Margaret Weis - Ambra e sangue

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La vita sul mondo di Krynn è in rapida evoluzione e persino gli dei ne rimangono sconcertati.
Che dire allora dei mortali?
Di fronte a forze apparentemente invincibili, una piccola ma determinata banda di avventurieri mette in atto un disperato tentativo di arrestare un’invasione.
Mina, enigmatica come sempre, riesce a fuggire dalla sua prigione sottomarina e parte per una ricerca che metterà a dura prova la sua forza di volontà, mentre il male sembra diffondersi inesorabilmente…
Mina scopre la terribile verità su se stessa, il che la conduce quasi alla follia. Il monaco Rhys, affiancato da Atta, la sua cagna, dal kender Nightshade, riceve il rischioso incarico di scortarla in un viaggio verso l’irraggiungibile località nota come Godshome, ove Mina spera di trovare una risposta al mistero che avvolge la sua vita. Ma il sentiero è irto di insidie, dal momento che i nonmorti vogliono eleggere Mina a loro capo, mentre il Cavaliere della Morte Krell è sulle sue tracce, e Galdar la cerca per insegnarla al più odiato dei suoi nemici.

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Majere fece una pausa, come per riacquistare il controllo di sé. Quando parlò, la sua voce era sommessa a causa dell’ira. “È una dea del Bene, ingannata da Takhisis e indotta a servire il Male.”

Majere tacque. Gli altri dei gridarono domande, pretesero risposte. Per tutto il tempo Mina rimase priva di sensi sul parapetto merlato del castello di Chemosh, mentre attorno a lei infuriava quella tempesta fatta di collera e disorientamento, accuse e recriminazioni. Il trambusto era tale che quando Mina si svegliò nessuno se ne accorse. Mina osservò quegli esseri bellissimi, radiosi, tenebrosi e terribili che a lunghi passi percorrevano i cieli, scagliando fulmini e facendo tremare la terra con la loro furia. Mina li udiva urlare il suo nome, ma comprendeva soltanto che tutto questo era colpa sua.

Un ricordo, un ricordo indistinto, di un’epoca trascorsa da un tempo lunghissimo, si destò in Mina e le fece capire una cosa terribile.

Non era previsto che io mi svegliassi.

Mina balzò in piedi e prima che qualcuno potesse fermarla saltò giù dal parapetto e precipitò in silenzio, senza un grido, nel mare in tumulto.

Zeboim strillò e corse al margine del muro per guardare in mezzo alle onde. I venti di tempesta scompigliavano i capelli di spuma marina della Dea del Mare e le facevano ondeggiare la lunga veste verde. Zeboim osservò l’acqua schiumante, ma non vide traccia di Mina. Voltandosi, lanciò un’occhiata arcigna e puntò un dito accusatore contro Chemosh.

“È morta ed è colpa tua!” Con un gesto indicò l’acqua sferzata dalla tempesta. “Tu hai respinto il suo amore. Gli uomini sono così stupidi!”

“Risparmiaci la commedia, Strega del Mare”, mormorò Chemosh. “Mina non è morta. Non può morire. È una dea.”

“Forse non può morire. Ma può comunque ferirsi”, disse a bassa voce Mishakal.

I venti di tempesta cessarono. I fulmini crepitarono e si dissolsero. I tuoni si ripercossero sulle onde e tacquero.

Mishakal, Dea della Guarigione, la Signora Bianca, come era nota adesso su Krynn, per via della sua veste di un bianco puro e dei lunghi capelli candidi, si avvicinò a Majere. Gli tese le mani. Majere le prese le mani e la guardò dispiaciuto negli occhi.

“Lo so che tu tieni fede al voto di proteggere qualcuno che ora non c’è più”, disse Mishakal. “Io ti do il permesso di parlare.”

“Lo sapevo!” ringhiò Sargonnas. Il Dio della Vendetta e Signore delle Tenebre avanzò a lunghi passi. Aveva la testa di un toro e il corpo di un uomo, come tutti i minotauri, la sua razza eletta. “Questo è un complotto ordito dai Benevolenti! Noi vogliamo la verità e subito anche!”

“Sargonnas ha ragione. Il tempo del silenzio è finito”, disse Gilean.

“Parlerò”, disse Majere, “poiché Mishakal me ne ha dato il permesso”.

Eppure non disse nulla, perlomeno non subito. Rimase a guardare giù verso l’acqua che si era richiusa sopra la testa di Mina. Sargonnas ringhiava impaziente, ma Gilean lo zittì.

“Tu hai detto: “E una dea che non sa di essere una dea. E una dea convinta con l’inganno a ritenersi umana”.

“Questo è vero”, rispose Majere.

“E hai detto pure: “È una dea del Bene, ingannata da Takhisis e indotta a servire il Male”.

“E anche questo è vero.” Majere guardò Mishakal, e le rivolse uno dei suoi rari sorrisi.

