Atta rispose leccandole la mano, per dimostrarle che tutto era perdonato, poi si distese con la testa sulle zampe a osservare la gru e forse a pensare ansiosamente a quanto sarebbe stato divertente correre dietro a quell’uccello dalle zampe lunghe, abbaiando come una matta.
Rhys quando entrò nella loggia trovò una scena pacifica: Nightshade addormentato; Atta stesa a terra, che sbatteva gli occhi con aria sonnolenta; Mina seduta tranquilla sulla panca. Il monaco posò l’emmide accanto alla panca e sedette vicino a Mina. Lei non lo guardò, ma continuò a osservare la luce solare che scintillava sull’acqua.
“Il tuo abate ti ha detto come trovare Godshome?” domandò.
“Non lo sa”, disse Rhys, “però sa di uno che potrebbe saperlo”.
Pensò che gli avrebbe chiesto il nome di questa persona, ed era indeciso se dirglielo o no. Mina però non glielo domandò, e di questo Rhys si sentì grato, poiché non aveva ancora deciso se andare a cercare il Dio che Cammina.
Mina continuò a starsene seduta tranquilla. Nightshade sospirò nel sonno, passò il braccio sopra la testa e quasi rotolò giù dalla panca. Rhys lo rimise a posto con attenzione. Atta si distese sul fianco e chiuse gli occhi.
Rhys consentì a quel silenzio calmante di filtrargli fin dentro l’anima. Offrì al dio i propri fardelli, i propri affanni, le proprie preoccupazioni e paure. Era con Majere, cercando di raggiungere l’irraggiungibile (la perfezione del dio), quando un urlo squarciò la tranquillità del mattino. Atta balzò in piedi abbaiando. Nightshade rotolò e ruzzolò giù dalla panca.
L’urlo fu seguito da varie grida, tutte provenienti dalla Via dei Templi. Le voci urlavano di collera, di rabbia o di stupore. Rhys udì qualcuno gridare “al fuoco!” e sentì odore di fumo. Quindi giunse il suono di numerose voci cantilenanti (un suono freddo e ultraterreno) e ancora urla e gemiti di paura e terrore, il cozzare dell’acciaio e poi i muggiti irati dei minotauri che invocavano Sargonnas e voci umane che lanciavano grida di battaglia invocando Kiri-Jolith.
L’odore del fumo si fece più intenso, e ora Rhys vedeva orribili pennacchi neri ondeggiare attraverso i giardini del tempio sul retro e cominciare a penetrare fra le colonne. Atta annusò l’aria e starnutì. Le grida di allarme si facevano più forti, avvicinandosi.
I sacerdoti di Majere, strappati alle loro meditazioni, accorrevano da varie parti del tempio o dei giardini dove erano al lavoro. Perfino in questa emergenza, i sacerdoti mantenevano il loro atteggiamento calmo, spostandosi a passo normale senza dare alcuna sensazione di fretta o di panico. Diversi sorrisero e rivolsero un cenno del capo a Rhys, e la loro calma era rassicurante. I sacerdoti si radunarono attorno all’abate, che era uscito dal suo studio. Questi mandò fuori due sacerdoti a vedere che cosa stesse succedendo e tenne gli altri con sé.
Qualunque cosa stesse avvenendo sulla strada fuori del tempio, il luogo più sicuro in cui stare era nelle mani di Majere.
Rhys udiva adesso altre grida e una voce profonda che le sovrastava, urlando ordini.
“Questo è Gerard”, disse Nightshade. Strofinandosi il gomito, scrutò fuori tra le colonne. “Vedete qualcosa? Che succede?”
Un filare di alberi e un’alta siepe che cresceva davanti al tempio ostruiva la visuale verso la strada, ma Rhys vedeva attraverso la copertura del fogliame delle fiamme di un arancione vivido. Nightshade si arrampicò sulla sua panca.
“Un edificio è in fiamme”, riferì. “Non so dire quale. Spero che non sia la taverna”, soggiunse preoccupato. “È la serata di pollo e biscotti.”
“L’incendio è troppo vicino perché sia la taverna”, disse Rhys. “Deve essere uno dei templi.”
