Robert Jordan - L'Occhio del Mondo

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«Che cos’è?» domandò.

«Lo stendardo del Signore del Mattino, quando guidò contro l’Ombra le forze della Luce» rispose lentamente Moiraine. «Lo stendardo di Lews Therin Telamon. Lo stendardo del Drago.» Loial lasciò quasi cadere il lembo che reggeva.

«Santa Luce!» esclamò debolmente Mat.

«Porteremo con noi questi oggetti, quando ce ne andremo» disse Moiraine. «Non furono messi qui per caso. Devo approfondire la faccenda.» Con le dita sfiorò la bisaccia che conteneva i frammenti del sigillo. «Ormai è troppo tardi per iniziare il viaggio di ritorno. Riposeremo, e mangeremo, ma partiremo di buon’ora. La Macchia circonda sempre questo luogo, non come lungo la Frontiera, ed è forte. Senza l’Uomo Verde, questo posto non resisterà a lungo.» Si rivolse a Nynaeve e a Egwene. «Aiutatemi a distendermi. Devo riposare.»

Solo allora Rand notò la scena che aveva sempre avuto sotto gli occhi senza vederla. Foglie scure e secche cadevano dalla grande quercia. Sul terreno, un folto strato di foglie morte frusciava alla brezza e il marrone si mischiava ai colori dei petali caduti da migliaia di fiori. L’Uomo Verde aveva tenuto a bada la Macchia, ma già quest’ultima uccideva la sua opera.

«È finita, vero?» domandò Rand a Moiraine. «È fatta.»

L’Aes Sedai girò la testa. I suoi occhi parvero profondi come l’Occhio del Mondo. «Abbiamo portato a termine il compito per cui eravamo venuti» disse. «D’ora in poi, puoi vivere la tua vita come il Disegno la tesserà. Mangia e poi dormi, Rand al’Thor. Dormi e sogna casa tua.»

53

La Ruota gira

L’alba mostrò la rovina del giardino dell’Uomo Verde. Il terreno era coperto di foglie secche, in certi punti alte fino al ginocchio. Tutti i fiori erano morti, a parte alcuni che resistevano disperatamente lungo il limitare della radura. Un piccolo cerchio di fiori e d’erba circondava il massiccio tronco sulla tomba dell’Uomo Verde. La quercia stessa aveva solo metà delle foglie, ma superava di gran lunga ogni altro albero: pareva quasi che un residuo dell’Uomo Verde lottasse ancora per mantenere vivo quel posto. La fresca brezza era scomparsa, sostituita da un caldo sempre più appiccicoso; le farfalle erano sparite, non si udivano uccelli. Fu un gruppetto silenzioso, quello che si preparò alla partenza.

Montando in sella al baio, Rand provò un senso di perdita. “Non dovrei sentirmi così” si disse. “Sangue e ceneri, abbiamo vinto noi!"

«Vorrei che avesse trovato l’altro suo posto» disse Egwene, montando in groppa a Bela. Una barella, fatta da Lan, era appesa fra l’irsuta giumenta e Aldieb, per trasportare Moiraine; Nynaeve avrebbe cavalcato dall’altro lato, reggendo le redini della giumenta bianca. La Sapiente abbassava gli occhi ogni volta che Lan la guardava, ne evitava lo sguardo; il Custode la fissava ogni volta che lei guardava da un’altra parte, ma non intendeva parlarle.

«Non è giusto» disse Loial, fissando la quercia. L’Ogier era l’unico ancora a terra. «Non è giusto che Fratello Albero debba cedere alla Macchia.» Porse a Rand le redini del proprio cavallo. «Non è giusto.»

Lan aprì bocca, mentre l’Ogier si accostava alla grande quercia. Moiraine, distesa sulla barella, sollevò debolmente la mano e il Custode rimase in silenzio.

Davanti alla quercia Loial si inginocchiò, chiuse gli occhi e protese le braccia. Le orecchie irsute si tesero, quando lui alzò la faccia al cielo. E cantò.

Rand non avrebbe saputo dire se quel canto aveva parole: pareva quasi che la terra stessa cantasse, eppure lui fu sicuro di udire di nuovo il trillo degli uccelli e il sospiro lieve della brezza primaverile e il fruscio d’ali di farfalla. Assorto nel canto, pensò che durasse solo qualche minuto; ma quando Loial abbassò le braccia e riaprì gli occhi, Rand si accorse che il sole era assai alto, mentre prima sfiorava la cima degli alberi. Le foglie ancora sui rami parevano d’un verde più intenso, più salde di prima. I fiori che circondavano il tronco erano più dritti, le stelle del mattino erano candide e fresche, i nodi d’amore d’un intenso rosso cremisi.

