Tim Powers - Mari stregati

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Una fantasy orrorifica con i pirati, uno spadaccino voodoo? Chi potrebbe mai mescolare il mondo del pirata Barbanera con la magia nera se non Timothy Powers, il creatore di Le Porte di Anubis, l’autore più originale e geniale prodotto dal mondo fantascientifico e fantastico negli ultimi decenni. Lo scenario di questo eccezionale romanzo è il Mar dei Caraibi del 1718, periodo di grandi cambiamenti per i pirati, un tempo strumento dell’Impero Britannico, libera forza mercenaria che non riveste più nessuno scopo strategico per gli inglesi. È su questo scenario in evoluzione che compare il giovane John Chandagnac, ex burattinaio orfano alla ricerca di vendetta su uno zio malvagio. Ciurme di Zombie, magia nera, riti voodoo, giungle infestate da spettri: fra mille pericoli il protagonista inizierà una sorta di viaggio iniziatico che lo porterà in un luogo ignoto al di là del tempo e dello spazio, in un luogo mitico e terribile dove si cela la vagheggiata fonte della vita eterna. Partito per vendicarsi di un torto subito, Chandagnac andrà incontro al suo destino e troverà a sbarrargli la strada nientemeno che… il pirata Barbanera!

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Il venerdì pomeriggio il cuoco stava spingendo una barca coi remi su per il porto dalla profonda insenatura dov’era il Carmichael; la nave adesso era stata riportata nella sua normale posizione eretta, ed era stata spinta quasi completamente in acqua. Mentre la osservava retrocedere, con le braccia muscolose e abbronzate che tiravano su i remi e spingevano in avanti la barca, Jack Shandy vide le impalcature, sezione dopo sezione, spezzate a colpi d’ascia e staccate dalla scafo, precipitare roteando nel mare.

Prima della fine del mese, si disse, dovrei essere in grado di recarmi a Kingston e a chiarire la situazione del mio credito; dopodiché, m’imbarcherò per Port-au-Prince e farò una visita alla… tenuta di famiglia.

Ora che aveva visto i colori di quei cieli occidentali e i mari e le isole, non si sentiva più disorientato dal disegno che aveva visto nella lettera che il suo avvocato aveva trovato; gli ampi porticati e le finestre di casa Chandagnac a Port-au-Prince, coi palmizi ondeggianti e le gigantesche felci arboree sullo sfondo e i pappagalli disegnati in volo, ora sembravano molto più raggiungibili, molto meno simili a un disegno di immaginarie dimore sulla luna.

Dopo la morte del vecchio François Chandagnac, suo padre, l’avvocato di John aveva localizzato un cugino fino a quel momento ignoto di Chandagnac a Bayonne, e questo cugino aveva fatto pervenire loro una raccolta di lettere di una zia di Haiti, dove John aveva sempre saputo, in modo vago, di avere un nonno e uno zio. Quelle lettere, e poi un mucchio di costose ricerche negli oscuri labirinti di atti notarili, rinunce ai diritti, omologazioni e certificazioni di nascite e morti, avevano finalmente portato alla luce l’informazione che aveva indotto John Chandagnac a rompere il fidanzamento con la figlia di un ricco mercante di carbone, a rinunciare alla sua posizione nel laboratorio tessile e a prenotare un posto a bordo dello Strepitoso Carmichael per l’altro lato del globo: John apprese che suo nonno ad Haiti aveva, nel suo testamento, lasciato la casa, la piantagione di canna da zucchero e una considerevole fortuna al suo primo figlio Francis, padre di John, ed era poi morto nel 1703; e che il giovane fratellastro di François, Sebastian, residente anch’egli ad Haiti, aveva presentato dei documenti fasulli che dichiaravano che François era morto.

Sulla base di questa frode, Sebastian aveva ereditato la tenuta… e il padre di John Chandagnac, senza neppure venire a conoscenza dell’eredità, aveva continuato a rappresentare i suoi spettacoli di marionette, in sempre crescente povertà e cattiva salute, fino a quella ultima notte in solitudine a Bruxelles nell’inverno del 1714. Suo zio, in effetti, aveva ucciso suo padre e lo aveva rapinato.

Jack Shandy socchiuse gli occhi, e spinse con maggiore forza sui remi come se questo avesse potuto condurlo più rapidamente alla presenza dello zio, mentre ricordava la conversazione avuta con la proprietaria della squallida pensione in cui suo padre era morto. Chandagnac vi si era recato non appena aveva saputo della morte del padre, e aveva spinto la donna, con l’aiuto un bel po’ di sciropposo gin Olandese, a focalizzare la di lei scarsa concentrazione sul vecchio marionettista il cui corpo era stato trasportato giù per le scale quattro giorni prima. Finalmente la donna aveva rammentato l’incidente. «Ah, oui,» aveva detto, sorridendo e annuendo, «oui. C’etait impossible de savoir ci c’etait le froid ou la faim.» Suo padre era morto per congelamento o per inedia, e non c’era stato nessuno a constatare quale morte lo avesse colto per prima.

