Margaret Weis - Ambra e cenere

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La Guerra delle Anime si è finalmente conclusa. La lotta per la supremazia che gli dei hanno combattuto senza esclusione di colpi con le armi della magia ha lasciato il continente di Ansalon nella più completa desolazione e sovvertito i precedenti equilibri di potere. Mina, una misteriosa donna-guerriero, non si rassegna tuttavia alla propria sconfitta e stringe un patto con il diavolo. Mentre un culto satanico si diffonde e minaccia un mondo già fragile e provato, i nostri eroi, un eccentrico monaco e un kender in grado di comunicare con i defunti, si alleano per arginare le forze del maligno.

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«Presumo allora, maestà, che Chemosh tenga in ostaggio lo spirito di vostro figlio affinché voi facciate qualcosa per lui in cambio. Che cosa vuole da voi?»

«Prima di tutto, devo fermare te», spiegò Zeboim. «Chemosh ti trova fastidioso.»

«Non capisco perché», disse amaramente Rhys. «Io non sono una minaccia per lui né è probabile che lo diventi, per come stanno andando le cose.»

«Inoltre, io non devo interferire nelle trame e nei progetti di Chemosh. Non ho idea di quali siano», soggiunse la dea, «ma io non devo fare niente per ostacolarlo».

«Allora Chemosh sta tramando qualcosa...» mormorò Rhys.

«Oh, sì», sibilò Zeboim con uno scatto maligno. «Sta tramando qualcosa di grandioso, di questo puoi starne certo. E qualunque cosa sia, mi teme. Teme che io lo blocchi, cosa che farei!»

«E teme anche me, a quanto pare», soggiunse Rhys.

«Te?» Zeboim rise, poi disse di malavoglia: «Be’, sì, suppongo di sì. Io devo sbarazzarmi di te e del kender, ma non è questo l’importante. L’importante è mio figlio. Io non posso fare niente per aiutarlo. Se appena una goccia di pioggia gli cade sull’elmo, Krell annienterà l’anima di mio figlio. Ma tu, monaco...».

Zeboim gli si avvicinò furtiva. Prendendo le mani di Rhys, lo accarezzò. «Puoi andare al Bastione della Tempesta. Krell non sospetterà di te.»

«Maestà», protestò Rhys, preso alla sprovvista, «io non mi metterei in mezzo a una battaglia fra due divinità...».

«Ci sei già in mezzo», ribatté rabbiosamente Zeboim, spingendolo via. «Chemosh ordina che io mi sbarazzi di te. Secondo te intende dire che devo rispedirti al tuo monastero con una pacca sul sedere e l’ordine di fare il bravo bambino?»

Rhys rimase lì fermo nella cella, con lo sguardo fisso sulla dea.

Zeboim si sistemò le vesti, si lisciò i capelli scarmigliati. «Tu andrai al Bastione della Tempesta. Io ti trasporterò lì via etere, non preoccupartene. Dovrai trovare qualche scusa per la tua presenza lì, in modo che Krell non si insospettisca. Ha meno cervello di un mollusco, per cui non sarà difficile. Forse puoi dirgli che sei stato inviato da me per trattare. Sì, a Krell piacerà. Si annoia facilmente e si diverte a torturare le sue vittime. È un peccato che tu non sia più affascinante, più divertente. A lui piace divertirsi.»

«E come mi suggerite di salvare vostro figlio, maestà, se io dovrò essere torturato e ucciso?» domandò Rhys. «Voi dite che questo Krell è un cavaliere della morte. Ciò significa che la sua potenza è di poco inferiore a quella di un dio...»

Zeboim allontanò con un gesto quella considerazione. «Tu sei al mio servizio. Io ti garantirò tutta la potenza di cui hai bisogno.»

«Finora non l’avete fatto», affermò freddamente Rhys.

La dea gli rivolse un’occhiata irosa. «Lo farò. Non preoccuparti. Quanto a come salvare mio figlio», alzò le spalle, «sta a te. Sei abile, come essere umano. Escogiterai un modo».

Rhys si accasciò sul letto, cercò di organizzare i propri pensieri confusi. Si rivelava difficile, poiché non riusciva a credere di essere coinvolto in quella conversazione.

«Dove tiene Krell vostro figlio? Immagino che vi siano delle segrete...»

«Non è tenuto in una segreta», rispose Zeboim, torcendosi le mani. «Il suo spirito è imprigionato dentro», inspirò fremente, a malapena in grado di parlare per via della collera, «dentro un pezzo del khas!».

«Un pezzo del khas», ripeté Rhys, sbalordito. «Ne siete certa?»

«Naturalmente ne sono certa! L’ho visto! Krell l’ha ostentato davanti a me, si è vantato di giocarci ogni sera.»

