Gene Wolfe - Dimensioni proibite

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Potrebbe capitare a ognuno di noi: fare un passo falso, inciampare in quello che sembrava un sasso (ma non lo era), scivolare oltre una soglia invisibile o molto ben nascosta e trovarci in un mondo sconosciuto, completamente diverso dal nostro. Ci sono porte che si spalancano fra le dimensioni, e alcune — come si accorgerà il protagonista di questo romanzo — sono dimensioni proibite. Ma se dall’altra parte incontrassimo un personaggio straordinario, una donna dotata di poteri stupefacenti, un essere di cui non possiamo più fare a meno? Ci mettererrimo alla ricerca di lei a ogni costo, rischieremmo la vita per trovarla e scoprire il suo segreto. Ma cosa ci aspetterebbe alla fine dell’awentura? È pericoloso scherzare con i mondi altrui: non si sa mai quello che può succedere…

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— L’hai già fatto una volta.

Lui scosse la testa. — Allora eri irreale come lo sei adesso. Avevi cambiato il tuo aspetto, solo un po’; dicevi di chiamarti Lara Morgan e hai fatto in modo che ti incontrassi nel parco. Ma su una cosa hai ragione: io non volevo ammettere di essere in cura da uno psichiatra, non volevo ammetterlo nemmeno con me stesso. Ero convinto che un tipo simile non fosse adatto a te.

“Anche il posto in cui mi sono trovato quando ho attraversato la porta era reale. Ho incontrato persone reali, ho mangiato del vero cibo e ho comprato questa bambola. Ho perfino conosciuto un uomo che veniva dal nostro mondo e che un tempo aveva lavorato per Nixon.

Lora cercò di prendere Tina, ma lui la tirò indietro. — Pensi che voglia romperla — disse Lora. Era un’affermazione, non una domanda.

Lui annuì.

— Se uscissi di qui e seguissi la strada fino a un negozio di giocattoli, potresti comprarne una…

Mamma Capini si fermò tutta sorridente al loro tavolo. — Ehi, voi due! Siete tornati insieme? Bene, bene.

— Io sì, sono tornato — le disse lui. — Adesso sto cercando di far tornare Lara insieme a me.

— Avete già ordinato?

Lui scosse la testa.

— Prendete i frutti di mare. Oggi sono proprio buoni.

— Va bene — disse lui.

— Lo dico io alla cameriera. — Mamma Capini si allontanò impettita.

Lora disse: — Si ricorda ancora di me. Sono passati anni.

— Tu non sei cambiata molto. E poi chi ti può dimenticare? Io non ho comprato Tina perché temevo di dimenticarti. Sapevo che ti avrei ricordato sempre. L’ho comprata perché volevo possedere una piccola parte di te. Se non si può avere una persona, si desidera avere almeno la sua immagine, e tu sei stata la modella a cui si sono ispirati per fabbricare Tina. Ne sono sicuro.

Lei cominciò a protestare, ma lui la zittì con un gesto. — Va bene, è solo un caso se Tina ti somiglia come una goccia d’acqua. Non litighiamo per questo. Comunque… una persona che io consideravo un’arpia, mi ha mandato lo scrittoio perché aveva capito quanto ci tenessi. Così ho scoperto che in fondo è una santa.

— Qualche volta succede il contrario — gli disse Lora.

Lui annuì ancora. — Vuoi dire che io penso che tu sia un angelo, ma che in realtà sei un demonio, un angelo caduto? Va bene, ti seguirò all’inferno se è lì che stai andando.

Rimase in silenzio, pensieroso, ma Lora non disse una parola.

— C’è un arazzo vittoriano… la scena mostra un cavaliere e una dama. Lo sfondo dietro il cavaliere è il solito, un mucchio d’erba e alcuni alberi; ma dietro alla dama, il paesaggio è davvero isolito. È la rappresentazione di un poema, La belle dame sans merci , di John Keats. Quella dama sei tu, vero? Mi è venuto in mente solo ora, perché quella dama non ti somiglia molto. Non credo che Keats ti abbia veramente visto. Forse si è ispirato a qualche antica leggenda, o forse no.

Lora sorrise. — Questo mi piace di più della bambola parlante. Ho sempre desiderato apparire su un arazzo.

— Vieni al negozio e te lo faccio vedere. Comunque… lo scrittoio era imballato in una cassa di legno. Penso che la signora abbia incaricato una società di spedizioni, perché sembrava un lavoro da professionisti.

Lora annuì.

— Non sapevo cosa contenesse e ho avuto un po’ di difficoltà ad aprirla. Quando sono riuscito a togliere la prima assicella, ho mandato dentro Tina per vedere cosa ci fosse.

