Dal momento che stava cercando di evitare di attirare l’attenzione, Salamander aveva attuato un compromesso rispetto ai suoi consueti standard di vita e si era stabilito in una locanda di livello medio, nella parte vecchia della città che sorgeva lungo l’Aver Lugh, un distretto di piccoli artigiani e di rispettabili bottegai. Il Fascio di Grano offriva anche il vantaggio di ospitare gran parte degli intrattenitori girovaghi, cosa che rendeva possibile sentire i più disparati pettegolezzi. Non che fosse difficile raccogliere pettegolezzi sul conto di Lord Camdel e del suo crimine, considerato che anche ad alcune settimane di distanza dal furto la città ne era ancora piena.
— Dicono che il re abbia inviato messaggeri ad ogni gwerbret del regno — commentò quel pomeriggio Elic, il locandiere. — Quello che vorrei proprio sapere è come può fare un uomo a sgusciare in questo modo in mezzo a tante bande da guerra.
— Potrebbe essere morto — replicò Salamander. — Una volta che la notizia si è diffusa, ogni ladro del regno avrà probabilmente cominciato a tenere gli occhi aperti nella speranza di intercettarlo.
— Hai ragione — rifletté Elic, mordicchiandosi i lunghi baffi, — in effetti potrebbe essere morto.
Al Fascio di Grano c’era un cliente che se ne stava in disparte per la semplice ragione che era originario del Bardek e parlava assai poco la lingua di Deverry. Enopo era un giovane di circa venticinque anni, scuro di pelle e con il volto privo di decorazioni, il che significava che la sua famiglia lo aveva allontanato dalla casa e dal clan per qualche ragione; adesso lui vagabondava per le strade di Deverry con un wela-wela, un complesso strumento musicale del Bardek che si teneva in grembo e che aveva una trentina di corde da pizzicare e toccare con una penna d’oca. Dal momento che conosceva bene la lingua del Bardek, Salamander si era coltivato l’amicizia di quel menestrello, che aveva manifestato una contentezza quasi patetica nel trovare qualcuno che parlasse la sua lingua natale. Alla fine delle loro giornate di esibizioni i due s’incontravano nella taverna per confrontare i rispettivi guadagni e lamentarsi per la tirchieria degli abitanti della città più ricca del regno.
Quel particolare giorno Salamander aveva guadagnato parecchi soldi e pagò per entrambi una bottiglia di ottimo vino del Bardek; insieme i due si sistemarono ad un tavolo per berla, ed Enopo mostrò di assaporare ogni singolo sorso.
— Un’ottima annata — decretò. — Ah, però mi riporta alla mente amari ricordi di casa.
— Non ne dubito. Senti, se non vuoi non sei obbligato a rispondere, ma…
— Lo so — lo interruppe Enopo, con un sorriso. — Il tuo cuore di cantastorie sta dolendo dalla curiosità di sapere la causa del mio esilio. Non me la sento di addentrarmi nei dettagli, ma ha a che fare con una donna sposata e di rango molto elevato, che era troppo bella per l’uomo vecchio e brutto che aveva sposato.
— Ah. Non è una storia rara.
— Oh no, tutt’altro — convenne il giovane, con un profondo sospiro. — Brutto o meno che fosse, suo marito aveva comunque una notevole influenza presso gli arconti.
Per un momento bevvero in silenzio, mentre Enopo teneva lo sguardo perso in lontananza come se stesse ricordando la bellezza del suo pericoloso amore, e Salamander giunse alla conclusione che se Enopo gli aveva raccontato la causa del suo esilio questo significava che ormai si fidava di lui abbastanza da permettergli di fare la mossa successiva.
— Sai, il vino non è la sola cosa bella che si produca nel Bardek — osservò con noncuranza. — Quando ho visitato il tuo splendido e raffinato paese, mi sono concesso una o due pipe di oppio.
— Senti — replicò il menestrello, protendendosi in avanti con espressione seria, — devi essere molto cauto con il fumo bianco. Ho visto uomini degradarsi a tal punto per causa sua da vendersi come schiavi pur di potersene concedere ancora.
