— Guardalo come lavora bene di gambe! — gridò Walsh a Lara. — Mamma mia, com’è bello!
Suonò la campana e Joe tornò all’angolo dove lo aspettava W.F. In quel momento successero tre cose: Walsh balzò in piedi e corse verso l’angolo di Joe; W.F urlò “acqua!”, rivolto a North; e North sollevò tutte e due le mani come un prestigiatore o come una bambina meticolosa che si pulisca le dita sporche sul grembiulino. A quel gesto in ciascuna mano di North apparve un’automatica nera.
Per un momento North rimase in posa, con le due pistole in pugno, come un attore sul palcoscenico, mentre Klamm si gettava a terra e Lara lanciava un urlo. Lui pensò che nessuno dei due avrebbe dovuto aver paura perché North stava puntando le pistole nella sua direzione. I colpi partirono nello stesso momento, assordandolo. Lui si afferrò alle corde, come aveva visto fare a Sawyer qualche minuto prima, fece un balzo maldestro riuscendo comunque a centrare con un piede l’inguine di North.
North barcollò all’indietro mentre da una delle sue pistole partiva un colpo verso l’alto. Joe e Sawyer si erano alzati in piedi nei loro angoli. L’arbitro suonava la campana. Per far riprendere l’incontro, pensò lui, nonostante sul ring ci fosse North.
No, North se la stava squagliando attraverso le corde, impugnando ancora una pistola. Dalla platea gli uomini di Klamm cominciarono a sparare. La pistola di North latrò contro di lui, sputando fiamme e sussultando come un grosso cane rabbioso. Lui vide W.F. scagliare la valigetta bianca e rossa che colpì North a un braccio.
Adesso anche lui aveva in pugno una pistola. La sollevò e fece fuoco. Il lampo quasi lo accecò e il rumore gli fece dolere le orecchie. Con la mascella sanguinante North continuò a colpirlo fino a che lui sentì il naso rompersi con un rumore orribile. Qualcosa gli invase la testa distruggendo quello che c’era dentro. Cercò di respirare, ma sentì in gola il sapore del sangue e sputò. Altro sangue gli scorreva sul viso.
Il pugno guantato di Joe colpì l’orecchio di North e da quel momento North non tentò più di strappargli l’arma di mano. Lui aveva la pistola in pugno ma non sapeva cosa fare… e all’improvviso tutto era finito. Il cadavere di North era disteso sul tappeto, quasi al centro del ring, in mezzo a una pozza rossa che si andava allargando.
— Adesso calmati — gli disse W.F. — ti facciamo un impacco di ghiaccio per fermare l’emorragia.
Scoprì che dietro a lui c’era uno sgabello e si sedette. Voleva dire qualcosa di buffo a proposito di banane e pomodori per scherzare con W.F., ma non riusciva a parlare. Non riusciva a imprigionare dentro sillabe e parole i pensieri che gli saltavano nella mente. Aveva perso i denti e con la lingua esplorava gli spazi vuoti.
Klamm era salito sul ring, faceva segni in direzione della folla e contemporaneamente sussurrava qualcosa ai due pugili che avvicinava a sé con le mani sulle loro spalle. Tutti e due erano più alti di Klamm di una testa.
Poi Joe gli si accovacciò davanti. — Stai bene?
Nonostante l’impacco di ghiaccio lui tentò di annuire.
— Hai avuto fegato. — Le parole gli arrivarono indistinte perché Joe portava ancora il salvadenti.
La campana rintoccò una sola volta; Klamm l’aveva colpita con la cassa del suo vecchio orologio da taschino.
— Adesso devo proprio andare — borbottò Joe. — Ma sei tu il vero campione.
— Stai tranquillo — gli disse W.F.
Klamm disse: — L’incontro… defe continuare così loro dimenticano qvello ke è successo. Qvesto round sarà piuttosto lungo, ja ? È possibile ke alla fine pubblico diventa ancora nervoso. — Klamm non si stava rivolgendo a lui, ma all’arbitro.
Un tipo con la faccia da duro che riconobbe come una delle guardie del corpo di Klamm domandò: — Dove è andata a finire l’altra pistola?
Walsh gliela porse timidamente dalla parte del calcio. — Sono riuscito a sparargli una volta sola — confessò Walsh.
