Orson Card - I giorni del cervo

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I giorni del cervo: краткое содержание, описание и аннотация

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Sinistri presagi indicano che da Antiqua è salpata una flotta di navi: navi nere, cariche di neri guerrieri, di strani animali capelluti e di armi che portano una morte senza volto. La guerra è imminente. Il Bene e il Male, come nel più epico dei racconti, esploderanno in una battaglia cruenta alla quale parteciperanno anche forze soprannaturali e magiche. Tutti i popoli del continente, superate le antiche divisioni, si uniranno a combattere con l’esercito del Cervo, guidato dal valoroso Dulkancellin. Gli uomini di pace si trasformeranno in guerrieri, e i guerrieri in eroi. La salvezza del continente dipende dal loro coraggio

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Le narici perfette di Bella si allargarono un po’ per la rabbia, poi sorrise e disse: — Ciò avviene perché ti sono mancati i maestri adatti. Lascia che ti insegni come è stato insegnato a me, Principessa dei Fiori.

La Principessa dei Fiori non avvertì alcun cambiamento, ma vide la gente intorno guardarla e spalancare la bocca e girare la testa. Aveva paura di ciò che le era stato fatto, e si voltò per guardare il marito, il cortese Palicrovol, che l’amava. Ma anche Palicrovol rimase inorridito da quello che vide, e fece un passo indietro. Fu solo per un momento, poi venne di nuovo verso di lei e la strinse a sé, ma in quel momento Enziquelvinisensee Evelvenin seppe la verità: Palicrovol pensava alla sua bellezza come parte di lei, proprio come tutti gli altri; non la conosceva senza la sua faccia. Tuttavia trovò conforto nel fatto che l’abbracciasse e che parlasse con coraggio contro Bella.

— Credevi di potermi ingannare tanto facilmente, Asineth? — chiese. — Puoi sorprendermi, ma il mio cuore appartiene a un altro cuore, non a un viso.

Bella si limitò a sorridere. D’improvviso, la Principessa dei Fiori sentì Palicrovol prenderla brutalmente per la vita e scaraventarla a terra, lontano da lui. Lo guardò con orrore, e vide l’angoscia sulla sua faccia, mentre le gridava: — Non sono stato io! — Poi, benché cercasse di parlare, rimase muto, ma la Principessa aveva cuore abbastanza per comprendere. Era stata Bella, era stata Asineth che aveva usato le braccia di lui per gettarla a terra.

— Rimani lì stesa, Donnola — disse Bella. — Rimani lì stesa, e vedrai cosa fa tuo marito quando trova un corpo vergine da violentare. Il tuo corpo, Donnola. Peccato che non lo avrai, quando il tuo bel marito si prenderà il suo piacere.

All’inizio Palicrovol si mosse a scatti, mentre Bella imparava a controllare il suo corpo. Le costò più fatica di qualsiasi altra cosa avesse mai fatto, dare battaglia al Re per il controllo della sua carne e vincere… fu il più difficile dei suoi atti di forza. Ma era astuta, e ben presto imparò a sopraffarlo. Poi il suo corpo si mosse fluidamente, e gli altri scordarono che Palicrovol non agiva di libera volontà. Ma la Principessa dei Fiori, adesso chiamata Donnola, sapeva la verità come nessun altro la sapeva, poiché le sue labbra non avevano mai pronunciato una bugia, e ricordava che Palicrovol agiva governato da un’altra volontà. Bella aveva la forza, ma non ancora la saggezza. Allora era soltanto una bambina, e pensava che la vendetta si acquistasse a basso prezzo, con un facile spettacolo.

Così le mani di Palicrovol tagliarono i vestiti dal corpo di Bella, che era il corpo della Principessa dei Fiori. E Palicrovol, gesto per gesto, la violentò come aveva violentato Asineth due anni prima. Solo che questa volta non disprezzò i suoi tentativi di sedurlo. Questa volta, quando il corpo della Principessa dei Fiori si mosse per lui in maniera quasi inavvertibile, gridò di piacere. Quando si staccò dal corpo di lei, gemette per la delusione. Che non finisca, gridò la sua carne. E fino a quando la vide nuda davanti sé, fino a quando ricordò il piacere che il suo corpo e il suo potere gli avevano dato, il suo corpo si contorse più volte per il piacere; anche dopo che il suo seme fu speso tutto, anche dopo che il piacere si trasformò in dolore, fremette per l’impossibilità di averla, per il ricordo di averla avuta, per il desiderio di averla per sempre.

— Uccidetela! — gridò, ma le sue guardie erano scappate da tempo.

— Aiutami — sussurrò a Urubugala, ma il nano disse solo una poesiola:

“Di mattina non dar retta
La sera non c’è fretta.”

— Donnola — disse la Regina Bella — tu sai ora come sono stata servita. Dimmi… è giusta la mia vendetta?

— Ti è stato fatto un torto — disse la Principessa dei Fiori.

— È giusta la mia vendetta?