Mina si strinse accanto a Rhys, tenendolo per mano. I suoni del vociare e del cozzare di acciaio si facevano più forti. Il fumo era più denso e serrava la gola. I due sacerdoti ritornarono per fare rapporto. Avevano un’espressione austera e parlavano rapidamente. L’abate ascoltò per un attimo, quindi impartì degli ordini. I sacerdoti si dispersero verso le loro celle. Quando ritornarono, portavano bastoni e cantilenavano preghiere a Majere. Muovendosi tutti insieme, uscirono con passo lento e misurato dal tempio, diretti verso quella che dal rumore pareva ormai una battaglia campale in corso sulla strada.
L’abate venne a parlare con Rhys. “Tu e i tuoi amici dovreste rimanere qui all’interno delle nostre mura, fratello. Come sono certo tu possa sentire, vi sono tumulti nella Via dei Templi. Non è prudente avventurarsi fuori.” Un urlo insolitamente forte fece trasalire Mina, che impallidì ed emise un piccolo gemito. L’abate la guardò e la sua espressione austera si intensificò.
“Che sta succedendo, signore?” domandò Nightshade. “Siamo in guerra? La taverna non va a fuoco, vero? È la serata di pollo e biscotti.”
“Sta bruciando il tempio di Sargonnas”, rispose l’abate. “I sacerdoti di Chemosh l’hanno incendiato e adesso stanno attaccando i templi di Mishakal e di Kiri-Jolith. Corre voce che i sacerdoti abbiano evocato demoni dall’oltretomba per farli combattere al loro fianco.”
“Demoni dall’oltretomba!” ripeté emozionato Nightshade. Balzò giù dalla panca. “Dovete scusarmi. Non ho quasi mai l’occasione di parlare con demoni dall’oltretomba. Non avete idea di quanto possano essere interessanti.”
“Nightshade, no…” esordì Rhys.
“Non starò via molto. Voglio solo scambiare due chiacchiere con questi demoni. Non si sa mai, potrei convincerli a redimersi. Torno subito, lo prometto…”
“Atta! Guardia!” ordinò Rhys puntando il dito verso il kender.
La cagna si mise in posizione davanti a Nightshade e lo fissò col suo sguardo intenso. Quando lui si muoveva, si muoveva anche lei. Non gli toglieva mai gli occhi di dosso.
“Rhys! Sono demoni!” piagnucolò Nightshade. “Demoni dall’oltretomba! Non vorrai farmi perdere l’occasione, vero?”
Il fumo si era fatto più denso e si poteva udire lo scoppiettio delle fiamme. Mina prese a tossire.
“Credo che faresti meglio a condurre i tuoi protetti nelle mie stanze, fratello”, disse l’abate. “Lì l’aria è più pulita.”
Un sacerdote raggiunse l’abate e gli parlò con tono concitato. L’abate rivolse a Rhys un sorriso rassicurante, quindi si allontanò col sacerdote. Mina continuava a tossire. A Rhys cominciavano a pizzicare gli occhi. Tizzoni, ceneri e fuliggine piovevano sul giardino esterno alla loggia, innescando piccoli incendi di erba. Rhys raccolse l’emmide. “Venite con me, voi due…”
“Rhys, sinceramente penso che potrei essere d’aiuto contro i demoni”, sostenne Nightshade. “Dipende da quali demoni siano, naturalmente. Ci sono i demoni dell’Abisso e quelli…”
“Mina!” gridò una voce aspra.
Mina si girò nella direzione da cui proveniva la voce e vide emergere dalle spire di fumo una figura temibile che indossava un’armatura d’osso.
“Sono venuto a prenderti”, intonò Krell. “Mi ha mandato Chemosh.”
Rhys capì subito che cosa stesse succedendo. La battaglia in strada, l’incendio appiccato dai sacerdoti di Chemosh: era tutto un diversivo. L’obiettivo era Mina. Sollevò l’emmide e si interpose fra Krell e Mina.
“Nightshade, prendi Mina e scappa!”
Il kender balzò giù dalla panca e afferrò Mina per la mano. Le urla e le grida, il fumo e il fuoco la confondevano e la spaventavano. Mina si aggrappò a Rhys.
Avvinghiata alla veste del monaco, gridò a Krell: “Non vado via!”.
“Mina, dobbiamo scappare”, la sollecitò Nightshade, cercando di staccarla.
Mina scrollò il capo e non fece che stringersi ancora più saldamente a Rhys.
Krell tirò fuori una sfera di ferro decorata con lamine d’oro.
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