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Margaret Weis: Ambra e sangue

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Margaret Weis Ambra e sangue

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La vita sul mondo di Krynn è in rapida evoluzione e persino gli dei ne rimangono sconcertati. Che dire allora dei mortali? Di fronte a forze apparentemente invincibili, una piccola ma determinata banda di avventurieri mette in atto un disperato tentativo di arrestare un’invasione. Mina, enigmatica come sempre, riesce a fuggire dalla sua prigione sottomarina e parte per una ricerca che metterà a dura prova la sua forza di volontà, mentre il male sembra diffondersi inesorabilmente… Mina scopre la terribile verità su se stessa, il che la conduce quasi alla follia. Il monaco Rhys, affiancato da Atta, la sua cagna, dal kender Nightshade, riceve il rischioso incarico di scortarla in un viaggio verso l’irraggiungibile località nota come Godshome, ove Mina spera di trovare una risposta al mistero che avvolge la sua vita. Ma il sentiero è irto di insidie, dal momento che i nonmorti vogliono eleggere Mina a loro capo, mentre il Cavaliere della Morte Krell è sulle sue tracce, e Galdar la cerca per insegnarla al più odiato dei suoi nemici.

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“Hai sentito?” chiese subito Nightshade. “Sembrava un urlo.”

Rhys non aveva udito nulla tranne il rimbombo dei tuoni, l’ululato del vento e il fragore delle onde. Il kender aveva però dei sensi acuti, e Rhys aveva imparato a non sottovalutarli. Si convinse ulteriormente constatando che anche Atta aveva udito qualcosa. La cagna aveva sollevato la testa e drizzato le orecchie, e guardava attentamente fuori verso la tempesta.

“Aspetta qui”, disse Rhys.

Uscì dalla grotta, e il vento lo investì con una forza tale che perfino rimanere dritto in piedi era difficile.

Il vento gli soffiava via dal volto i lunghi capelli scuri e gli sferzava la veste arancione intorno al corpo sottile. Gli spruzzi salati gli pungevano gli occhi, la sabbia gli lacerava la carne. Schermandosi gli occhi con la mano, Rhys si guardò attorno. I lampi erano quasi ininterrotti. Rhys vedeva le onde nere sovrastate dalla schiuma bianca e le alghe sospinte dal vento lungo la spiaggia deserta: tutto qui. Stava per ritornare al riparo dentro la grotta quando udì un grido, che questa volta risuonò alle sue spalle.

Una raffica di vento investì Nightshade, facendolo barcollare all’indietro di qualche passo e poi scaraventandolo a terra.

Rhys si fece forza contro il vento fortissimo e, abbassando la mano, afferrò il kender e lo rimise in piedi.

“Ti avevo detto di aspettare dentro!” gridò Rhys.

“Pensavo parlassi con Atta!” rispose Nightshade gridando a sua volta. Il kender si girò verso la cagna, che aveva gli orecchi schiacciati contro la testa per via della forza del vento. Agitò il dito verso di lei. “Atta, resta dentro!”

Rhys stava tenendo stretto Nightshade, che cercava di restare in piedi contro vento senza molta fortuna, quando udì il grido.

“Eccolo di nuovo!” urlò Nightshade.

“Sì, ma dove?” ribatté Rhys.

Guardò Atta. La cagna stava in allerta, con gli orecchi in avanti e la coda immobile. Guardava fisso verso il mare.

Il grido giunse di nuovo, acuto e nitido, sovrastando l’ululato del vento. Socchiudendo gli occhi per via degli spruzzi e della sabbia, Rhys scrutò di nuovo nella notte.

“Majere benedetto!” ansimò. “Aspetta qui!” ordinò a Nightshade, il quale non aveva molta scelta, poiché ogni volta che si rialzava veniva di nuovo scaraventato giù dal vento.

Con l’ultimo lampo Rhys aveva visto un bambino, anzi una bambina, a giudicare dalle due lunghe trecce che le ricadevano sul viso, dibattersi immersa fino alla cintola nel mare agitato dal vento. Rhys la perse momentaneamente di vista nell’oscurità e sperò in un altro fulmine. Una cortina di luce bianco-violetta sfolgorò in cielo, ed ecco la bambina che agitava le braccia e gridava per chiamare aiuto. Stava cercando disperatamente di giungere a riva, lottando contro la corrente e i flutti che la trascinavano di nuovo verso il mare aperto.

Rhys lottò contro il vento, asciugandosi gli occhi dagli spruzzi e tenendo lo sguardo fisso sulla bambina, che continuava a sforzarsi di raggiungere la riva. Ci era quasi riuscita, quando un’onda schiumante si schiantò sulla testa della bambina, e questa scomparve. Rhys guardò fisso la schiuma ribollente, sperando che la bambina riemergesse, ma non vide nulla.

