Arthur Clarke - Le fontane del Paradiso

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Le fontane del Paradiso: краткое содержание, описание и аннотация

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Protagonista del romanzo è l'ingegnere Morgan, creatore del Ponte di Gibilterra. Grazie alla rivoluzionaria tecnologia del cavo cristallino monomolecolare (citato a più riprese anche da William Gibson), per la prima volta diventa tecnicamente possibile costruire un "ascensore spaziale", ovvero una torre che connetta la superficie terrestre ad un satellite geostazionario, e che renda obsoleti i razzi vettori. Il romanzo narra gli sforzi e la lotta di Morgan per realizzare il suo sogno, a dispetto di un esercito di oppositori: politici, concorrenti, grandi compagnie, banche, e persino monaci buddisti. Ma il colpo di scena del romanzo è l'arrivo di Stellaplano, una sonda aliena automatica che visita il Sistema Solare sconvolgendo con la sua sola comparsa la vita, la società, la filosofia, l'etica e le religioni terrestri. Dopo la visita di Stellaplano, niente più sul nostro pianeta sarà come prima.
Altra caratteristica notevole di
, il fatto che la maggior parte della storia si svolga a Sri Lanka. Clarke riesce in questo romanzo ad omaggiare lo straordinario passato della sua patria d'adozione, e nel contempo ad offrirci una panoramica sulle bellezze e sulle meraviglie dell'isola indiana.

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2069 05 giugno GMT 20,38.

Messaggio 4675 sequenza 2.

Stellaplano a Terra:

Il mio ultimo aggiornamento su questo argomento risale a 175 anni fa, ma se vi comprendo correttamente la risposta è come segue. Il comportamento del tipo che definite religioso si è verificato fra 3 delle 15 culture conosciute di Classe Uno, 6 delle 28 culture di Classe Due, 5 delle 14 culture di Classe Tre, 2 delle 10 culture di Classe Cinque. Noterete che abbiamo molti più esempi della Classe Cinque, perché solo queste culture si possono scoprire su distanze astronomiche.

2069 06 giugno GMT 12,09.

Messaggio 5897 sequenza 2.

Stellaplano a Terra:

È esatta la vostra deduzione che le 3 culture di Classe Cinque che si sono dedicate ad attività religiose possedevano tutte un sistema riproduttivo bi-genitoriale e che i giovani restavano nei gruppi familiari per un'abbondante frazione della loro esistenza. Come siete arrivati a questa conclusione?

2069 08 giugno GMT 15,37.

Messaggio 6943 sequenza 2.

Stellaplano a Terra:

L'ipotesi da voi denominata Dio, per quanto non respingibile sull'unica base della logica, non è necessaria per la ragione che segue.

Se voi presumete che l'universo può essere cito spiegato fine citazione come creazione di un'entità conosciuta come Dio, egli deve ovviamente possedere un grado d'organizzazione superiore al suo prodotto. Così voi avete più che raddoppiato le dimensioni del problema di partenza, e avete compiuto il primo passo su un regresso divergente all'infinito. Guglielmo d'Occam ha fatto notare sin dal vostro quattordicesimo secolo che le entità non debbono essere moltiplicate senza necessità. Di conseguenza non riesco a capire perché questo dibattito prosegua.

2069 11 giugno GMT 06,48.

Messaggio 8964 sequenza 2.

Stellaplano a Terra:

Stellisola mi ha informato 456 anni fa che l'origine dell'universo è stata scoperta ma non posseggo i circuiti necessari per comprenderla. Dovreste comunicare direttamente per ulteriori informazioni.

Ora passo alla navigazione e devo interrompere il contatto. Arrivederci.

Secondo l'opinione di molti, quell'ultimo messaggio, celeberrimo fra le migliaia inviate, provava che Stellaplano possedeva "sense of humour". Altrimenti, perché avrebbe aspettato proprio la fine per far esplodere una simile granata filosofica? Oppure l'intera conversazione faceva parte di un piano millimetrico, destinato a indirizzare la razza umana sui giusti binari quando fossero giunti i primi messaggi diretti da Stellisola, presumibilmente entro 104 anni?

Qualcuno suggerì di seguire Stellaplano, dal momento che portava fuori dal sistema solare non solo inimmaginabili riserve di conoscenza, ma anche i tesori di una tecnologia più avanzata da secoli rispetto a ogni risorsa umana. Per quanto non esistessero ancora astronavi capaci di superare Stellaplano, e di ritornare alla Terra dopo averne raggiunto l'enorme velocità, senza dubbio era possibile costruirne una.

