Nightshade strisciò fuori dal suo nascondiglio. Non aveva molto tempo. L’incantesimo non sarebbe durato a lungo.
“Aiuto!” urlò, tossendo nel fumo. “Aiutatemi! Ho bisogno di aiuto! Rhys è ferito! Abate! Qualcuno! Chiunque!”
Non venne nessuno. I sacerdoti e l’abate erano fuori in strada, a combattere una battaglia che, a giudicare dai rumori, stava ancora infuriando e si intensificava. Anche l’incendio sembrava propagarsi, poiché la sala era ormai oscurata dal fumo, e il kender vedeva le fiamme innalzarsi rapidamente sopra le cime degli alberi.
Nightshade si impadronì dell’asta ossea. Krell lo fissava furioso dalle orbite dell’elmo e imprecava con veemenza contro di lui. Nightshade cercò un punto carnoso da trapassare con l’asta, ma l’armatura ossea ricopriva ogni pezzetto del corpo dell’uomo. Per disperazione, Nightshade colpì Krell sulla testa munita di elmo. Krell sbatté gli occhi per il colpo, ringhiò una parolaccia e si agitò, cercando di afferrare il kender. Krell era ancora sotto l’effetto dell’incantesimo mistico, però, ed era troppo esausto per muoversi. Ricadde fiaccamente all’indietro.
Nightshade colpì di nuovo alla testa Krell, che gemette. Il kender continuò a colpire Krell finché questi smise di gemere e di muoversi. Avrebbe continuato a colpire Krell sennonché l’asta si ruppe. Nightshade scrutò Krell. Il kender non pensava che il suo nemico fosse morto, ma soltanto stordito e privo di sensi, e questo voleva dire che prima o poi sarebbe rinvenuto e allora sarebbe stato di pessimo umore. Nightshade si inginocchiò accanto a Rhys.
Mina si contorceva a terra, cercando di attirare la sua attenzione, ma il kender sarebbe arrivato da lei in un secondo momento.
“Come hai fatto?” domandò Mina. “Come hai creato quella luce purpurea?”
“Non adesso”, sbottò Nightshade. “Rhys, svegliati!”
Nightshade scrollò l’amico per le spalle, ma Rhys rimaneva disteso immobile. Aveva la pelle cinerea. Nightshade raccolse la bisaccia di Rhys, intendendo usarla come cuscino. Ma quando sollevò la testa del monaco notò sul pavimento una pozza di sangue. Ritrasse la mano. Era ricoperta di sangue. Nightshade conosceva un altro incantesimo mistico con proprietà di guarigione e cercò di richiamarlo alla mente, ma era agitato e sconvolto e non riusciva a ricordare le parole. Continuava a ronzargli in testa la cantilena della luce nera, come una canzone fastidiosa che quando l’hai ascoltata continui a sentirla per quanto ti sforzi di evitarlo.
Sperando che le parole gli venissero in mente in maniera inaspettata se avesse pensato a qualcos’altro, Nightshade si girò verso Atta, che era stesa sul fianco, con gli occhi chiusi. Il kender appoggiò la mano sul petto della cagna e percepì il suo cuore battere forte. Atta sollevò la testa e rotolò su di sé. La coda sbatté contro il pavimento. Nightshade le diede un abbraccio e poi si tirò indietro a sedere sui talloni guardando con dispiacere Rhys e cercando disperatamente di rammentare l’incantesimo di guarigione.
“Nightshade…” esordì Mina.
“Zitta!” le disse Nightshade, con un tono piuttosto feroce. “Rhys è ferito davvero gravemente e io non riesco a ricordarmi l’incantesimo e… ed è tutta colpa tua!”
Mina si mise a piangere. “Queste lamine mi pizzicano! Devi tirarmele via.”
“Tiratele via da sola”, ribatté seccamente Nightshade.
“Non posso!” piagnucolò Mina. Sì che puoi, sei una dea! Nightshade voleva risponderle urlando, ma non lo fece perché ci aveva già provato e non aveva funzionato. Ma poteva esserci un altro modo…
“Certo che non puoi!” disse sdegnoso Nightshade. “Sei un essere umano, e gli esseri umani sono indicibilmente grassi e stupidi. Qualsiasi kender saprebbe farlo. Io potrei divincolarmi da quei legami così!” Fece schioccare le dita. “Ma poiché tu sei umana e per di più una femmina, immagino che tu sia bloccata.”