Cercò di camminare più velocemente, ma il vento soffiava dal mare e Rhys veniva sospinto indietro di un passo ogni volta che avanzava di due. Rhys proseguì a fatica, continuando a cercare la bambina mentre si sforzava di raggiungere l’acqua. Non vedeva nessuno e cominciava a temere che il mare avesse reclamato la sua vittima, quando all’improvviso vide il corpo della bambina, nero sotto la luce argentea della luna, disteso a riva. La bambina stava a faccia in giù nell’acqua poco profonda, e le lunghe trecce le galleggiavano attorno.

Il vento smise di soffiare di colpo, tanto che Rhys, facendo forza in quella direzione, perse l’equilibrio e cadde in avanti sulla sabbia umida. Si guardò attorno meravigliato. I fulmini crepitando erano svaniti. I tuoni si erano zittiti. Le nubi temporalesche erano scomparse, come risucchiate da un gigantesco respiro. La luce rossa dell’aurora baluginava all’orizzonte. Nel cielo buio sopra la sua testa, le due lune, Lunitari e Solinari, continuavano a restare di guardia.

A Rhys non piacque questa calma improvvisa. Era come essere nell’occhio del ciclone. Anche se la burrasca si era placata e in alto si poteva vedere il cielo azzurro, era come se gli dei stessero aspettando che la coda della tempesta si abbattesse su di lui.

Riprendendosi dalla caduta, Rhys corse lungo la riva umida verso la bambina, che stava distesa immobile nella spuma.

La rigirò sul dorso. La bambina aveva gli occhi chiusi. Non respirava. Rhys rammentava con vivida chiarezza quella volta in cui era quasi annegato dopo essere saltato giù dai dirupi del Bastione della Tempesta. Zeboim allora l’aveva salvato, e lui adesso utilizzò la tecnica della dea per cercare di salvare la bambina. Tirò su e giù le braccia della bambina, continuando a pregare Majere. La bambina emise un colpo di tosse e un rantolo. Sputando acqua di mare, si tirò su a sedere, sempre tossendo.

Rhys le diede delle pacche sulla schiena. La bambina sputò dell’altra acqua di mare e riprese fiato.

“Grazie, signore”, ansimò, e poi svenne.

“Rhys!” Nightshade stava urlando, mentre correva sulla sabbia, con Atta che gli sfrecciava davanti. “L’hai salvata? È morta? Spero di no. Non è strano come è si è placata la tempesta?”

Nightshade arrivò di corsa accanto a Rhys, proprio mentre il sole spuntava all’orizzonte illuminando in pieno il viso della bambina. Il kender strozzò un rantolo in gola e si arrestò slittando. Si fermò lì in piedi con lo sguardo fisso.

“Rhys, tu lo sai chi…” esordì.

“Non è il momento di parlare, Nightshade!” disse bruscamente Rhys.

La bambina aveva le labbra blu e il respiro irregolare. Indossava soltanto un semplice vestitino di cotone, niente scarpe né calze. Rhys doveva trovare il modo di riscaldarla, altrimenti sarebbe morta assiderata. Si alzò in piedi, tenendo fra le braccia la bambina priva di forze.

“La riporto nella grotta. Devo accendere un fuoco per riscaldarla. Tu potresti trovare della legna asciutta dietro le dune…”

“Ma, Rhys, ascolta…”

“Fra un attimo”, disse Rhys, sforzandosi di essere paziente. “Adesso tu devi trovare della legna asciutta. Devo riscaldarla…”

“Rhys, ma guardala!” disse Nightshade, agitandosi accanto a lui. “Non la riconosci? È lei! Mina!”

“Non essere ridicolo…”

“Non lo sono”, disse solennemente Nightshade. “Credimi, magari lo fossi. Lo so che deve sembrare una follia, poiché l’ultima volta che abbiamo visto Mina era adulta e adesso è rimpicciolita, ma io sono piuttosto sicuro che sia lei. Lo so perché quando guardo questa bambina ho la stessa sensazione che avevo quando ho visto per la prima volta Mina. Mi sento triste.”

“Nightshade”, disse stancamente Rhys, “legna da ardere”.

“Se non mi credi”, soggiunse Nightshade, “guarda Atta. Anche lei la riconosce”.

Rhys dovette ammettere che Atta aveva un comportamento strano. Normalmente la cagna sarebbe arrivata da lui saltellando, desiderosa di essere d’aiuto, pronta a leccare la guancia fredda della bambina o a darle colpetti sulla mano priva di forze, rimedi curativi noti e fidati per tutti i cani. Ma Atta si teneva a distanza. Se ne stava ferma sulle zampe rigide, col pelo ritto intorno al collo e il labbro superiore ritratto a scoprire i denti. I suoi occhi marroni, fissi sulla bambina, non erano amichevoli. Atta emise un ringhio cupo, gutturale.

“Atta! Smettila!” la rimproverò Rhys.

Atta smise di ringhiare, ma non allentò il suo atteggiamento difensivo. Fissò Rhys con un’espressione offesa ed esasperata; offesa perché Rhys non si fidava di lei, ed esasperata come se volesse inculcargli un po‘“di buonsenso.

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