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Orson Card: Il profeta dalla pelle rossa

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Orson Card Il profeta dalla pelle rossa
  • Название:
    Il profeta dalla pelle rossa
  • Автор:
  • Издательство:
    Longanesi
  • Жанр:
  • Год:
    1993
  • Город:
    Milano
  • Язык:
    Итальянский
  • ISBN:
    88-304-1136-1
  • Рейтинг книги:
    5 / 5
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Il profeta dalla pelle rossa: краткое содержание, описание и аннотация

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L’America tranquilla e pacifica in cui Alvin è nato non esiste più: l’uomo bianco ha strappato la terra all’uomo rosso, ha tagliato, distrutto, bruciato. Il giovane Alvin, inconsapevole incarnazione di un potere arcano, è il solo che può ridare speranza a quella terra martoriata. Con l’aiuto di Ta-Kumsaw, un Rosso forte e orgoglioso, e di suo fratello Lolla-Wossiky, Alvin troverà la forza di battersi per la salvezza della sua terra, di cui vedrà persino il lontano e incerto futuro.

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No, no, no! si disse silenziosamente Hooch. A questo mondo andare in pari non significa nulla. O meglio, significa soltanto restare indietro. La migliore vendetta è diventare talmente ricco che tutta questa gente sia costretta a chiamarti «eccellenza»: ecco come si fa a andare in pari con questi ragazzi. Non è proprio il caso di menar colpi alla cieca. Se ti fai conoscere come uno che mena colpi alla cieca, sei finito, Hooch Palmer.

Perciò Hooch se ne restò lì a sedere tutto sorridente mentre Harrison chiamava il suo aiutante. «Perché non inviti Lolla-Wossiky a entrare qui da me? E già che ci sei, di’ a suo fratello che può entrare anche lui.»

Il fratello di Lolla-Wossiky? Doveva essere quel Rosso dall’aria insolente che se ne stava appoggiato al muro. Buffo, che due fagioli cresciuti nello stesso guscio potessero essere così diversi.

Lolla-Wossiky entrò con aria servile, tutto sorridente, muovendo rapidamente lo sguardo da una faccia di Bianco all’altra, chiedendosi che cosa volessero, e come poteva fare a compiacerli in modo da farsi ricompensare con un po’ di whisky. Gli si leggeva in faccia, la sete che aveva, anche se era già talmente ubriaco da non riuscire a stare in piedi. O in vita sua aveva ormai bevuto tanto di quel whisky che non riusciva a stare in piedi nemmeno da sobrio? Hooch non avrebbe saputo dirlo… ma ben presto ottenne la risposta. Harrison aprì il canterano alle sue spalle tirandone fuori una bottiglia e una tazza. Lolla-Wossiky guardò il liquido brunastro riversarsi nella tazza, e lo sguardo del suo unico occhio era così intenso che pareva gustare il liquore solo a vederlo. Ma non fece neanche un passo verso la tazza. Harrison allungò il braccio posando la tazza sull’angolo della scrivania vicino al Rosso, ma l’uomo restò immobile, sorridendo, guardando ora la tazza, ora Harrison, in paziente attesa.

Harrison si girò verso Jackson e sorrise. «Penso proprio che Lolla-Wossiky sia il Rosso più civilizzato dell’intero territorio del Wobbish, signor Jackson. Non prende mai niente che non gli appartenga. Non parla se non è interrogato. Obbedisce senza fiatare a ogni mio ordine. E in cambio chiede soltanto una tazza di liquido. Non deve nemmeno essere roba buona. Che sia whisky di granturco o rum spagnolo, a lui va bene lo stesso. Non è vero, Lolla-Wossiky?»

«Molto giusto, eccellenza» disse Lolla-Wossiky. La sua pronuncia era stranamente chiara, per essere quella di un Rosso. Specialmente di un Rosso ubriaco.

Hooch vide che Jackson studiava il Rosso orbo da un occhio con evidente disgusto. Poi lo sguardo dell’avvocato del Tennizy si spostò verso la porta, dove si trovava il Rosso alto, forte e insolente. Hooch si divertì a guardare l’espressione di Jackson. In un attimo, il disgusto si era trasformato in rabbia evidente. Rabbia e, sì, paura. Eh, già, signor Jackson, nemmeno tu sei immune dalla paura. Hai capito di che pasta è fatto il fratello di Lolla-Wossiky. È nemico tuo e mio, nemico di qualsiasi uomo bianco che voglia stabilirsi in questa terra, perché prima o poi questo Rosso pieno di boria ti pianterà il suo tommy-hawk nel cranio e poi ti scorticherà lentamente, molto lentamente, e il tuo scalpo non si sognerà nemmeno di venderlo ai francesi, mio caro signor Jackson, lo terrà per sé e lo darà ai suoi figli e dirà loro: «Questo è l’unico Bianco buono. Questo è l’unico Bianco che non infrangerà mai la parola data. Ecco che cosa dovete fare ai Bianchi». Hooch lo sapeva, Harrison lo sapeva, e Jackson lo sapeva. Quel pezzo di giovanotto sulla porta voleva dire morte. Quel pezzo di giovanotto era il motivo per cui i Bianchi erano costretti a vivere a est delle montagne, ammassati uno sull’altro in quelle vecchie città piene di avvocati e professori e gente dalla voce stridula che non ti lasciava neanche lo spazio per respirare. Gente come Jackson, insomma. A questa idea, Hooch si lasciò sfuggire una risatina. Jackson era esattamente il genere d’uomo per evitare il quale la gente emigrava all’ovest. Ma quanto dovrò spingermi a ovest prima che gli avvocati perdano le mie tracce e restino definitivamente alle mie spalle?