— Sei giusta a vendicarti.

— Ma la mia vendetta è giusta? — Bella sorrise, come la benedizione di un santo.

— Solo se ti vendichi di coloro che ti hanno fatto del male, e solo se la tua vendetta è uguale al torto subito.

— Suvvia, ho sentito dire che posso contare su Donnola Bocca-di-Verità per sentire il vero. Te lo chiedo per la quarta volta… sono giusta?

— No — disse la Principessa dei Fiori.

— Bene — disse Bella. — Sono stata trattata ingiustamente, e a meno che la mia vendetta non sia mostruosamente ingiusta, non sarò soddisfatta.

— Sono io quello che ti ha fatto un torto — disse Palicrovol. — Prendi la tua vendetta su di me.

— Ma non capisci, Palicrovol, che fa parte della mia vendetta su di te che tu sappia che la tua donna e i tuoi amici soffrono ingiustamente per amor tuo?

Palicrovol chinò la testa.

— Guardami, Palicrovol — disse Bella.

Contro la sua volontà, la guardò e di nuovo spasimò di passione per lei.

— Questa è la mia vendetta. Non ti ucciderò, Palicrovol. Ti disprezzo più ancora di quanto tu hai disprezzato me quando ero debole. Puoi tenerti il tuo esercito, tutti gli uomini che vuoi. Riempi il mondo delle tue armate, e conducile contro di me: le sconfiggerò con un pensiero. Puoi tenerti la Corona del Cervo: non ho bisogno di corone per regnare, io. Puoi governare tutta Burland fuori di questa città; io posso annullare i tuoi ordini ogni volta che voglio. Mi manderai un tributo, ma non tale da impoverire il popolo: non ho l’avidità di mio padre. Non cancellerò le tue leggi e le tue opere. Questa città conserverà il nome di Inwit. Il nuovo tempio che stai costruendo al tuo Dio può continuare a sorgere. L’adorazione che tributano al tuo Dio mi è gradita, dal momento che io governo anche Dio. Ti lascerò tutto tranne questo: non rientrerai mai in questa città mentre io sono viva, e non sarai mai solo mentre io sono viva, e non conoscerai mai un momento di pace mentre io sono viva. E, Palicrovol… io vivrò per sempre.

Urubugala fece una capriola e si stese sul pavimento in mezzo a loro. — Ci sono limiti alla vita di una figlia e di una moglie! — gridò.

— Lo so — disse Bella. — Ma quando il mio potere comincerà a svanire, avrò semplicemente un altro figlio. La prossima volta, credo, uno di dodici mesi. Trovami dei maghi, Palicrovol. Fagli studiare l’argomento nei loro libri.

Mentre rideva, un uomo imponente entrò nella sala, portando una spada e indossando una pesante armatura, ma senza elmo.

— Zymas, scappa! — gridò Palicrovol.

— Oh, resta, Zymas — disse Bella. — La festa non sarebbe completa senza di te.

Zymas non si fermò ad ascoltare né l’uno né l’altra, ma avanzò dritto verso Bella, sollevando la spada sulla testa. Le era quasi addosso, e tutti per un momento sperarono che forse l’azione diretta di Zymas fosse l’antidoto per quell’improvvisa malattia che era caduta sul mondo. Ma no. D’improvviso, i suoi capelli divennero grigio ferro, la faccia si fece vecchia e rugosa, la spada cadde dalle sue dita artritiche e nodose, e Zymas barcollò sotto il peso dell’armatura.

— Zymas, il baldo e coraggioso generale, è morto — disse Bella. — Al suo posto, ecco il capitano della mia guardia di palazzo. Coniglio, lo chiamo. Coniglio lo chiameremo tutti. Perché era un tale codardo che aveva paura di una donna.

Bella guardò coloro che aveva odiato per tanto tempo, e sorrise. C’era autentica bellezza nel suo sorriso, e la Regina dei Fiori sapeva che quando quel viso era stato il suo non aveva mai avuto una simile espressione di estatica gioia. — Coniglio, Urubugala e Donnola.

La mia forza, la mia astuzia e la mia bella faccia. Vi terrò per sempre con me, capitano, buffone e dama. Sarete i gioielli della mia corona. E fuori da Inwit, dove abiterà in eterno, sarà Palicrovol, Re di Burland, che mi ricorderà sempre, e mi desidererà sempre. Se mai dovesse sentire dispiacere per se stesso, potrà sempre ricordare te , e immaginare cosa faccio a te , e questo lo rallegrerà in maniera incommensurabile. — Si avvicinò a Palicrovol, che si contorceva a terra, e gli toccò delicatamente un fianco. Lui gridò, cercò di toccarla e ricadde indietro, instupidito. — Portatelo via — disse Bella. E gli ospiti, che avevano osservato la scena con impotente terrore, le obbedirono, lo portarono fuori dal palazzo, fuori dal castello, fuori da Inwit attraverso la Porta Occidentale.

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