Patricia McKillip - La maga di Eld

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Molte sono le leggende nate intorno alle buie foreste che ricoprono il misterioso monte Eld, e sempre vengono sussurrate con un filo di voce. Si narra che il possente mago Heald abbia avuto un solo figlio, l’ombroso Myk con un occhio grigio e un occhio nero, e che sul monte Eld il figlio del mago abbia attirato a sé dai quattro angoli del mondo creature leggendarie: l’orso Cyrin, che risponde a tutti gli enigmi tranne uno, il drago Gyld, intento a custodire il suo incredibile tesoro, e il cigno nero di Terleth. Si narra anche che il figlio di Myk, il cupo Ogam, abbia continuato la collezione chiamando a sé il mortale falco Ter e il magico gatto nero Moriah, artefice di sottili incantesimi… Ma oggi sotto la cupola di cristallo nascosta sul monte Eld vive la figlia di Ogam, la bellissima vergine maga Sybel, e i suoi tentativi per attirare Liralen, l’ultimo animale magico del mondo che ancora manca alla sua collezione, sono interrotti dall’arrivo di un cavaliere che chiede asilo per il figlio di un re spodestato. Il mondo degli uomini chiede l’aiuto della maga di Eld, e forse dei suoi animali.

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“La seconda moglie di Drede è morta senza dargli dei maschi; lui sta invecchiando, desidera disperatamente un erede, e la vecchia è venuta a sapere che il bambino era vivo, ma che non era con noi nel Sirle.

“Perciò, recentemente si è decisa a dire a Drede la verità, dandogli una fragile speranza. Sa che un tempo una donna della famiglia di Rianna sposò un mago che abitava sotto la vetta del Monte Eld, dove pochi uomini osano recarsi.

“Che cosa farete, quando verrà a cercare suo figlio?”

Lei cambiò posizione sulla sedia; si sentiva profondamente turbata.

— La cosa non vi riguarda — disse.

— Drede è un uomo duro e ostinato — disse Coren. — Da tempo ha dimenticato che cosa sia l’amore. A Mondor ha pronta per Tamlorn un’intera serie di gelide stanze, in una casa piena di uomini impauriti e sospettosi.

— So come tenere Drede lontano dalla mia casa — mormorò lei.

— E come terrete lontano dal cuore di Tamlorn il pensiero di Drede? In un modo o nell’altro, Sybel, il mondo riuscirà ad arrivare fino a lui.

Lei trasse un profondo respiro, poi esalò lentamente l’aria.

— Perché siete venuto a portarmi queste notizie? — gli chiese. — Mi avete ordinato di amare Tamlorn, e così ho fatto. Ma adesso mi dite che devo smettere di amarlo.

“Ebbene, io non intendo smettere, né per Rok, né per Drede, né per venire incontro al vostro odio. Dovrete coltivare il vostro odio da qualche altra parte, e non nella mia casa, sul letto stesso di Ogam.”

Come risposta, Coren fece un piccolo gesto con la mano, per indicare che ormai le cose esulavano dal suo potere.

— Allora — disse — dovrete controllare attentamente il ragazzo, perché non sono l’unico a cercarlo. Fin dall’inizio ho detto a Rok che voi non sareste stata disposta a seguirmi, ma lui mi ha voluto mandare ugualmente. Ho fatto quello che potevo.

La fissò negli occhi e disse ancora:

— Mi spiace che non siate disposta a venire nel Sirle.

— Ne sono certa.

— E mi spiace, anche, di avervi dato un dolore. Mi perdonate?

— No.

— Oh — disse Coren, cercando di muoversi; spostò le mani, senza ragione.

In tono più gentile, lei allora gli disse:

— Cercate di riposare. Voglio che ritorniate dai vostri fratelli il più presto possibile.

Si chinò su di lui per controllare le bende che gli aveva messo sulla schiena, ma lui si voltò, con gli occhi lucenti, tremante per il dolore, e alzò la mano per accarezzarle il viso, sfiorandolo lentamente con le dita.

— Bianca come la fiamma… — disse. — Nessuno dei sette Principi del Sirle ha mai posato lo sguardo su una come voi. Neppure Norrel, allorché vide per la prima volta la Regina di Eldwold avanzare verso di lui tra gli alberi del suo giardino fiorito… Bianca come il baleno dello sguardo del Liralen, che per ali ha la luna…

Sybel si fermò.

— Coren del Sirle — disse, pensosa — avete guardato il Liralen negli occhi, per sapere che colore hanno?

— Ve l’ho detto: sono saggio — rispose lui.

Poi il suo sorriso lasciò il posto a una smorfia di dolore, e Sybel vide che serrava i denti. Coren smise bruscamente di accarezzarle la guancia; strinse il pugno. Lei gli diede da bere qualche sorso di vino e gli bagnò la fronte, poi applicò di nuovo sulle ferite il balsamo preparato da Maelga e cambiò le bende. Alla fine, Coren si addormentò e anche le rughe di dolore sparirono dalla sua faccia.