«Vedo che avete notato Ta-Kumsaw. È il fratello maggiore di Lolla-Wossiky e mio caro, carissimo amico. Pensate, conosco questo ragazzo fin da prima che morisse suo padre. Guardate come si è fatto robusto!»

Se Ta-Kumsaw si era reso conto che Harrison si stava prendendo gioco di lui, non lo diede a vedere. Non guardava nessuno degli uomini che erano nella stanza, ma teneva lo sguardo puntato fuori della finestra alle spalle del governatore. Ma Hooch non era tipo da lasciarsi imbrogliare. Hooch sapeva bene che cosa Ta-Kumsaw stesse guardando, e per giunta aveva una certa idea di ciò che stava provando. Quei Rossi la famiglia la prendevano sul serio. Ta-Kumsaw stava segretamente osservando suo fratello, e se Lolla-Wossiky era troppo sbronzo per provare la minima vergogna, questo significava semplicemente che Ta-Kumsaw si sarebbe vergognato anche per lui.

«Ta-Kumsaw» disse Harrison. «Come vedi, ti ho versato da bere. Su, siediti e bevi un goccetto, e poi potremo parlare.»

Alle parole di Harrison, Lolla-Wossiky si irrigidì. Possibile che, dopotutto, quel liquore non fosse destinato a lui? Ma Ta-Kumsaw non batté ciglio, né diede il minimo segno di avere udito.

«Visto?» esclamò Harrison rivolto a Jackson. «Ta-Kumsaw non è abbastanza civilizzato da sedersi a bere un goccetto in allegria con gli amici. Ma suo fratello sì che è civilizzato, nevvero? Eh, Lolly? Mi dispiace non avere una sedia anche per te, amico mio, ma puoi sederti per terra qui sotto la mia scrivania, ai miei piedi, e berti questo rum.»

«Voi molto gentile» disse Lolla-Wossiky con quella sua pronuncia chiara e precisa. Con grande sorpresa di Hooch, il Rosso orbo da un occhio non si gettò scompostamente sulla tazza, ma si fece avanti con cautela, ogni passo uno sforzo di precisione, e prese la tazza con mani scosse solo da un leggero tremito. Poi si inginocchiò davanti al tavolo di Harrison e, sempre tenendo la tazza in equilibrio, si abbassò in posizione seduta, a gambe incrociate.

Ma era ancora davanti al tavolo, non sotto, e Harrison si premurò di farglielo notare. «Vorrei che tu sedessi sotto il mio tavolo» disse il governatore. «La considererei una grande cortesia.»

Così Lolla-Wossiky chinò la testa finché la fronte quasi non gli toccò le ginocchia e dondolandosi sulle natiche avanzò fino a trovarsi sotto il tavolo. Bere in quella posizione gli era difficilissimo, perché non poteva nemmeno raddrizzare la testa, figuriamoci inclinarla all’indietro per vuotare la tazza. Ma ci riuscì, dondolandosi da una parte e dall’altra e sorseggiando il liquido con grande cautela.

Nel frattempo Ta-Kumsaw non aveva aperto bocca, né aveva dato segno di aver notato l’umiliazione a cui suo fratello era stato sottoposto. Oh, pensò Hooch, oh, che fuoco deve divampare in petto a quel ragazzo! Harrison sta veramente rischiando grosso. E poi, se è veramente il fratello di Lolla-Wossiky, sicuramente saprà che è stato Harrison a uccidere suo padre durante le rivolte degli anni Novanta, quando il generale Wayne combatteva contro i francesi. Questo genere di cose un uomo non le dimentica, specialmente un Rosso, e adesso Harrison lo stava mettendo alla prova, lo stava mettendo alla prova fino all’estremo limite.

«Ora che tutti si sono messi a proprio agio» disse Harrison «perché non ti metti seduto, Ta-Kumsaw, e non ci spieghi perché sei venuto?»

Ta-Kumsaw non si mise a sedere, né chiuse la porta, né si mosse verso Harrison. «Io parlo per Shaw-Nee, Caska-Skeeaw, Pee-Orawa, Winny-Baygo.»

«Lasciamo andare, Ta-Kumsaw, sai benissimo che non parli nemmeno per tutti gli Shaw-Nee, figuriamoci poi per gli altri.»

«Tutte tribù che firmano trattato di generale Wayne» proseguì Ta-Kumsaw come se Harrison non avesse nemmeno aperto bocca. «Trattato dice Bianchi non vendere whisky a Rossi.»

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