Robert Sawyer - Origine dell'ibrido

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Origine dell'ibrido: краткое содержание, описание и аннотация

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Mary Vaughan e Ponter Boddit, due scienziati che vogliono avere un figlio. C’è un ostacolo, però: lei appartiene alla specie Homo sapiens ed è nata nel nostro universo, lui è un Neanderthal evoluto e rappresenta la specie dominante di un mondo parallleo. La tecnologia per susperare il gap biologico esiste: è nelle mani di uno scienziato Neanderthal che vive nelle solitudini del suo mondo. Il problema, tuttavia, non è come raggiungerlo, ma come superare la violenza e il razzismo di una pianeta pieno d’odio. Il nostro.

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Mentre il medico scattava verso destra, Louise ne aveva approfittato per lanciarsi in direzione opposta. Come nel Canada dell’altro universo, anche qui il suolo era disseminato di massi: la ragazza ne trovò uno abbastanza grande da nasconderla.

Mary restò nel bel mezzo della scena, troppo lontana da entrambi i ripari.

— Bah — disse Jock, considerando quella fuga come un banale contrattempo. Puntò di nuovo l’arma su Mary. — Recita le tue ultime preghiere.

Ponter corse come non aveva mai fatto, seguendo le piste già tracciate sulla neve. Respirava solo dalle narici, permettendo alle vaste cavità nasali di umidificare e scaldare l’aria gelida prima che raggiungesse i polmoni.

— Quanto manca? — chiese.

Hak rispose nella coclea: — Se non si sono spostati, sono dietro il prossimo dosso. — Breve pausa, poi: — Non parlare più, potresti avvertire Jock della tua presenza.

Ponter digrignò i denti. “Vuoi insegnare il mestiere a un cacciatore?”

Il Companion di Mary le comunicò per via interna: — Ponter è a soli 50 metri. Dagli solo un minimo di tempo, costringi Jock a parlare…

Mary annuì in modo così lieve che se ne accorse solo Christine. — C’è una cosa che non sai — disse a Jock.

Lui non si smosse di un millimetro. — E sarebbe?

Mary pensò più in fretta che poté. — I neanderthal sono… sono telepatici.

— Ah, buona questa!

— Dico la verità! — Ponter era apparso da dietro un mucchio di neve, alle spalle di Jock. — È per questo motivo che sono atei. T nostri cervelli tentano regolarmente di mettersi in contatto con quelli altrui, ma senza riuscirci; ed è questo a farci credere che esista una realtà superiore, inafferrabile. Ma nei neanderthal i neuroni funzionano meglio: loro non hanno esperienze di tipo mistico… — merda, era una storia che faceva acqua da tutte le parti — non le hanno, perché sono sempre in contatto reciproco.

Ponter stava avanzando con cautela sulla neve, silenzioso come un gatto. Jock era controvento rispetto a lui, ma non possedeva l’olfatto di un barast. Grazie al cielo.

— Pensa a quanto sarebbe utile la telepatia nelle attività di spionaggio! — esclamò Mary, soprattutto per coprire Ponter. — Io stavo per isolare il gene che dà loro questa capacità. Ammazzami, e il segreto finirà con me nella tomba.

— Perbacco, professoressa Vaughan — fece Jock. — Ma questa è tattica di disinformazione. Sono impressionato. — Ponter era alla minima distanza possibile perché Jock non notasse la sua ombra; maledizione al sole alle spalle. Chiuse il pugno, lo sollevò…

Jock dovette percepire qualcosa. Si voltò un attimo prima che il colpo gli fracassasse il cranio, andando ad abbatterei sulla sua spalla sinistra. Si sentì lo scricchiolio delle ossa. Jock urlò e lasciò cadere la scatola, ma mantenne la presa sulla pistola. Sparò. Ma era contro sole, per cui andò di parecchio fuori mira.

Mary non sapeva come aiutare il suo uomo; raggiunse Reuben dietro l’albero. Con un ruggito, Ponter sferrò un colpo laterale che gettò Jock con la faccia nella neve. Poi scattò verso il braccio destro del gliksin, deviando la pistola in una direzione innocua. Un altro bang terrificante. Dopo una rapida colluttazione, Ponter si impadronì dell’arma, e la gettò lontano. Quindi voltò Jock sulla schiena e sollevò il braccio destro, stringendo le dita.

Jock rotolò verso destra, afferrando la scatola metallica. Toccò qualcosa, ne sprizzò fuori un gas biancastro.

