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Orson Card: Il profeta dalla pelle rossa

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Orson Card Il profeta dalla pelle rossa
  • Название:
    Il profeta dalla pelle rossa
  • Автор:
  • Издательство:
    Longanesi
  • Жанр:
  • Год:
    1993
  • Город:
    Milano
  • Язык:
    Итальянский
  • ISBN:
    88-304-1136-1
  • Рейтинг книги:
    5 / 5
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Il profeta dalla pelle rossa: краткое содержание, описание и аннотация

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L’America tranquilla e pacifica in cui Alvin è nato non esiste più: l’uomo bianco ha strappato la terra all’uomo rosso, ha tagliato, distrutto, bruciato. Il giovane Alvin, inconsapevole incarnazione di un potere arcano, è il solo che può ridare speranza a quella terra martoriata. Con l’aiuto di Ta-Kumsaw, un Rosso forte e orgoglioso, e di suo fratello Lolla-Wossiky, Alvin troverà la forza di battersi per la salvezza della sua terra, di cui vedrà persino il lontano e incerto futuro.

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Possibile che Bill Harrison si facesse raggiungere dai figli, ora che aveva una seconda moglie? Hooch non si ricordava con certezza quanti anni potessero avere, ma certamente quei ragazzi erano abbastanza grandi da apprezzare la vita di frontiera. Tuttavia aveva anche la vaga sensazione che i ragazzi avrebbero fatto molto meglio a restare a Filadelfia con la zia. Non era dalla vita di frontiera che a suo parere avrebbero dovuto star lontani, ma dal padre. A Hooch, Bill Harrison andava a genio, eccome, ma non l’avrebbe certo definito la guida ideale per due ragazzi… nemmeno se erano i suoi.

Si fermò davanti al portone della palizzata, a osservare quello che egli subito apprezzò come un tocco geniale. Sull’architrave, accanto ai soliti amuleti e talismani che avrebbero dovuto tener lontani i nemici, gli incendi e simili malanni, il governatore Bill aveva fatto appendere un cartello, largo quanto l’intero portone. A caratteri cubitali vi si leggeva:

CARTHAGE CITY

e a lettere più piccole:

CAPITALE DELLO STATO DEL WOBBISH

che era esattamente il genere di cosa che poteva venire in mente a Bill. In un certo senso, pensò Hooch, quel cartello era più potente di qualsiasi talismano. In quanto scintilla, per esempio, egli sapeva che un talismano contro il fuoco non avrebbe potuto fermarlo, ma solo rendergli più difficile appiccare il fuoco nelle immediate vicinanze del talismano stesso. Se avesse fatto divampare un bel fuoco da qualche altra parte, il talismano sarebbe stato incenerito assieme a tutto il resto. Ma quel cartello, che definiva il Wobbish uno Stato e Carthage City la sua capitale, ebbene, quel cartello poteva avere una certa forza, poteva esercitare il suo influsso sul modo di pensare della gente. Se una cosa viene ripetuta abbastanza spesso, la gente comincia a pensare che sia vera, e ben presto diventa vera. Certo, non cose del tipo «la luna stanotte si fermerà di colpo tornando sui suoi passi». Perché funzionasse, bisognerebbe che la luna potesse sentire. Ma se uno comincia a dire cose del genere «quella è una ragazza facile» o «il tale è un ladro», non ha molta importanza che la persona in questione ci creda oppure no, perché gli altri prima o poi cominciano a crederci e poi a comportarsi come se fosse vero. Perciò Hooch era convinto che se Harrison avesse fatto vedere a un numero sufficiente di persone un cartello che diceva che Carthage era la capitale dello Stato del Wobbish, un bel giorno la sarebbe davvero diventata.

Il fatto era, però, che a Hooch non interessava granché se a diventare governatore fosse stato Harrison, con la sua Carthage City per capitale, o quell’insopportabile astemio di Corazza-di-Dio Weaver, lassù a nord, dove il Tippy-Canoe riversava le sue acque nel Wobbish, che in tal caso avrebbe sicuramente stabilito la propria capitale a Vigor Church. Che quei due se la vedessero tra loro; chiunque avesse avuto la meglio, Hooch era fermamente intenzionato a diventare ricco e a tirare l’acqua al suo mulino. O così, o vedere tutto divorato dalle fiamme. Se mai Hooch fosse andato completamente in rovina, si poteva star certi che nessun altro ne avrebbe approfittato. Quando una scintilla non aveva più speranza, poteva sempre far pari, che all’incirca era tutto il vantaggio che secondo Hooch si poteva ricavare dall’essere una scintilla.

