Robert Jordan - L'Occhio del Mondo

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Non fu l’unico a stupirsi. «Un colpo micidiale» mormorò Moiraine. Ma non aggiunse altro.

Una pianta di rose rampicanti si era fatta strada sulla colonna di pietra che segnava il Confine. Dalle torri di guardia uscirono soldati ad accogliere il gruppetto; ridevano, come intontiti, e avevano negli occhi una luce di meraviglia, come se non riuscissero a credere di calpestare erba novella.

«La Luce ha sconfitto l’Ombra!»

«Una grande vittoria, al passo di Tarwin! Abbiamo ricevuto il messaggio. Abbiamo vinto!»

«La Luce ci favorisce di nuovo!»

«Re Easar è forte nella Luce» replicò Lan a tutte quelle grida.

Le guardie volevano prendersi cura di Moiraine, o quanto meno darle una scorta, ma l’Aes Sedai rifiutò. Anche distesa su di una barella, conservava tutto la sua autorità e i soldati s’inchinarono al suo volere.

Nel tardo pomeriggio arrivarono a Fal Dara. La città risuonava di festeggiamenti. Non c’era campana che non mandasse rintocchi, dalle minuscole campanelle d’argento dei finimenti ai grandi gong di bronzo in cima alle torri. Le porte erano spalancate e gli uomini correvano e cantavano per le vie, con fiori infilati nei capelli e nelle fessure dell’armatura. La popolazione normale non era ancora tornata da Fal Moran, ma i soldati erano appena giunti dal passo di Tarwin e bastava la loro gioia a riempire le vie.

«Vittoria a Tarwin! Abbiamo vinto!»

«Miracolo nel passo! L’Epoca Leggendaria è tornata!»

«Primavera!» rise un anziano soldato dal ciuffo grigio, mettendo al collo di Rand una ghirlanda di stelle del mattino. Anche il suo ciuffo era adorno di fiori. «La Luce ci benedice ancora con la primavera!»

Saputo che volevano andare alla fortezza, soldati con indosso armi e fiori li circondarono e aprirono loro la strada tra i festeggianti.

Il primo viso serio fu quello di Ingtar. «Sono giunto troppo tardi» disse Ingtar a Lan, torvo. «Un’ora troppo tardi. Santa Pace!» Digrignò i denti, ma poi parve pentito. «Perdonatemi. Il rimpianto mi fa dimenticare i doveri. Benvenuto, Costruttore. Benvenuti tutti. Sono lieto di vedere che siete tornati indenni dalla Macchia. Manderò la guaritrice nelle stanze di Moiraine Sedai e informerò lord Agelmar...»

«Conducimi da lord Agelmar» ordinò Moiraine. «Me e gli altri.» Ingtar aprì bocca per protestare, ma cedette alla forza dello sguardo dell’Aes Sedai.

Agelmar era nello studio; aveva appeso alle rastrelliere spada e armatura, ma neppure lui sorrideva. Aveva una ruga di preoccupazione che si accentuò alla vista di Moiraine portata in barella da servitori in livrea. Donne in nero e oro mormorarono perché l’Aes Sedai era stata portata alla presenza del Signore di Fal Dara senza che le avessero dato la possibilità di rinfrescarsi o di farsi curare dalla guaritrice. Loial portava lo scrigno d’oro. I frammenti del sigillo erano sempre nella bisaccia di Moiraine; lo stendardo di Lews Therin Kinslayer era avvolto nel rotolo di coperte dell’Aes Sedai legato dietro la sella di Aldieb. Uno stalliere aveva ricevuto in consegna la giumenta bianca e l’ordine preciso di provvedere che il rotolo fosse portato intatto nelle stanze assegnate all’Aes Sedai.

«Pace santa!» borbottò lord Agelmar. «Sei ferita, Moiraine Sedai? Ingtar, perché non l’hai fatta mettere a letto e non hai chiamato la guaritrice?»

«Non rimproverarlo, lord Agelmar» disse Moiraine. «Ingtar ha eseguito i miei ordini. Non sono così fragile come tutti sembrano credere.» Indicò a due delle donne di aiutarla ad accomodarsi in una sedia. Per un momento le due, torcendosi le mani, protestarono che era troppo debole e che avrebbe dovuto distendersi in un letto caldo, in attesa della guaritrice e d’un bagno. Moiraine inarcò il sopracciglio; le due donne tacquero di colpo e si affrettarono ad aiutarla a sedersi. Appena accomodata, lei le congedò con un gesto d’irritazione. «Vorrei parlarti, lord Agelmar.»

Agelmar annuì e Ingtar ordinò ai servitori di lasciare la stanza. Il Signore di Fal Dara guardò i presenti, soprattutto Rand e Loial che reggeva sempre il cofano d’oro.

«Abbiamo saputo» disse Moiraine, appena la porta si chiuse alle spalle di Ingtar «che hai ottenuto una grande vittoria, al passo di Tarwin.»

