Tim Powers - Mari stregati

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Una fantasy orrorifica con i pirati, uno spadaccino voodoo? Chi potrebbe mai mescolare il mondo del pirata Barbanera con la magia nera se non Timothy Powers, il creatore di Le Porte di Anubis, l’autore più originale e geniale prodotto dal mondo fantascientifico e fantastico negli ultimi decenni. Lo scenario di questo eccezionale romanzo è il Mar dei Caraibi del 1718, periodo di grandi cambiamenti per i pirati, un tempo strumento dell’Impero Britannico, libera forza mercenaria che non riveste più nessuno scopo strategico per gli inglesi. È su questo scenario in evoluzione che compare il giovane John Chandagnac, ex burattinaio orfano alla ricerca di vendetta su uno zio malvagio. Ciurme di Zombie, magia nera, riti voodoo, giungle infestate da spettri: fra mille pericoli il protagonista inizierà una sorta di viaggio iniziatico che lo porterà in un luogo ignoto al di là del tempo e dello spazio, in un luogo mitico e terribile dove si cela la vagheggiata fonte della vita eterna. Partito per vendicarsi di un torto subito, Chandagnac andrà incontro al suo destino e troverà a sbarrargli la strada nientemeno che… il pirata Barbanera!

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Il pirata col secchio di sabbia aveva apparentemente concluso il suo compito, ma mentre stava superando con passo pesante l’albero maestro diretto a poppa, scivolò su un tacco. Si guardò intorno come per sfidare qualcuno a ridere, e poi rovesciò il resto della sabbia sulla chiazza scivolosa e si allontanò con decisione.

Chandagnac si domandò se il sangue sul quale era scivolato era stato di Chaworth. E ricordò quella notte a Nantes, quando suo padre aveva agitato un coltello davanti a una banda di zoticoni, che stavano aspettando Chandagnac père et fils davanti a una mescita e avevano stretto i due in un angolo pretendendo tutto il loro denaro. Il vecchio François Chandagnac aveva un bel po’ di denaro con sé quella notte, andava per i sessantacinque e vedeva un futuro incerto, e così invece di consegnare il contante come aveva fatto nel paio di volte che erano stati rapinati in precedenza, aveva cavato dalla tasca il coltello col quale scolpiva le facce e le mani delle marionette, e lo aveva brandito contro i ladri.

Chandagnac si appoggiò col dorso a uno dei cannoni girevoli di tribordo che non avevano fatto fuoco e, con cautela, si crogiolò nella constatazione che il sole era caldo sulla sua schiena, e che era leggermente ubriaco, e che non era per nulla in pena.

Il coltello era stato fatto saltare via dalla mano di suo padre col primo, sprezzante calcio, e quindi c’erano stati semplicemente pugni, denti, ginocchia e stivali nel buio, e quando i banditi se n’erano andati, ridendo e vantandosi mentre contavano il denaro nella borsa inaspettatamente pingue, dovevano di certo aver supposto che stavano abbandonando due cadaveri nel vicolo dietro di loro.

Negli anni che erano seguiti, Chandagnac aveva spesso desiderato che loro avessero avuto ragione nella loro supposizione, poiché né suo padre né lui erano mai del tutto guariti.

I due erano riusciti alla fine a tornare nella loro stanza. Suo padre aveva perso i denti anteriori e, in seguito, l’occhio sinistro, e aveva subito fratture a diverse costole e probabilmente al cranio. Il giovane John Chandagnac aveva perso gran parte dell’uso della mano destra a causa del pesante colpo ricevuto col tacco di uno stivale, e per un mese aveva camminato con un bastone da passeggio, e dovette passare un anno intero prima che la sua urina fosse del tutto priva di sangue. La mano menomata, sebbene lui alla fine ne avesse quasi completamente riguadagnato l’uso, aveva fornito una buona scusante per abbandonare quella nomade carriera, e, mendicando in maniera neppure tanto camuffata, era riuscito ad assicurarsi il denaro per il viaggio e l’alloggio con un parente in Inghilterra. Prima del ventiduesimo compleanno aveva ottenuto un posto di contabile presso un laboratorio tessile inglese.

Suo padre, in sempre peggiore stato di salute, aveva continuato a gestire da solo lo spettacolo di marionette ancora per altri due anni prima di morire a Bruxelles nell’inverno del 1714. Non aveva mai saputo nulla del denaro che era diventato suo, del denaro che avrebbe potuto cosi drammaticamente prolungare e ravvivare la sua esistenza… quel denaro che gli era stato furbescamente rubato dal giovane fratello, Sebastian.