“La storia di Mina comincia nell’Era della Nascita delle Stelle con la creazione del mondo. A quell’epoca (la prima e l’ultima e l’unica volta nella storia del mondo) tutti noi ci unimmo per usare la nostra potenza allo scopo di creare un miracolo e una meraviglia: questo mondo.”

Gli altri dei rimasero in silenzio, in preda ai ricordi.

“In quell’unico istante di creazione osservammo Reorx impadronirsi del Caos e da questo forgiare un grande globo, separando la luce dalle tenebre, la terra dal mare, i cieli dalla terra, e in quell’istante eravamo una cosa sola. Tutti noi conoscemmo la gioia. Quell’istante di creazione fece nascere un essere: una figlia della luce.”

“Noi non sapevamo nulla di tutto questo!” ringhiò Sargonnas, stupito e incollerito.

“Soltanto tre di noi lo sapevano”, disse Majere. “Paladine, la sua consorte Mishakal e io. La bambina comparve in mezzo a noi, un essere radioso, più bello delle stelle.”

“Avresti dovuto informare me, perlomeno”, disse Gilean, accigliandosi, a Mishakal.

La dea sorrise con tristezza. “Non c’era bisogno di dirlo a nessuno. Sapevamo quello che dovevamo fare. Gli Dei del Male non avrebbero mai permesso a questa nuova, giovane dea della luce di esistere, perché avrebbe sovvertito l’equilibrio. La sola notizia della sua nascita avrebbe causato un tumulto, avrebbe minacciato di distruggere ciò che avevamo creato con tanto amore.”

“Vero”, disse freddamente Zeboim. “Verissimo. Io avrei strangolato quella mocciosa.”

“Paladine e Mishakal mi misero in braccio la dea bambina”, proseguì Majere. “Mi ordinarono di immergerla in un sonno profondo e poi nasconderla in modo che non venisse mai trovata.”

“Come avete potuto sopportare di perderla?” domandò la dolce Chislev, Dea della Natura, rabbrividendo. Il suo aspetto era quello di una giovane donna, graziosa e delicata, con gli occhi dolci da cerbiatta e gli artigli aguzzi da tigre.

“Il nostro dolore era profondo quanto la vastità del tempo”, ammise Mishakal, “ma non avevamo scelta”.

“Io presi la bambina”, disse Majere riprendendo il racconto, “e la condussi nel mare. La trasportai nelle profondità dell’oceano, verso quelle parti che non hanno mai conosciuto la luce solare, e lì la baciai e la cullai dolcemente per farla addormentare. E la lasciai lì, a sonnecchiare dolcemente, senza mai un sogno a turbarne il riposo. E lì sarebbe rimasta in pace fino alla fine dei tempi, ma Takhisis, Regina di Tutti i Colori e di Nessun Colore, trafugò il mondo e insieme con questo anche la bambina”.

“E Takhisis la trovò”, disse Reorx. “Ma come, se era nascosta come affermi tu, Majere?”

“Quando Takhisis trafugò il mondo, pensò compiaciuta di essere l’unica forza divina in questa parte dell’universo. Io non so per certo come venne a sapere dell’esistenza della bambina, ma penso di poter azzardare un’ipotesi basata sulla mia conoscenza della Regina delle Tenebre. Quando trafugò il mondo, rimase pericolosamente indebolita. Si nascose, attendendo il momento opportuno ed escogitando i suoi piani. E quando fu ben riposata e di nuovo forte, uscì dal suo nascondiglio. Ne uscì guardinga, cauta, tastandosi attorno per accertarsi di essere sola in questa parte dell’universo.”

“E scoprì di non esserlo”, disse Morgion, Dio delle Pestilenze, con un sorriso sgradevole.

Majere annuì. “Percepì la forza di un’altra divinità. Posso solo immaginare la sua violenta emozione, la sua furia. Non avrebbe avuto pace finché non avesse trovato questa divinità e stabilito quale genere di minaccia rappresentasse per lei. Poiché la forza divina dentro la bambina brillava come un faro, dubito che Takhisis abbia avuto molte difficoltà nella sua ricerca. Trovò la divinità, e dovette rimanere sbalordita. Infatti non trovò un altro dio in grado di sfidarla. Trovò una dea bambina, innocente, ignara, una dea della luce. E così le venne un’idea…”

“Stupida strega!” imprecò aspramente Chemosh. “Stupida, stupida di una donna! Avrebbe dovuto prevedere quello che sarebbe successo!”

“Bah!” disse Sargonnas. “La Regina delle Tenebre non è mai stata una in grado di guardare più in là del suo muso. Avrà visto soltanto che questa dea bambina poteva esserle utile. Avrebbe tenuto in pugno Mina e l’avrebbe usata per i suoi scopi.”

“E si sarebbe vendicata un’ultima volta degli dei che aveva sempre odiato”, disse Kiri-Jolith, Dio della Guerra Giusta. Il suo aspetto era quello di un cavaliere abbigliato con un’armatura d’argento luccicante.

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