Mina smise di piangere. Nightshade non aveva idea di che cosa lei stesse facendo, e non gli importava. Era troppo preoccupato per Rhys. Poi a Nightshade parve di udire Krell muoversi o sbuffare, e gli rivolse un’occhiata spaventata, temendo che si svegliasse. Krell continuò a stare lì disteso come un grosso mucchio coperto d’ossa, ma era solo questione di tempo. Il kender scrollò l’amico per le spalle e lo chiamò per nome.
“Rhys”, disse ansioso, “mi senti? Per favore, svegliati!”.
Rhys gemette. Le palpebre gli tremarono, e Nightshade si sentì incoraggiato. Rhys aprì gli occhi. Fece una smorfia e ansimò per il dolore, e gli occhi gli si rovesciarono all’indietro.
“Oh, no!” gridò Nightshade, afferrando la veste di Rhys. “Non svenirmi di nuovo! Resta con me.”
Rhys accennò un sorriso e i suoi occhi rimasero aperti, anche se parevano strani; una pupilla era più grande dell’altra. Sembrava avere difficoltà a mettere a fuoco.
“Come ti senti?” domandò Nightshade.
“Non troppo bene, temo”, rispose fiaccamente Rhys. “Dov’è Mina? Sta bene?”
“Sono qui, Rhys”, rispose Mina con un sussurro.
Nightshade sobbalzò a quel suono, che proveniva da dietro le sue spalle. Il trucco aveva funzionato. Le lamine d’oro erano ancora in posizione, sempre attorcigliate sul pavimento, ma Mina non era più al loro interno.
Era in piedi e guardava giù dispiaciuta verso Rhys. Aveva il viso gonfio di pianto, le guance sudice di lacrime e fuliggine.
“Hai ragione, Nightshade”, disse. “È colpa mia.”
Aveva un’aria tanto spaventata e infelice che Nightshade si sentì peggio che un verme.
“Mina, non intendevo sgridarti…” esordì.
Mina non lo ascoltava. Si inginocchiò e baciò Rhys sulla guancia. “Adesso ti sentirai meglio”, disse sottovoce. “Mi dispiace. Mi dispiace tanto. Ma non dovrai più prenderti cura di me.”
E poi, prima che Nightshade potesse fare o dire alcunché, Mina raccolse la bisaccia con gli oggetti sacri e corse via.
“Mina!” le gridò dietro Nightshade. “Non fare la stupida!”
Mina continuò a correre, e lui la perdette di vista nel fumo.
“Mina!” esclamò Rhys. “Torna indietro!”
Aveva la voce forte. Aveva gli occhi vigili e limpidi e stava riacquistando colore in viso.
“Rhys! Stai meglio!” gridò gioiosamente Nightshade.
Rhys cercò di alzarsi in piedi, ma era ancora legato dalle lamine d’oro magiche e ricadde all’indietro, frustrato.
“Nightshade, devi rincorrere Mina!”
Nightshade rimase lì.
Rhys sospirò. “Amico mio, lo so…”
“Lei sta bene, Rhys!” affermò Nightshade. “L’incendio, i demoni dall’oltretomba, Krell che ti ferisce: è tutta colpa sua. I combattimenti, i morti… anche questo è colpa sua! E io non ti abbandono per correre dietro a lei. Krell si sveglierà da un momento all’altro e anche se la tua testa è guarita tu sei ancora bloccato da queste lamine magiche. E Krell ha detto che ti avrebbe ucciso!”
Rhys alzò lo sguardo verso di lui. “Tu sei l’unico su cui io possa contare, amico mio. L’unico di cui io possa fidarmi. Devi trovare Mina e riportarla qui al tempio. Se io sono… non più qui… l’abate saprà che cosa fare.”
Il labbro inferiore di Nightshade prese a tremare. “Rhys, non farmi…”
Rhys sorrise. “Nightshade, io non ti faccio fare niente. Te lo chiedo… da amico.” Nightshade lo guardò furioso.
“Non è giusto!” disse stizzito. “Va bene, vado.” Agitò il dito verso Rhys. “Ma prima di andare a rincorrere quella monella, trovo qualcuno che ti aiuti! Dopo andrò a cercare Mina. Forse”, soggiunse sottovoce.
Diede una rapida occhiata a Krell, che era ancora privo di sensi, ma probabilmente non lo sarebbe stato ancora a lungo. Una volta esauritosi l’incantesimo, Krell si sarebbe sentito più forte che mai, doppiamente furioso e tre volte più deciso a uccidere Rhys.
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