«Sì» rispose Agelmar, tornando a corrugare la fronte. «Sì e no, Aes Sedai. I Mezzi Uomini e i loro Trolloc sono stati distrutti fino all’ultimo, ma si può dire che noi quasi non abbiamo combattuto. Un miracolo, lo chiamano i miei uomini. La terra ha inghiottito i nemici, le montagne li hanno seppelliti. Sono rimasti solo alcuni Draghkar, troppo spaventati per attaccarci, che sono fuggiti a settentrione alla massima velocità.»

«Davvero un miracolo» disse Moiraine. «E la primavera è giunta di nuovo.»

«Un miracolo» disse Agelmar, scuotendo la testa. «Però... Moiraine Sedai, gli uomini dicono molte cose, su quel che è accaduto nel Passo. Che la Luce si è fatta carne e ha combattuto per noi. Che il Creatore ha camminato nel Passo per colpire l’Ombra. Ma io ho visto un uomo, Moiraine Sedai. Ho visto un uomo; e quel che ha fatto non può essere, non deve essere.»

«La Ruota gira e ordisce come vuole, Signore di Fal Dara.»

«Hai ragione, Moiraine Sedai.»

«E Padan Fain? È al sicuro? Devo parlargli, quando mi sarò riposata.»

«È prigioniero, come avevi ordinato; per metà del tempo si lamenta e per l’altra metà cerca di dare ordini alle guardie, ma... Santa Pace, Moiraine Sedai, che cosa è accaduto, nella Macchia? Hai trovato l’Uomo Verde? Scorgo la sua mano, nella crescita di piante nuove.»

«L’abbiamo trovato» rispose Moiraine, in tono piatto. «L’Uomo Verde ora è morto e l’Occhio del Mondo è scomparso. Non ci saranno altre cerche di giovani vogliosi di gloria.»

Il Signore di Fal Dara si accigliò e scosse la testa, confuso. «Morto? L’Uomo Verde? Impossibile... Allora siete stati sconfitti? Ma i fiori, le piante?»

«Abbiamo vinto, lord Agelmar. Abbiamo vinto, la fine dell’inverno ne è la prova; ma purtroppo l’ultima battaglia non è stata ancora combattuta.» Rand si agitò, ma l’Aes Sedai gli scoccò un’occhiata dura e lui rimase immobile. «La Macchia esiste ancora e le forge di Thakan’dar sono in funzione, sotto Shayol Ghul. Esistono ancora molti Mezzi Uomini e innumerevoli Trolloc. Non credere che la sorveglianza lungo le Marche di Confine non sia più necessaria.»

«Non l’ho mai pensato, Aes Sedai» replicò Agelmar, brusco.

Moiraine indicò a Loial di deporre ai suoi piedi il cofano d’oro; lo aprì e mise in mostra il corno. «Il Corno di Valere» disse. Agelmar rimase a bocca aperta. Rand pensò addirittura che si sarebbe inginocchiato.

«Con il Corno, Moiraine, non conta più quanti Mezzi Uomini o quanti Trolloc rimangano. Appena gli eroi d’un tempo torneranno dalla tomba, marceremo verso le Terre Inaridite e spianeremo Shayol Ghul.»

«No!» esclamò Moiraine. Agelmar rimase a bocca aperta per lo stupore, ma l’Aes Sedai soggiunse, con calma: «Non ti ho mostrato il Corno per provocarti, ma per farti sapere che nello scontro a venire la nostra forza sarà pari a quella dell’Ombra. Il campo di battaglia non è qui. Bisogna portare il Corno a Illian. Laggiù, in previsione di altre battaglie, devono radunarsi le forze della Luce. Ti chiedo una scorta dei tuoi uomini migliori perché il Corno arrivi a Illian senza pericolo. Esistono ancora Amici delle Tenebre, oltre a Mezzi Uomini e Trolloc; e coloro che risponderanno al richiamo del Corno, seguiranno chiunque lo suoni. Deve arrivare a Illian.»

«Sarai accontentata, Aes Sedai» disse Agelmar. Ma quando il coperchio del cofano si chiuse, il Signore di Fal Dara parve una persona a cui negassero l’ultimo sguardo alla Luce.

Sette giorni dopo, a Fal Dara le campane rintoccavano ancora. La popolazione era tornata da Fal Moran e si era unita ai festeggiamenti dei soldati; grida e canti si mischiavano ai rintocchi. Fermo sulla veranda che dava sui giardini privati di Agelmar, rigogliosi e fioriti, Rand non diede neppure una seconda occhiata allo spettacolo. Anche se il sole era alto, nello Shienar la primavera era più fredda di quella a cui lui era abituato; eppure il sudore gli imperlava le spalle e il petto nudi, mentre lui muoveva la spada col marchio dell’airone, con mosse precise ma distanti dal punto dove lui galleggiava nel vuoto. Anche così assorto, si domandava quanta gioia avrebbe invaso la città, se la gente avesse saputo dello stendardo che Moiraine teneva ancora nascosto.

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