— Tu ne sei proprio convinto, vero? — Con un gesto impaziente della testa, Lora buttò indietro i suoi lucenti capelli castani. — Sei davvero convinto che quella bambola sappia camminare e parlare?

— Non è poi una cosa così strana — disse lui. — Da principio pensavo addirittura di essere io, come per magia. La Meravigliosa Tina , così si è chiamata una volta. Nel Reparto Fai Da Te vendono un piccolo robot che ci si può costruire da soli e mi hanno detto che l’aviazione ha certi aeroplani che possono volare, combattere, tornare alla base e atterrare anche in caso di morte del pilota. Io non saprei costruire una bambola del genere e non conosco nessuno che saprebbe farlo, ma può esserci qualcuno che ne è capace… se ci si mette.

Tina stava a faccia in giù sul tavolo, accanto al suo gomito. Mentre parlava, lui aveva preso la saliera e ci giocherellava passandosela da una mano all’altra. La cameriera portò i frutti di mare.

— Tina non veniva più fuori. Ho spaccato la cassa e ho guardato dappertutto, ma non sono riuscito a trovarla. Finalmente ho scoperto che c’era uno scomparto segreto nello scrittoio… non credo che la signora che me lo ha regalato lo sapesse… l’ho aperto, e Tina era là dentro, ma non parlava e non camminava più. Era così. — La indicò con una mano.

Lora, che stava mangiando la sua pasta con i frutti di mare, annuì con aria scettica.

— Forse non ti ho detto che Tina era così anche quando l’ho comprata. Il commesso mi ha detto cosa dovevo fare per farla funzionare, ma io non gli ho prestato molta attenzione. — Rimase un attimo in silenzio. — Ma avrei dovuto starlo a sentire, perché anche a me succedeva molto spesso, quando vendevo personal computer e periferiche, di spiegare qualcosa al cliente e vedere puntualmente che il giorno dopo quello tornava al negozio per chiedermi la stessa cosa. Comunque… mi domandavo che cosa le fosse successo e poi ho capito. Un giocattolo, meccanico non è sempre in funzione. Quando un bambino non ci gioca, viene spento. Se è un giocattolo a molla, non c’è nemmeno bisogno di spegnerlo, si scarica da solo. Non ti starò a raccontare come l’ho fatta funzionare la prima volta, ma è stato per caso.

Lora si asciugò la bocca col tovagliolo. — E così, non puoi più farla funzionare!

Lui scosse la testa. — Già. Sono troppo felice di averti ritrovato e so che mi porterai con te.

— Non capisco cosa intendi dire. Può darsi che ci vedremo ancora e può darsi di no.

Lui annuì. — Tina mi aveva detto che le piaceva il tè e così io gliel’ho preparato. Me l’ha detto solo quella volta e dopo me ne sono dimenticato. Quando l’ho vista lì, immobile nello scomparto, ho capito. Lei lo dice al bambino una volta sola e il bambino la fa funzionare fino a quando ha voglia di giocare con lei. Se lui non vuole più giocare, la bambola si mette da parte, così la mamma del bambino non deve preoccuparsi di rimetterla a posto. In breve tempo la bambola si scarica, o meglio, si riposa; in questo modo non si rompe mai e non si consuma. Anch’io in quel momento non avevo più tanto interesse per Tina, perché ogni mio pensiero era rivolto a te e alla cassa.

Bevve un sorso di vino. Lora disse: — E tu ti aspetti che io ci creda.

— Sono sicuro di sì, tu sai tutto su questi giocattoli, anzi, sono convinto che tu sappia più di me. Quello che mi aspetto veramente è che tu lo ammetta. Lo farai quando ti renderai conto che è inutile continuare a comportarti come stai facendo adesso. — Appoggiò il bicchiere sul tavolo e prese la saliera. — Insomma, Tina si comporta così. Tutte le volte che io non mi interesso a lei, si mette da parte. Se c’è un posto che le piace, lo chiama la sua fortezza segreta. Ieri si è nascosta in quello scomparto segreto.

Svitò il tappo della saliera, versò il sale nell’acqua ghiacciata e lo mescolò con un cucchiaio. Quando vide che il sale si era quasi del tutto sciolto, bagnò le dita nell’acqua e spruzzò Tina. — Quando è già in funzione può bere da sola — disse a Lora. — tè o acqua con un po’ di sale. Se invece è a riposo, bisogna fare così. È un elettrolito. Non fare finta di essere sorpresa.

Una goccia d’acqua cadde sul viso di Tina che si mise a sedere sul tavolo. — Ciao, sono Tina. — Batté varie volte i suoi grandi occhi nocciola prima di metterli a fuoco su Lora.

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