Frank Schätzing - Il quinto giorno

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Gennaio, costa del Perù. Il povero pescatore Juan non crede ai suoi occhi: dopo lunghe settimane di magra, si stende davanti a lui un enorme banco di pesci. Ma il terrore cancella ben presto la felicità: i pesci, muovendosi come un unico essere, distruggono la rete, ribaltano la barca e impediscono all'uomo di raggiungere la superficie.
Marzo, Norvegia. A bordo di una nave oceanografica un biologo e una scienziata osservano milioni di "vermi" luminescenti che sembrano aver invaso lo zoccolo occidentale. Da dove vengono? Cosa sono?
Pochi giorni dopo, Canada. Un gruppo di balene attaccano la Barrier Queen e la affondano. Il mondo intero sarà drammaticamente coinvolto in questi avvenimenti in apparenza così lontani tra loro.

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Che sistema circolatorio! Il fondale marino si muove intorno alla sfera terrestre, spaccato dalla pressione della Terra e trascinato dal peso delle placche terrestri che s'immergono. Un continuo schiacciare, tirare, trascinare: doglie neolitiche e cerimoniale funebre che formano il volto della Terra. L'Africa si unirà all'Europa. Di nuovo unite! I continenti si spostano. Ma non si muovono come rompighiaccio attraverso la dura crosta terrestre; sono trascinati passivamente su di essa, da quando Rodinia, il primo di tutti i continenti primordiali, si è spezzato, nel Precambriano. I frammenti dell'antico continente tendono sempre l'uno verso l'altro, si ritrovano in Gondwana e infine in Pangea e poi si dividono di nuovo, una famiglia dispersa, col ricordo vecchio di centosessantacinque milioni di anni di un'unica massa terrestre unita, circondata da un unico oceano, legata alla velocità di scorrimento del denso mantello roccioso, condannata a ricercarsi continuamente su una sfera.

Tu sei una particella.

Tu vivi solo un attimo di tutto ciò. Mentre il fondale atlantico scivola di cinque centimetri, per te è già passato un anno. In questo viaggio, tu vedi la vita senza sole. La lava si raffredda velocemente, formando faglie e fenditure. L'acqua marina penetra nel fondale poroso. Scende a chilometri di profondità fin nelle immediate vicinanze dei caldissimi serbatoi magmatici, nelle viscere della Terra, ritorna indietro, satura di calore che dona la vita e di minerali, colorata di nero dai solfuri, e schizza fuori in formazioni a camino alte come una casa, caldissima ma senza bollire. A simili profondità, l'acqua a trecentocinquanta gradi di temperatura non bolle, ma scorre fuori e diffonde la sua ricchezza di nutrimento nelle immediate vicinanze, un'offerta cento volte maggiore di quella delle acque circostanti. In questo viaggio nell'universo sconosciuto, hai raggiunto i primi avamposti di comunità aliene di esseri viventi che non hanno bisogno della luce del sole. Intorno alle fumarole nere s'insediano vermi lunghi vari metri e intrecciati tra loro, mitili della lunghezza di un braccio, eserciti di granchi bianchi e ciechi, di pesci, ma soprattutto di batteri. Esseri autosufficienti, come le piante verdi che si nutrono di luce solare e da cui si crede dipenda tutta la vita. Ma questi batteri non hanno bisogno del sole. Essi ossidano l'acido solfidrico. La loro fonte vitale è l'interno della Terra. In prati estesi, coprono il terreno della comunità di vita delle fumarole nere, vivendo in simbiosi coi vermi, coi mitili e con alcuni granchi mentre, a loro volta, altri granchi e pesci vivono di mitili e vermi, senza che ci sia a disposizione un solo raggio di sole.

Forse le prime forme di vita di questo pianeta non provengono dalla superficie, Karen, ma da qui, dagli abissi senza luce. Col tuo viaggio negli abissi atlantici, tu vedi il vero giardino dell'Eden. Certamente gli yrr sono la più antica delle due specie intelligenti, una delle quali ha ereditato la terraferma, perdendo così la sua culla.

Immagina che gli yrr siano la specie prediletta.

La specie divina.

Controllo del sistema.

Karen richiama i suoi pensieri ormai arrivati fino all'Africa e ridotti a particelle. Deve concentrarsi sul presente. Potrebbe essere in viaggio da cento anni. All'esterno, scorrono a una certa distanza luci spettrali, ma non sono gli yrr, bensì banchi di gamberetti luminosi. Non si riesce a riconoscerli con precisione. Forse sono piccole seppie o qualcosa di completamente diverso.

Duemilacinquecento metri.