Ponter rimase invisibile dentro la nube tossica. Mary poté però distinguere che afferrava Jock per la gola e, con l’altro pugno, mirava alla faccia.

— Ponter, nooo! — gridò Louise da dietro il masso. — Dobbiamo sapere…

L’imprevisto rallentò il colpo. Tuttavia, l’impatto delle nocche sul volto di Jock si sentì a distanza. La testa dell’uomo scattò a molla all’indietro, e crollò a occhi chiusi sul suolo.

La nube continuava a espandersi. Mary si precipitò accanto all’oggetto metallico. Il gas la accecava. Cercò a tastoni una valvola o qualcosa del genere, ma non la trovò.

Si era avvicinato anche Reuben, ma diretto verso Jock. Gli tastò il polso. — Ha perso conoscenza, ma è vivo — disse, rivolto a Ponter.

Mary si tolse il cappotto per avvolgervi la scatola. All’inizio sembrò funzionare, poi l’abito esplose, producendo una decina di tagli sulla pelle scoperta di lei. La nube si levava sempre più minacciosa.

Anche Louise si era chinata su Jock. — Quanto gli resta? — chiese.

Reuben alzò le spalle. — Hai sentito il rumore prodotto dal pugno. Deve avere come minimo una commozione cerebrale, ma probabilmente una frattura cranica. Questione di ore.

— Ma dobbiamo sapere! — strillò Mary.

— Sapere cosa? — chiese Reuben.

Mary aveva il cuore prossimo all’infarto; deglutiva a fatica. — Che versione del virus aveva! Reuben non capì. — Che vuoi dire?

— Ieri notte, Mary ha modificato la formula — disse Louise. — Se Jock ha prodotto il gas stamattina, bene. Ma se…

Mary non ascoltava più. Nella testa aveva solo un ronzio, un pulsare continuo. Voleva urlare. Se Jock aveva usato il codificatore di codoni prima che lei intervenisse sul file, allora quella nube conteneva il virus Wipeout originale. Il che significava…

Mary si sentiva svenire.

Significava che quel figlio di puttana gliksin aveva appena ucciso l’uomo che lei amava.

41

“Alcuni scienziati hanno ipotizzato che, siccome sembra che ci fosse una sola Terra 40.000 anni fa, all’emergere della coscienza umana, in tutto questo vasto universo non esistano altre forme di coscienza… o almeno, non più antiche della nostra. Se questo è vero, allora l’esplorazione del cosmo non è solo una necessità concreta, è un nostro dovere. Perché, a parte noi Homo sapiens , nessun altro sente questo desiderio…”

Per il momento, Ponter non accusava sintomi; del resto, nessun virus agiva così rapidamente.

Ponter strappò strisce di cuoio dai cappotti di Reuben, che poi il medico e Louise utilizzarono per legare Jock, mani e piedi. Quindi i due uomini lo trasportarono nel più vicino edificio, forse quello stesso in cui si era rifugiata Dekant Dorst, sperando però che nel frattempo fosse fuggita il più lontano possibile. Era il tramonto; la temperatura continuava ad abbassarsi. Nonostante tutto non se la sentivano di lasciare Jock all’addiaccio.

Reuben e Ponter uscirono dall’edificio, chiusero la porta e tornarono dalle due donne. — Forza — propose Reuben al neanderthal — andiamo alla miniera. All’impianto di decontaminazione.

Lui fu colto di sorpresa. Non ci aveva pensato! E neppure Mary.

— Credi che ci sia qualche chance? — chiese lei. Aveva negli occhi un’espressione disperata.

— Perché no? — rispose Reuben. — Quei laser dovrebbero essere in grado di distruggere qualsiasi molecola nociva, no? Mi sembra la soluzione ottimale, e… — Si voltò verso Ponter. — Non c’è un impianto più vicino? Al Centro non avete ospedali?

— Sì, ma l’impianto più sofisticato è quello realizzato presso il varco.

— Allora andiamoci — disse Reuben.

— Prima dobbiamo fare evacuare la miniera — aggiunse Ponter.

— Io chiamo un cubo — disse Mary, e stava per parlare al Companion, ma Reuben la bloccò: — Non possiamo esporre altri neanderthal.

— Allora… allora lo porteremo in barella fin là — disse Mary.

Ce n’est pas possible — disse Louise. — La miniera è a chilometri da qui.

— Posso andarci con le mie gambe — rilevò Ponter.

Reuben scosse la testa. — Devi sottoporti alla terapia al più presto. Non tra qualche ora.

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