Però prevalsero più saggi consigli. Anche una robosonda spaziale doveva possedere mezzi di difesa molto efficaci contro eventuali intrusi; compresa, come ultima risorsa, la possibilità di autodistruggersi. Ma l'argomento decisivo fu che i suoi costruttori si trovavano "solo" a cinquantadue anni luce di distanza. Nei millenni trascorsi da che avevano lasciato Stellaplano, la loro tecnologia spaziale doveva essere cresciuta enormemente. Se la razza umana faceva qualcosa per provocarli, quelli potevano arrivare, leggermente risentiti, nel giro di poche centinaia d'anni. Nel frattempo, fra gli innumerevoli altri effetti esercitati sulla cultura umana, Stellaplano aveva portato a compimento un processo già molto sviluppato. Aveva messo fine ai miliardi di parole di pie sciocchezze con cui, per secoli, uomini apparentemente intelligenti si erano imputriditi il cervello.

17

Parakarma

Ripensando in breve alla conversazione, Morgan decise di non aver fatto la figura dello sciocco. Anzi, il Mahanayake Thero aveva forse perso un vantaggio tattico svelando l'identità del Venerabile Parakarma. Però non si trattava di un segreto; forse pensava che Morgan ne fosse già al corrente.

A quel punto ci fu un'interruzione davvero provvidenziale. Due giovani monaci entrarono in ufficio: uno reggeva un vassoio con piccoli piatti di riso, frutta, e quelle che sembravano ciambelline; l'altro lo seguiva con l'inevitabile teiera. Niente di particolarmente sostanzioso. Dopo quella lunga notte, Morgan avrebbe gradito due uova, ma immaginò che anche quelle fossero proibite. No, l'aggettivo era eccessivo: Sarath gli aveva detto che l'Ordine non proibiva niente, dato che non credeva in niente d'assoluto. Però aveva una scala di tolleranza calibrata al millimetro, e il distruggere una vita, anche una vita potenziale, non era un atto che godesse di troppo favore.

Morgan cominciò a studiare i diversi cibi, molti dei quali gli erano sconosciuti, e lanciò un'occhiata interrogativa al Mahanayake Thero, che scosse la testa.

— Noi non mangiamo prima di mezzogiorno. La mente funziona con chiarezza maggiore nelle ore del mattino, per cui non bisogna distrarla con cose materiali.

Addentando una deliziosa papaia, Morgan rifletté sull'abisso filosofico rappresentato da quella semplice frase. Per lui, uno stomaco vuoto poteva essere una distrazione enorme, capace d'inibire completamente le funzioni mentali superiori. Visto che possedeva da sempre il dono della salute, non aveva mai cercato di dissociare il corpo dalla mente, e non vedeva motivo perché qualcuno dovesse provarci.

Mentre Morgan mangiava quella colazione esotica il Mahanayake Thero si scusò, e per qualche minuto le sue dita danzarono, a velocità stupefacente, sui comandi del terminale. Quando apparve la lettura, la cortesia lo spinse a voltare gli occhi da un'altra parte. Inevitabilmente, il suo sguardo cadde sulla testa del Buddha. Probabilmente era vera, perché lo zoccolo proiettava sul muro un'ombra debole. Ma nemmeno quella era una prova decisiva. Lo zoccolo poteva essere ben solido, e la testa una proiezione centrata al di sopra con cura estrema. Era un trucco piuttosto comune.

Quella testa, come Monna Lisa, era un'opera d'arte che rifletteva le emozioni di chi l'osservava e al tempo stesso emanava una sua intensità. Però gli occhi della Gioconda erano aperti, anche se nessuno avrebbe mai saputo cosa stessero vedendo. Gli occhi del Buddha erano completamente vuoti, pozzi immensi in cui un uomo poteva perdere l'anima, oppure scoprire un universo.

Sulle sue labbra aleggiava un sorriso ancora più ambiguo di quello di Monna Lisa. Ma era poi davvero un sorriso, o solo un gioco di luci? Era già scomparso, sostituito da un'espressione di tranquillità superumana. Morgan non riusciva a distogliere gli occhi da quel volto ipnotico, e solo il ronzio familiare di una copia stampata che usciva dal terminale lo riportò alla realtà; se quella era realtà…

— Ho pensato che potrebbe farvi piacere un souvenir della vostra visita — disse il Mahanayake Thero.

Accettando il foglio che il monaco gli tendeva, fu sorpreso di scoprire che si trattava di una pergamena uso d'archivio; non era la solita carta sottilissima da gettare via dopo qualche ora. Non riusciva a leggerne una sola parola. A parte una minuscola scritta alfanumerica nell'angolo in basso a sinistra, il documento era scritto in quei caratteri fioriti che adesso sapeva appartenere al taprobani.

— Grazie — disse, con tutta l'ironia di cui era capace. — Che cos'è? — Si era già fatto un'idea: i documenti legali si assomigliano un po' tutti, a prescindere dalla lingua o dall'età.

— Una copia dell'accordo fra Re Ravindra e il Maha Sangha, datata Vesak all'anno ottocentocinquantaquattro dopo Cristo del vostro calendario. Stabilisce la proprietà del terreno spettante al tempio, per l'eternità. Persino gli invasori hanno riconosciuto i diritti sanciti da questo documento.

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