Be’, certo, essendo una scintilla poteva fare in modo che l’acqua del bagno fosse sempre bollente, perciò in fondo la sua non era una perdita secca. E poi era gradevole tornare alla civiltà dopo tutti quei giorni trascorsi sul fiume. I vestiti distesi sul letto erano puliti, ed era un sollievo non sentire più sul viso il pizzicore della barba. Per non parlare del fatto che la squaw che gli stava facendo il bagno moriva dalla voglia di ricevere una razione supplementare di liquore, e se Harrison non avesse mandato un soldato a bussare alla sua porta per dirgli di affrettarsi, Hooch avrebbe potuto riscuotere immediatamente la prima rata di ciò che la squaw aveva da offrirgli in cambio del whisky. Invece si asciugò e si vestì.

Quando fece per aprire la porta, la donna parve preoccupatissima. «Torni dopo?» chiese.

«Ma certo» rispose Hooch. «E mi porterò dietro un barilotto.»

«Prima di notte però» disse lei.

«Be’, forse sì e forse no» rispose Hooch. «Che te ne importa?»

«Quando notte, Rossi come me, tutti uscire da forte.»

«È così dunque» mormorò Hooch. «Be’, cercherò di tornare prima di notte. E se non torno, mi ricorderò di te. Posso scordarmi la tua faccia, ma non le tue mani, eh? È stato un bellissimo bagno.»

La donna sorrise, ma la sua era l’imitazione grottesca di un sorriso vero. Da quant’erano brutte le loro donne, Hooch non riusciva proprio a capire come mai i Rossi non si fossero estinti da un pezzo. Ma, socchiudendo gli occhi, in mancanza di donne vere ci si poteva anche accontentare.

Harrison non si era costruito solo una nuova residenza. Aveva aggiunto un intero tratto di palizzata, così che la superficie del fortino adesso era praticamente raddoppiata. E tutt’intorno alla palizzata correva un solido parapetto. Harrison era pronto per la guerra. La cosa riempì Hooch di inquietudine. In tempo di guerra il traffico dei liquori segnava il passo. I Rossi che attaccavano battaglia non erano della stessa razza di quelli che bevevano. Hooch si era talmente abituato a vedere i secondi da essersi quasi dimenticato dell’esistenza dei primi. C’era perfino un cannone. No, due. Quella vista non gli piacque affatto.

L’ufficio di Harrison non si trovava nella sua residenza, ma in un edificio a parte, il nuovo quartier generale. Al proprio ufficio Harrison aveva riservato l’angolo di sudest, quello più soleggiato. Hooch notò che nell’edificio, oltre al consueto contorno di soldati di guardia e di ufficiali al lavoro sulle loro scartoffie, c’erano parecchi Rossi sdraiati o seduti qua e là. I Rossi addomesticati di Harrison, naturalmente; a lui piaceva vedersene sempre intorno qualcuno.

Ma stavolta c’erano più Rossi addomesticati del solito, e l’unico che Hooch riconobbe era Lolla-Wossiky, uno Shaw-Nee orbo da un occhio. Lolla-Wossiky era ridotto in condizioni così penose da far ritenere un miracolo che non fosse ancora finito all’altro mondo. Tale era il suo stato di degradazione — un autentico leccapiedi — che perfino gli altri Rossi si burlavano di lui.

La cosa era resa ancora più divertente dal fatto che era stato lo stesso Harrison a uccidere suo padre, una quindicina di anni prima. Lolla-Wossiky, all’epoca ancora un marmocchio, aveva assistito alla scena. Harrison a volte raccontava questa storia di fronte allo stesso Lolla-Wossiky, e l’orbo ubriacone si limitava ad annuire e a ridacchiare, comportandosi come se non avesse avuto né una briciola di cervello né la minima traccia di dignità umana. Insomma era il Rosso più spregevole e abietto che Hooch avesse mai visto. Purché gli dessero il liquore, non gli importava neanche di vendicare il paparino. No, Hooch non rimase affatto sorpreso nel vedere che Lolla-Wossiky era disteso sul pavimento proprio davanti alla porta di Harrison, tant’è vero che questa, aprendosi, lo centrava in pieno sul deretano. Incredibile che persino adesso, dopo quattro mesi che a Carthage City non arrivava una goccia di liquore, Lolla-Wossiky fosse completamente sbronzo. Vedendo arrivare Hooch, si tirò a sedere appoggiandosi su un gomito, agitò un braccio in segno di saluto, quindi crollò di nuovo sul pavimento senza dire una sola parola. Il fazzoletto che teneva legato sull’occhio mancante gli era scivolato sulla fronte, così da esporre l’orbita vuota con le palpebre ripiegate all’interno. Hooch ebbe l’impressione che quell’occhio vuoto lo guardasse. Quella sensazione non gli piacque per niente. Lolla-Wossiky non gli andava a genio. Harrison era il tipo d’uomo che amava vedersi intorno quel genere di squallide creature — forse perché per contrasto lo facevano sentire un grand’uomo — ma a Hooch quei miserabili esemplari umani non piacevano affatto. Perché Lolla-Wossiky non era ancora morto?

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