— Davvero? Oh, dèi, non lo sapevo! Soltanto una pipata di tanto in tanto può fare una cosa del genere ad un uomo?
— Oh no, ma come ti ho detto devi essere molto cauto, perché è come con il bere. Ci sono uomini capaci di farne a meno, altri che diventano vere e proprie spugne… ma il fumo bianco esercita un’attrattiva più forte di qualsiasi bevanda che io conosca.
Salamander finse di riflettere con estrema attenzione mentre Enopo l’osservava con un leggero sorriso.
— So quello che stai pensando di chiedermi, gerthddyn — disse dopo un momento, — e non conosco nessuno che venda quella roba.
— Ecco, se è pericolosa come dici forse è meglio così, ma in effetti mi stavo chiedendo come procurarmela.
— Da quel che mi è dato di capire in questa città soltanto i nobili usano l’oppio.
— Davvero? — esclamò Salamander, drizzandosi di scatto sulla persona. — Da chi lo hai saputo?
— Da un uomo del mio popolo, un mercante, che è passato di qui… oh, un mese fa, credo. È venuto a cercarmi per amore di mio padre, per vedere se stavo bene, e mi ha anche dato un po’ di denaro mandatomi dai miei fratelli. Abbiamo consumato un’ottima cena e una quantità di vino — proseguì il giovane, con malinconia, — e mentre chiacchieravamo il vecchio Lalano ha accennato al fumo bianco, dicendo che i mercanti del mio paese stavano cominciando a venderlo di tanto in tanto alla gente di Deverry. La cosa lo turbava, perché nel nostro paese è considerato un commercio vergognoso e lui sapeva che le vostre leggi addirittura lo proibiscono. Così, mentre ne discutevamo, ci è venuto spontaneo chiederci chi potesse avere abbastanza denaro da comprare merci di contrabbando.
— Chi se non i nobili, in effetti?
— O magari qualche ricco mercante, ma di certo questi vostri cosiddetti nobili sono molto abili nel mantenere in povertà i mercanti.
Fra sé, Salamander pensò che quelle erano davvero notizie interessanti. Se Camdel era un fumatore di oppio, questo poteva di certo spiegare come avessero fatto gli uomini del dweomer oscuro a impadronirsi di lui. Mentre giungeva alla decisione di fare qualche discreta indagine nel corso dei giorni successivi, come se lui stesso fosse stato interessato ad acquistare un po’ di quella sostanza, avvertì la leggera pressione mentale che indicava il tentativo da parte di qualche altra persona dotata di dweomer di contattarlo.
— Scusami un momento, Enopo — disse, alzandosi con noncuranza. — Devo andare sul retro per una necessità di natura.
Il menestrello assentì con un cenno della mano e Salamander si affrettò ad uscire, aggirando la locanda e raggiungendo il cortile delle stalle, dove un abbeveratoio brillava pieno d’acqua sotto il sole del pomeriggio. Fissando lo sguardo sullo specchio d’acqua, aprì la propria mente aspettandosi di vedere Nevyn, ma fu invece il volto bello e severo di Valandario a fissarlo dall’abbeveratoio. Salamander rimase troppo stupito per trasmettere qualsiasi pensiero.
— Eccoti qui, dunque — disse Valandario. — Tuo padre mi ha chiesto di contattarti, perché vuole che tu torni subito a casa.
— Non posso. Sto svolgendo un incarico per conto del Maestro dell’Aethyr.
Gli scuri occhi grigi della donna si dilatarono per la sorpresa.
— Non ti posso spiegare di cosa si tratta — proseguì intanto Salamander, — ma sono questioni davvero oscure e pericolose…
— Meno chiacchiere, gazza! In questo caso avvertirò tuo padre del tuo ritardo, ma torna più presto che puoi. Lui ti aspetterà sul confine di Eldidd, nelle vicinanze di Cannobaen. Per favore, questa volta non disobbedirgli.
Poi il volto si dissolse. Come sempre quando si veniva a trovare faccia a faccia con la sua antica maestra del dweomer Salamander si sentì in colpa, anche se questa volta non aveva fatto nulla di male.
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