Jack Shandy non aveva un vero piano, né un’idea ben precisa di cosa avrebbe fatto quando fosse giunto a Port-au-Prince — sebbene avesse portato il certificato di morte di suo padre per mostrarlo alle autorità francesi di Haiti — ma il suo avvocato gli aveva detto che sarebbe stato virtualmente impossibile far valere le proprie rivendicazioni in un paese situato in un altro emisfero, quindi lo stava portando dove suo zio Sabastian viveva. Poteva solo immaginare in quali problemi si sarebbe imbattuto: difficoltà di rivolgere accuse precise in qualità di straniero, di assumere un avvocato residente nel luogo, di accertare con precisione quali leggi locali — se ve n’erano! — fossero state violate… Lui sapeva, semplicemente, che avrebbe dovuto confrontarsi con lo zio, lasciare che l’uomo sapesse che il suo crimine era stato scoperto, e che aveva condotto alla morte il fratello ingannato…

Shandy tirò i remi in barca, e osservò i lunghi muscoli flettersi nelle sue braccia e nelle gambe rinvigorite, e si permise un sinistro sorriso. In aggiunta a un cannone extra, alla polvere e ai proiettili, a bordo del Carmichael era stato caricato un intero apparato magico — gli strumenti del vodun, o vudù — unitamente a un grande specchio che serviva per una particolare procedura magica; un’altra ciurma pirata ne aveva recuperati diversi, e ne aveva venduto uno a Woefully Fat, il bocor di Davies, e a Shandy era stato affidato l’incarico di trasportare a bordo quella cosa. Durante l’operazione gli era capitato di trovarsi di fronte allo specchio… e per un attimo non si era davvero riconosciuto, e aveva pensato che stava guardando uno dei pirati al di là del vetro.

Le settimane di lavoro per rimettere in efficienza il Carmichael gli avevano allargato le spalle, stretto la vita e donato un paio di nuove cicatrici sulle mani, e lui aveva realizzato che avrebbe dovuto smettere di pensare a se stesso come sbarbato e ammettere di possedere una barba — scolorita dal sole in bionde strisce irregolari, come i capelli, che per comodità adesso portava tirati all’indietro in un codino incatramato — ma era la scura abbronzatura color sigaro, acquisita durante settimane di lavoro a torso nudo sotto il sole tropicale, che realmente lo rendeva indistinguibile dagli uomini selvaggi intorno a lui.

Già, pensò, sguscerò nella tenuta rapinata da Zio Sebastian e poi, quando lui se ne andrà in giro, per scacciare i bracconieri dalla piantagione o fare qualsiasi cosa facciano i benestanti di queste pani, balzerò in piedi, terribile, e lo minaccerò con una sciabola.

Allora il suo ghigno selvaggio si ammansi, poiché ricordò l’ultima volta che aveva parlato con Beth Hurwood. Ancora una volta era riuscita ad eludere Leo Friend, e lei e Shandy si erano incamminati verso sud lungo la spiaggia nell’ora di riposo dopo il pranzo mentre la brezza rinfrescava e i pappagalli svolazzavano in stormi rauchi sopra le teste. Shandy le aveva raccontato di essersi visto nello specchio, e di come aveva pensato per un attimo che stava vedendo uno dei membri della ciurma di Davies; «Uno degli altri membri, presumo che dovrei dire,» aveva aggiunto, con forse soltanto un tocco di orgoglio adolescenziale nella voce.

Beth aveva riso con indulgenza e gli aveva preso una mano. «Tu non sei un membro John,» aveva detto. «Avresti potuto uccidere quei marinai, o sparare al vecchio Capitan Chaworth?»

Di nuovo sobrio, e sperando che l’abbronzaturra celasse l’improvviso rossore del volto, aveva mormorato, «No.»

Avevano passeggiato senza parlare ancora per un poco, e Beth non aveva allontanato la mano da quella di lui finché non avevano raggiunto il Carmichael carenato ed erano stati costretti a tornare indietro.

Mentre spingeva un po’ di più sul remo sinistro per far deviare l’imbarcazione verso la spiaggia, guardò al di sopra della spalla e vide Skank e gli altri che lo aspettavano vicino alla pila di lastre di marmo di Carrara, che almeno adesso era visibilmente più bassa di quanto lo era stata quella mattina. Dietro di loro la spiaggia bianca, accecante nel chiarore pomeridiano, saliva dolcemente fino alla confusa accozzaglia di tende e baracche, e al di là di essa fino alla giungla. Una donna in un cencioso abito purpureo stava camminando faticosamente in cima al declivio di sabbia.

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