Chandagnac guardò al di sopra della spalla destra, stringendo gli occhi verso l’orizzonte orientale finché credette di vedere una linea un po’ più scura che avrebbe potuto essere Hispaniola. Ci sarei arrivato in meno di una settimana, pensò con rabbia, dopo aver ottenuto credito dalla banca in Giamaica. Quanto mi ci vorrà adesso? Non morire, Zio Sebastian. Non morire prima del mio arrivo.

CAPITOLO SECONDO

Anche al crepuscolo, coi fuochi delle cucine che cominciavano a punteggiare la spiaggia che si oscurava, le screziature delle secche del porto erano chiaramente visibili, e si potevano vedere le imbarcazioni che aggiravano l’angolo lontano dell’Isola del Maiale cambiare frequentemente rotta per tenersi sulle acque dal colore azzurro più cupo nel loro tragitto dal mare aperto fino al villaggio di New Providence. La maggior parte delle imbarcazioni del villaggio erano già ormeggiate per la notte, nel porto o lungo le banchine decrepite o, nel caso di un certo numero di barche più piccole, trascinate sulla sabbia bianca, e la popolazione dell’isola stava cominciando a preoccuparsi per la cena. A quell’ora il lezzo del villaggio lottava strenuamente contro la pura brezza marina, poiché sommato all’usuale melange di fumo di catrame, zolfo, cibo stantio e innumerevoli latrine di fortuna c’era l’intera gamma olfattiva, spesso sorprendente, di una gastronomia priva di perizia: l’odore di piume di pollo bruciate da uomini troppo impazienti per strapparle prima, di strani stufati in cui la mano entusiastica di un dilettante aveva versato grandi quantità di menta e cilantro e mostarda cinese per mascherare il gusto di dubbie carni, e di misteriosi e a volte esplosivi esperimenti nell’arte della preparazione del punch.

Benjamin Hurwood aveva portato via sua figlia e Leo Friend dal Carmichael quattro ore prima, subito dopo che la nave era stata laboriosamente rimorchiata, fatta bordeggiare e parancata nel porto, e molto prima che i pirati cominciassero il lavoro di carenaggio del vascello. Aveva chiamato a gran voce la prima barca che era passata nelle vicinanze e chiesto agli uomini che erano a bordo di condurli a riva, e non solo era stato obbedito, ma, era sembrato a Chandagnac, addirittura riconosciuto.

E ora il Carmichael giaceva bizzarramente sul fianco, i bozzelli fissati alle colombiere, e i bozzelli di sollevamento legati sotto la chiglia e fissati a solidi ormeggi sul fianco esposto, con una buona metà dei suoi centodieci piedi di lunghezza fuori dall’acqua e sorretti dal declivio di sabbia bianca di un’insenatura opportunamente profonda, che era a cinquecento iarde dal gruppo principale di tende. Chandagnac stava arrancando su per la spiaggia in compagnia dei pirati, vacillando tanto per lo sfinimento quanto per la novità di avere una superficie immobile sotto i piedi, poiché i pirati avevano allegramente concluso che, in qualità di nuovo membro della ciurma, lui dovesse fare il lavoro di due uomini.

«Ah, che io sia dannato,» esclamò il giovane sdentato che stava zoppicando accanto a Chandagnac, «sento odore di cibo vivo.» Chandagnac aveva dedotto che il nome di quel giovane era Skank.

La nave dietro di loro emetteva alti gemiti mentre le sue tavole si adattavano alle nuove sollecitazioni, e gli uccelli — Chandagnac suppose che dovevano essere uccelli — gracchiavano e stridevano nella giungla immersa nell’oscurità.

«Vivo è la parola giusta,» disse annuendo Chandagnac. E rifletté sul fatto che, considerando i fuochi, gli odori e le grida davanti a loro, gli sembrava che la cena che stava per essere cucinata non solo fosse ancora viva, ma anche riluttante.

Alla sinistra di Chandagnac, visibile al di sopra delle fronde dei palmizi, c’era una prominenza di roccia rotonda. «Il fortino,» disse il compagno sdentato, mentre indicava da quella parte.

«Fortino?» Chandagnac strinse gli occhi e finalmente scorse le mura e una torre, realizzate con la stessa pietra della collina. Anche dalla spiaggia poté vedere diversi squarci frastagliati nella linea irregolare del muro. «La tua gente ha costruito un forte qui?»

«No, sono stati gli spagnoli. O forse gli inglesi. Sia gli uni che gli altri per anni, e a turno, hanno rivendicato i propri diritti su questo luogo, ma c’era soltanto un uomo, un vecchio squilibrato, sull’isola quando Jennings giunse qui e decise di fondare la città dei pirati. Gli inglesi adesso ritengono di possederla — Re Giorgio ha anche mandato un uomo con la promessa di graziare tutti quelli che decidessero di abbandonare le cattiva strada per intraprendere, non so, la coltivazione dei campi o qualcosa del genere — ma neppure questo durerà a lungo.»

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