«In un certo senso, tutto questo non mi sorprende. Ho notato che la contabilità al Collaboratorio non rispetta i criteri federali. Sembra che ci siano state delle irregolarità nei rifornimenti.»
«Oh, ma questo non è che la metà di quello che succede.»
«Davvero?»
«Già.»
Oscar si sporse in avanti sul suo telone ripiegato. «Cosa vuol dire ‘la metà di quello che succede?’»
«Non posso dirglielo» rispose Greta, cingendo le ginocchia con le braccia e assumendo un’aria triste. «Perché non so la ragione per cui vuole saperlo. O cosa farebbe se venisse a conoscenza di queste informazioni.»
«D’accordo» replicò Oscar, raddrizzandosi. «La sua risposta è ragionevole. Lei cerca di essere prudente, come del resto richiedono le circostanze. Sono sicuro che mi comporterei proprio come lei, se fossi nella sua posizione.» Si alzò.
I tubi idraulici erano fatti di un polivinile laminato del colore delle alghe essiccate. Erano stati progettati e fabbricati a Boston proprio per essere inseriti in quella struttura e presentavano la stessa complessità di un puzzle cinese che solo una subroutine dedicata era in grado di comprendere pienamente.
«Ha davvero talento con la malta, ma questi tubi richiedono un lavoro molto serio» la avvertì Oscar. «Non la biasimerei se lei adesso mollasse tutto e se ne andasse.»
«Oh, non c’è problema. Non devo essere in laboratorio prima delle sette.»
«Non dorme mai?»
«No, non dormo molto. Forse tre ore a notte.»
«Che strano… neppure io dormo molto.» Si inginocchiò accanto alla cassa con le forniture idrauliche. La donna gli passò prontamente un paio di forbici che si trovavano lì vicino, porgendogliele dalla parte dell’impugnatura.
«Grazie.» Oscar tagliò in tre punti i nastri da imballaggio di plastica nera. «Sono contento che lei sia venuta qui stanotte. Lavorare da solo a un progetto di gruppo come questo significa praticamente perdere tempo. Ma per me è terapeutico.» Sollevò con forza il coperchio della cassa e lo gettò di lato. «Sa, ho sempre avuto una vita professionale piuttosto difficoltosa.»
«Non è quello che si direbbe consultando il suo curriculum.» Per riscaldarsi, Greta si stringeva le braccia al petto. Il berretto di lana le era scivolato sulla fronte.
«Oh, allora devo supporre che lei abbia fatto qualche ricerca su di me.»
«Sono molto curiosa.» La donna fece una pausa.
«Non ha importanza, è una cosa molto diffusa al giorno d’oggi. Sono stato una celebrità fin da quando ero bambino. Su di me esiste molto materiale, ci sono abituato.» Sorrise con una certa amarezza. «Comunque, non può certo godere appieno della mia deliziosa personalità con qualche ricerca casuale via rete.»
«Se fossero state casuali, adesso non sarei qui.»
Sorpreso, Oscar sollevò lo sguardo. Lei ricambiò lo sguardo con audacia. Era venuta lì apposta. Greta aveva un suo programma; l’aveva trascritto su un foglio di carta millimetrata, in anticipo.
«Lei sa perché io sono qui fuori, nel cuore della notte, dottoressa Penninger? Perché la mia fidanzata mi ha appena lasciato.»
La donna rifletté su quelle parole. Nella sua testa iniziarono a muoversi degli ingranaggi, tanto velocemente che Oscar poté quasi sentire il loro ronzio. «Ma davvero» commentò infine Greta. «È un vero peccato.»
«Ha lasciato la nostra casa a Boston, mi ha mollato. È partita per l’Olanda.»
Sotto l’orlo del berretto di lana, Greta inarcò le sopracciglia. «La sua fidanzata ha disertato per gli olandesi?»
«No, non è così! Ha avuto un incarico lì, è una giornalista politica. Ma è andata via in ogni caso.» Fissò i tubi idraulici. «È stato un brutto colpo, mi ha scosso profondamente.»