Tergendosi il sudore, Loial si alzò e prese le redini. Le lunghe sopracciglia avevano una piega d’imbarazzo, quasi a indicare che forse pensava d’avere dato spettacolo. «Non ho mai cantato con tanta intensità, prima d’ora» disse l’Ogier. «Non ci sarei riuscito, se una piccola parte di Fratello Albero non fosse ancora qui. I miei Canti non hanno il suo potere.» Montò in sella; nello sguardo che rivolse alla quercia e ai fiori c’era una luce di soddisfazione. «Questa piccola zona, almeno, non sarà inghiottita. La Macchia non avrà Fratello Albero.»

«Sei un uomo di cuore, Ogier» disse Lan.

Loial sorrise. «Lo riterrò un complimento, ma non so cosa direbbe l’Anziano Haman.»

Cavalcarono in fila, con Mat dietro il Custode, dove poteva usare efficacemente l’arco in caso di bisogno, e Perrin alla retroguardia, con l’ascia di traverso sulla sella. Arrivarono in cima a una collina e in un batter d’occhio la Macchia fu intorno a loro, un arcobaleno di tonalità distorte e imputridite e virulente. Rand guardò indietro, ma il giardino dell’Uomo Verde era ormai fuori vista. Solo la Macchia si estendeva alle loro spalle, come in precedenza. Eppure Rand credette, solo per un istante, di scorgere ancora l’alta cima della quercia, verde e rigogliosa.

Non fu necessario aprirsi la strada con le armi, come all’andata: la Macchia era silenziosa e immobile, come morta. Non un solo ramo vibrò come per colpirli, non si udì un grido né un ululato, neppure in lontananza. La Macchia pareva acquattata, non pronta a balzare addosso, quasi avesse ricevuto un colpo tremendo e aspettasse il successivo. Perfino il sole era meno rosso.

Quando oltrepassarono la catena di laghi, il sole non era molto lontano dallo zenit. Lan si mantenne a notevole distanza dai laghi e non li guardò neppure, ma Rand pensò che ora le sette torri sembravano più alte. Era sicuro che la loro sommità frastagliata si elevasse maggiormente e che al di sopra ci fosse qualcosa quasi visibile, torri prive di commessure che splendevano al sole e vessilli con la Gru Dorata che garrivano al vento. Batté le palpebre e guardò intensamente, ma le torri non svanirono del tutto. Rimasero al limitare del campo visivo, finché la Macchia non tornò a nascondere la serie di laghi.

Prima del tramonto il Custode scelse il luogo per accamparsi; Moiraine chiese a Nynaeve e a Egwene di aiutarla a predisporre le difese. L’Aes Sedai bisbigliò qualcosa alle altre due, prima di cominciare. Nynaeve esitò, ma quando Moiraine chiuse gli occhi, anche lei, come Egwene, la imitò.

Rand notò che Mat e Perrin fissavano la scena e si domandò come potessero essere sorpresi. “Ogni donna è una Aes Sedai” si disse, senza allegria. “La Luce m’aiuti, lo sono anch’io." L’umor nero gli toglieva la voglia di parlare.

«Perché tutto è così diverso?» domandò Perrin, quando Egwene e la Sapiente aiutarono Moiraine a distendersi. «Si sente...» Scrollò le spalle, come se non riuscisse a trovare le parole giuste.

«Abbiamo inferto al Tenebroso un colpo micidiale» disse Moiraine, abbandonandosi con un sospiro. «L’Ombra impiegherà parecchio tempo a riprendersi.»

«Ma come abbiamo fatto?» domandò Mat.

«Pensa a dormire» disse Moiraine. «Non siamo ancora usciti dalla Macchia.»

Ma il mattino seguente Rand non vide traccia di cambiamenti. Certo, la Macchia sbiadiva, mentre procedevano verso meridione. Gli alberi distorti lasciarono posto a quelli dritti. Il calore soffocante diminuì. Il fogliame imputridito lasciò posto a quello solo malato. E poi a quello normale. La foresta tutt’intorno divenne rossa di foglie nuove, fitte sui rami. Germogli spuntavano nel sottobosco, rampicanti coprivano di verde le rocce, fiori selvatici sbocciati da poco punteggiavano l’erba rigogliosa e lucida come nel giardino dell’Uomo Verde. Sembrava che la primavera, così a lungo respinta dall’inverno, corresse a riprendere il suo posto.

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