Ancora circa mille metri al fondale. Intorno a lei non sembra esserci altro che acqua, ma d'un tratto il sonar comincia a suonare freneticamente. Le dice che si sta avvicinando qualcosa di massiccio. Deve essere di dimensioni enormi e si sta avvicinando proprio a lei. Una superficie impenetrabile che sprofonda sopra di lei. Karen sente la paura latente trasformarsi in panico. Mentre quella cosa gigantesca si avvicina, lei fa una virata di centottanta gradi. I microfoni esterni portano nel Deepflight un frastuono che non ha nulla di terrestre e diventa sempre più alto, qualcosa tra un ruggito e un gemito. Karen è tentata di scappare, ma poi la curiosità ha la meglio. È abbastanza distante da quel qualcosa sconosciuto e non sembra che l'essere la stia inseguendo.

Ammesso che sia un essere.

Con una seconda virata, scivola a velocità ridotta verso di lui. Ora è alla sua altezza, proprio davanti. Il Deepflight vibra nelle turbolenze.

Turbolenze?

Che può essere? È così grande! Una balena? Ma ha le dimensioni di dieci balene. O di cento. O più ancora.

Accende i proiettori.

Nello stesso istante, si rende conto di essersi avvicinata alla cosa più del previsto. La vede ai margini del cono di luce. Per un momento, Karen è troppo sbalordita per determinare genere e origine della piatta superficie che sta transitando davanti a lei finché nei proiettori non appare qualcosa di chiaro. Linee dritte e curve lunghe metri, che le risultano spaventosamente note, e formano un nome:

USS Inde…

Lo shock la fa gridare.

L'urlo risuona senza riverbero e la riporta alla consapevolezza di essere incapsulata nel suo tubo, sola. E ora che vede la nave affondare davanti ai suoi occhi è ancora più sola. I suoi pensieri corrono a Leon, a Sigur, a Samantha, a Murray, agli altri.

Leon!

Continua a fissare, sbalordita.

Per un attimo compare il bordo del ponte di volo, poi sparisce. Il resto rimane nascosto nel buio. Si vedono solo danzare le bolle dell'aria che esce.

Subito dopo, un vortice trascina con sé il Deepflight .

No!

Karen cerca febbrilmente di stabilizzare il batiscafo. Maledetta curiosità! Perché non ha saputo aspettare a distanza di sicurezza? I sistemi indicano che non c'è neppure una cosa in ordine. Karen cerca di risalire, spingendo il batiscafo alla massima velocità. Il Deepflight lotta e barcolla, seguendo l' Independence nella fossa, poi finalmente rivela la genialità del suo progetto, riesce a sfuggire al vortice e risale velocemente.

Da un secondo all'altro, tutto torna come se nulla fosse accaduto.

Il cuore le batte all'impazzata. Le rimbomba nelle orecchie. Come uno stantuffo, spinge il sangue al cervello. Karen spegne i proiettori, abbassa con calma il Deepflight e riprende il suo viaggio negli abissi del bacino di Groenlandia.

Dopo un po', qualche minuto o forse pochi secondi, piange. Tutti i pensieri sgorgano. Piange come una vite tagliata. Che significa? Sapeva che l' Independence sarebbe affondata, lo sapevano tutti, ma così in fretta…

Certo, sapevamo anche quello.

Ma ignora se Leon è ancora vivo. E cosa ne è di Sigur.

Si sente spaventosamente sola.

Voglio tornare indietro!

«Voglio tornare indietro!»

Col volto rigato dalle lacrime, le labbra che tremano, comincia a dubitare della sensatezza della sua missione. Non ha incontrato gli yrr, benché il fondale sia sempre più vicino. Controlla gli strumenti. Il computer la tranquillizza. Le dice che è in viaggio da circa mezz'ora e che si trova a duemilasettecento metri di profondità.

Mezz'ora. Per quanto deve ancora resistere lì sotto?

Vuoi vedere tutto?

Cosa?

Vuoi vedere tutto, piccola particella?

Karen tira su col naso. Un rumore forte e distinto, molto terrestre in quel nero Paese delle meraviglie.

«Papà?» piagnucola.

Calma. Calmati.

Una particella non si chiede quanto durerà. Semplicemente si muore o sta ferma. Segue il ritmo della creazione, obbediente servitrice del tutto. Quella assillante domanda sulla durata è tipica degli umani, è la lotta contro la propria natura, la divisione in epoche… Agli yrr il tempo non interessa. Il tempo lo portano nel loro genoma, fin dall'inizio della vita cellulare, quando, duecento milioni di anni fa, i blocchi di roccia oceanica si attaccarono alle masse continentali che formano l'odierna America settentrionale; quando, sessantacinque milioni di anni fa, la Groenlandia cominciò ad andare alla deriva, allontanandosi dall'Europa; quando, trentacinque milioni di anni fa, si formarono le caratteristiche topografiche dell'Atlantico; quando la Spagna era ancora lontana dall'Africa; quando i fondali sottomarini sprofondarono tanto che, venti milioni di anni fa, finalmente si mise in moto lo scambio tra oceano Artico e Antartico, grazie al quale, particella, è possibile il tuo viaggio, iniziato nel bacino di Groenlandia e che ti porterà, costeggiando l'Africa, verso sud, all'Antartico.

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