«Che pezzo è?»

«Uno dei due cavalieri neri.»

«C’è un modo per distinguerli?»

«Sì», disse con tono aspro, «uno è mio figlio. Gli assomiglia proprio».

«Non avendo mai avuto l’onore di conoscere vostro figlio», azzardò con cautela Rhys, «non so che aspetto abbia. Se poteste dirmi qualcosa di più per procedere...».

«Cavalca un drago azzurro. Ma d’altronde anche l’altro cavalca un drago azzurro. Non lo so!» Zeboim si strappò i capelli con le mani. «Non riesco a pensare! Lasciami sola. Vattene e salvalo... Aspetta un momento. I pezzi sono veri. Cadaveri veri. Rimpiccioliti. Tranne quello che mi raffigura, naturalmente. E il re. Quello è Chemosh.»

Rhys si grattò la fronte. Tutto questo si stava trasformando in un sogno strano e terribile.

«È il concetto di scherzo che ha Chemosh», disse Zeboim a mo’ di spiegazione. «Intende umiliarmi. Guarda, monaco, è una cosa davvero importante. Stiamo perdendo tempo...»

«Mi state chiedendo di imbarcarmi in un’impresa senza speranza, maestà. Qualunque informazione mi diate, per quanto vi paia insignificante, potrebbe essermi utile.»

Zeboim emise un sospiro esasperato. «Molto bene. Provo a ripensarci. La regina e il re bianchi sono elfi. La regina nera è... sono io. Il re nero è Chemosh.» Pronunciò il nome digrignando i denti.

«I due chierici bianchi sono monaci di Majere.» Zeboim inarcò un sopracciglio verso Rhys. «Pensa un po’! I due chierici dalle vesti nere sono nani. I due cavalieri bianchi sono elfi che cavalcano draghi argentei. Le pedine dal lato delle tenebre sono goblin. Le pedine dal lato della luce sono kender. Come ho detto, Chemosh ha creato tutto questo per umiliarmi. Il mio valoroso figlio, che combatte contro esseri quali monaci e kender...»

Vi fu un tonante bussare alla porta. Rimbombò la voce di Gerard: «È ora, fratello».

«Un attimo solo», gridò Rhys. Alzandosi in piedi, si rivolse a Zeboim. «Intendiamoci, maestà. O io vado al Bastione della Tempesta e salvo vostro figlio oppure voi mi uccidete...»

«Lo farò, monaco», disse Zeboim, calma come l’occhio del ciclone. «Non pensare mai che io non lo faccia.»

Avvolgendosi nelle veste scure e sbrindellate, si sedette sul letto e fissò la parete di fronte a lei.

Rhys si chinò accanto a lei, le disse a bassa voce: «Sapete, maestà, la mia morte sarebbe più rapida, più facile, se vi dicessi di uccidermi adesso».

Zeboim alzò su di lui gli occhi verde mare. «Potrebbe esserlo, oppure no. Sì o no, non stai tenendo conto del tuo amico kender, né di tutti quei giovani condannati, come tuo fratello, assassinati in nome di Chemosh. Né di tutte quelle migliaia di marinai a bordo di navi disperse in mezzo ai mari piatti e immobili. Marinai che sicuramente moriranno...»

Gerard picchiò nuovamente alla porta. La chiave sferragliò nella serratura.

Rhys si drizzò. «Capisco, maestà», puntualizzò con la calma di chi può solo stare calmo oppure scoppiare in lacrime.

«Penso che tu possa farcela», disse Zeboim con tono languido. «Fammi sapere la tua decisione.»

«Dove sarete, maestà?»

Stendendosi sul letto, la dea radunò le vesti attorno a sé, si tirò il cappuccio sulla testa e girò il viso verso la parete. «Qui. Dove nessuno può trovarmi.»

«È ora», annunciò Gerard, entrando nella cella. «Com’è andata?» domandò a bassa voce.

«Abbastanza bene», rispose Rhys.

Gerard diede un’occhiata al fagotto di abiti sul letto, poi fece uscire Rhys dalla porta. Se la richiuse dietro le spalle e i due si incamminarono lungo il corridoio. Quando non furono più a portata d’orecchio della prigioniera, Gerard si fermò.

«Che faccio di quella pazza?» domandò a bassa voce. «Devo lasciarla andare?»

Rhys non rispose. In verità, non aveva udito la domanda. Stava pensando a ciò che doveva fare e cercava di escogitare qualche modo per farlo e sopravvivere.

Gerard si passò la mano fra i capelli. «Come se io non avessi già abbastanza guai, adesso qualche terribile maledizione si è abbattuta sul lago di Crystalmir...»

«Che c’è?» chiese Rhys, sobbalzando. «Che succede al lago?»

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