Li lasciò poco dopo la caduta della prima neve dal cielo invernale, bianco e chiarissimo. Sybel chiamò il suo cavallo, che si era allontanato tra le rocce, e Maelga gli donò una calda veste di pelle di pecora da indossare durante il viaggio. Anche gli animali si riunirono per vederlo partire; lui rivolse loro un inchino un po’ rigido, e montò a cavallo.

— Addio, Falco Ter, Signore dell’Aria; Gatta Moriah, Signora della Notte; Cinghiale Cyrin, Custode della Sapienza, che riuscì a confondere i tre sapienti della corte del Sire di Dorn.

Si guardò attorno, scrutando ogni angolo del cortile.

— Dov’è Tamlorn? — chiese. — Ci siamo parlati poco, ma pensavo che fossimo amici.

— Vi siete sbagliato — disse Sybel, e lui si voltò subito verso la donna.

— Anche lui ha paura dei propri desideri, come voi?

— Questo — rispose Sybel — non verrete mai a saperlo.

Strinse la mano che lui, dalla sella, le porgeva. Invece di lasciarle le dita, Coren gliele tenne ferme per qualche istante.

— Sareste in grado di chiamare a voi un uomo? — le chiese.

— Sì, se me ne venisse il desiderio — disse lei, sorpresa. — Ma non l’ho mai fatto.

— Allora, quando qualcuno salirà quassù e voi avrete paura, chiamate me. Io verrò. Lascerò ogni altra cosa e verrò immediatamente da voi. Lo farete?

— Non vedo come possa succedere qualcosa di simile — disse lei. — Sapete che non intendo muovere un dito per voi. Perché dovreste partire dal Sirle e venire fin qui per aiutarmi?

Lui la fissò senza parlare. Poi alzò le spalle, e qualche fiocco di neve gli cadde dai capelli biondi.

— Non lo so — disse. — Perché sì. Allora, lo farete?

— Se avrò bisogno di voi, vi chiamerò.

Sorridendo, lui le lasciò la mano.

— E io verrò — disse.

— Ma io, probabilmente, non avrò mai occasione di chiamarvi — lo avvisò lei. — Comunque, se decidessi di avervi qui, vi chiamerei e voi dovreste venire in qualsiasi caso, volente o nolente.

Coren sospirò. Disse, in tono di somma pazienza:

— Io verrei di mia volontà. La cosa è diversa.

— Lo è davvero? — chiese lei.

Poi, sul suo volto si disegnò un leggero sorriso.

— Tornate a casa, nel vostro mondo dei viventi — gli disse. — Il vostro posto è laggiù. Io sono in grado di badare a me stessa.

— Può darsi.

Prese in mano le redini e girò il cavallo in direzione della strada che scendeva verso Mondor. Poi si volse indietro ancora una volta, a fissarla con il suo sguardo chiaro come limpida acqua di sorgente.

— Un giorno — l’ammonì — scoprirete che è bello avere qualcuno che è lieto di venire, quando lo chiamate.

3

L’inverno li rinserrò nella sua stretta gelida e spietata. Grandi masse di neve si accumularono contro la casa e il lago del cigno si congelò fino a far credere che la faccia cristallina della luna fosse scesa laggiù, in mezzo alla neve. Alle finestre della bianca sala di marmo si formarono grandi sbarre di ghiaccio, altre scesero davanti alle porte, come file di lacrime congelate.

Gli animali si aggiravano liberamente nel tepore che regnava all’interno della casa, o si trovavano qualche angolo buio e silenzioso dove riposare. Il Drago dormiva raggomitolato sul proprio oro; la nera Gatta Moriah passava lunghe ore accanto al fuoco, cupe e sonnolente, perduta nei suoi sogni a occhi aperti.

Sybel lavorava nella sala della cupola di cristallo: leggeva e mandava il suo richiamo nel cielo buio, o punteggiato di stelle o permeato del colore della luna. Per attirare a sé il Liralen.

Il suo richiamo penetrante esplorava non soltanto l’intera superficie dell’Eldwold, ma si spingeva a sud nei deserti, a est nella Palude di Fyrbolg, a nord nella Foresta di Mirkon e nelle terre silenziose e inesplorate dei laghi, al di là del ricco territorio dei Signori di Niccon, nell’Eldwold settentrionale.

Ma le rispondeva soltanto il silenzio, e lei, con infinita pazienza, lanciava il suo richiamo ancora una volta.

Quanto a Tamlorn, il ragazzo attraversava l’inverno come se quella stagione non esistesse: trascorreva intere giornate nelle casupole di pietra dei pastori, celate nelle balze del Monte, o steso accanto al Leone Gules, con una mano sul suo collo e lo sguardo perduto a rimirare il fuoco, oppure andando a caccia con il Falco Ter sul pugno.

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