La vista di tutte quelle attrezzature da carpentiere e di quelle tubature, così complicate e luccicanti, nel materiale di imballaggio di paglia, provocò in Oscar un improvviso, violento conato di autentica nausea sartriana. Si alzò. «Sa una cosa? È stata tutta colpa mia. Lo ammetto. L’ho trascurata. Avevamo due carriere separate… Lei amava molto quei circoli di intellettuali alla moda della costa orientale, siamo stati una bella coppia finché abbiamo avuto degli interessi comuni…» Si fermò e misurò la reazione della donna. «Ma forse non dovrei opprimerla con queste faccende.»
«Perché no? Posso capire quello che mi sta dicendo. A volte le storie semplicemente non funzionano. Una storia d’amore tra due scienziati… Ci sono poche probabilità che funzioni.» Scosse il capo.
«So che lei non è sposata. Frequenta qualcuno?»
«Niente di stabile. Sono una maniaca del lavoro.»
A Oscar quella notizia parve incoraggiante. Provava una sorta di istintiva complicità nei confronti di tutti coloro che erano ossessivamente ambiziosi. «Mi dica una cosa, Greta. Le sembro una persona inquietante?» Si toccò il petto. «Sono uno che incute timore? Sia sincera.»
«Vuole davvero che sia sincera?»
«Sì.»
«Le persone mi dicono sempre che sono troppo sincera.»
«Non si preoccupi, so incassare bene.»
Greta sollevò il mento. «Sì, lei incute davvero paura. Sono tutti molto sospettosi nei suoi confronti. Nessuno sa cosa vuole veramente da noi, o cosa sta facendo nel nostro laboratorio. Ci aspettiamo tutti il peggio.»
Oscar annuì saggiamente. «Vede, è un problema di percezione. Io vengo ad assistere alle vostre riunioni di consiglio e mi porto dietro un piccolo entourage: ecco che iniziano le chiacchiere. Ma in realtà, io non dovrei incutere affatto paura — perché non sono una persona particolarmente importante. Sono soltanto un membro dello staff del Senato.»
«Sono stata a qualche udienza del Senato. E ho sentito parlare di altre a cui non ho assistito. Le udienze del Senato possono anche essere molto dure.»
Oscar si avvicinò un po’ di più. «D’accordo — sicuro, ogni tanto può capitare che a Washington vengano fatte delle domande scottanti. Ma non sono io a farle. Io mi limito a scrivere rapporti informativi.»
La dottoressa parve tutt’altro che persuasa. «Che ne pensa di quel grosso scandalo dell’aeronautica in Louisiana? Non mi dirà che lei non c’entra nulla?»
«Cosa, quello? Ma si tratta semplicemente di politica! La gente sostiene che io influenzo il senatore, ma è esattamente l’opposto, glielo assicuro. Prima di incontrare Alcott Bambakias, ero soltanto un attivista del consiglio comunale. Il senatore è la mente, l’uomo che ha delle idee e un messaggio da trasmettere, lo ero solo l’organizzatore tecnico della sua campagna.»
«Hmmm. Conosco un sacco di tecnici, però non ne conosco molti che siano multimilionari come lei.»
«Oh, be’, è che… Sì, sono benestante, ma paragonato a quello che ha guadagnato mio padre all’apice del suo successo, oppure al patrimonio del senatore… certamente i soldi non mi mancano, ma non mi definirei straordinariamente ricco. Conosco persone che lo sono davvero, ma io non rientro nel novero.» Oscar estrasse un lungo tubo verde dalla cassa, ne esaminò le curve e gli angoli con aria triste e lo rimise a posto. «Il vento si sta alzando… Non ho più voglia di continuare. Penso che tornerò alla cupola. Forse nel dormitorio qualcuno è ancora in piedi. Magari faremo una partita a poker.»
«Io ho un’auto» rivelò lei.
«Ma davvero.»
«Quando si entra a far parte del consiglio del Collaboratorio, si ha diritto a un’auto di servizio. Perciò sono venuta qui con quella. Se vuole, posso darle un passaggio fino al laboratorio.»
«Mi farebbe molto piacere. Mi lasci solo rimettere a posto la mia roba e spegnere il sistema.» Oscar si tolse il casco e le ginocchiere, si liberò della giacca da lavoro imbottita e rimase lì senza cappello, in maniche di camicia; il vento freddo si intrufolò sotto le sue ascelle bagnate di sudore. Quando ebbe finito, sistemò gli allarmi e si avviò con Greta.
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