— Fra me e lui c’era sempre qualcuno.
— Meno male che non hai provato una seconda volta.
Walsh annuì. — Non si può mai sapere.
— Lo portiamo all’ospedale — stava dicendo Klamm a W.F. — Lo facciamo federe da un medico. Tu defi occuparti di Joe, ja ?
W.F. gli tolse il ghiaccio e gli cambiò il cotone emostatico nelle narici. La guardia del corpo di Klamm lo aiutò a passare tra le porte. Lui cercò con lo sguardo Lara, ma lei se n’era andata.
— Non è più qvi, Herr K — gli disse Klamm come se lui avesse parlato. Ma non l’aveva fatto perché faceva troppa fatica a parlare. Klamm però aveva capito, Klamm gli aveva letto nel pensiero, o almeno aveva letto nell’espressione del suo viso e notato la direzione del suo sguardo. Per la prima volta lo colpì l’idea che uno non diventa ministro per caso, che quel vecchio dall’aria sonnolenta con i baffi tinti, probabilmente era una persona di grande capacità.
La guardia del corpo gli domandò se riusciva a camminare. — Lui cammina — dichiarò Klamm — è un turo, un Raufbold, ja ?
Il dolore che gli dava il naso fratturato era insopportabile. Si domandò se aveva qualcos’altro di rotto.
Ah, sì! i denti. Ma al confronto non gli facevano poi così male.
Intorno all’arena c’era una marea ondeggiante di parecchie centinaia di uomini. “North è morto!”, “ North è morto!”, “Là dentro hanno appena ammazzato Bill North!”, gridavano da ogni parte. Lui non riusciva a distinguere chi pronunciava quelle parole, perché erano tutti a gridare. Un uomo, all’incirca della sua età, piangeva senza ritegno, le guance olivastre bagnate di lacrime. Le guardie di Klamm tenevano le armi in pugno, uno aveva una strana pistola con un caricatore lungo e ricurvo, forse era una mitraglietta.
Tre automobili nere, una era un’enorme limousine, erano ferme accanto al marciapiede. — Lui fiene con me — disse Klamm a qualcuno. — Non è bisogno ke tu fenga.
Un autista in uniforme, armato di pistola, aprì la portiera posteriore. Klamm entrò per primo e scivolò sull’ampio sedile di pelle per fargli posto. La portiera si richiuse alle sue spalle con un leggero clic.
— Fatti privati, Rudy — disse Klamm, e una spessa lastra di cristallo si alzò dallo schienale del sedile anteriore fino a raggiungere il tetto dell’auto. Un attimo dopo la limousine si staccò dolcemente dal marciapiede. Un’auto nera li precedeva e lui sospettò che l’altra li seguisse, ma non si disturbò a girare la testa per controllare.
— Ha salfato mia fita — disse Klamm. — Se posso, foglio dare premio. Ho soldi e sono importante in qvesto paese.
— No — disse lui cercando di scuotere piano la testa.
Dall’interno della tasca sentì Tina che diceva: — Ha bisogno del tuo aiuto, papà.
— Allora lo afrà. Qvalsiasi cosa.
Lui disse: — Voglio ritrovare Laura.
Il vecchio sospirò: — È qvello ke vogliamo tutti, Herr K.
— Lara è sua figlia… la sua figliastra.
— È una donna adulta la mia figliastra. Fa qvello ke fuole. Qvalche folta mi dice, perché mi fuole bene, ma qvasi sempre no. Se posso io l’aiuto, ma non posso dire il suo appartamento è qvi o il suo albergo.
— No — disse lui. — Non è giusto.
— Ke fuol dire, Herr K? — Klamm si appoggiò in un angolo del sedile fissandolo con occhi sempre più assonnati.
— Laura dice di essere la sua figlistra e anche lei dice che lo è. Ma non può essere vero, e lei lo sa. Lei è la dea.
Klamm spalancò un occhio. — Lei ha detto qvesto?
Lui cercò di ricordare. — Lo avevo immaginato e lei lo ha ammesso. Lei sa che io so.
— Sì, Herr K, è la dea.
Lui capì e non si rendeva conto del perché non avesse capito prima. — Allora lei è il suo amante… uno dei suoi amanti. O lo è stato.
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