora, presumo, saprò, non sentirò solo, di avere ragione, e se avrò ragione — Trevize alzò le spalle rassegnato — così sia.

— Se ne sei convinto — disse Dom — e se credi di dover rintracciare la Terra, allora naturalmente noi ti aiuteremo per quanto possibile. È comunque un aiuto limitato. Per esempio, io/noi/Gaia non sappiamo dove possa essere situata la Terra tra la miriade di mondi che costituiscono la Galassia.

— In ogni caso, devo cercare — disse Trevize. — Anche se può sembrare un’impresa disperata, di fronte all’immane spolverio di stelle disseminato nella Galassia, anche a costo di tentare da solo.

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