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Robert Silverberg: Vacanze nel deserto

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Robert Silverberg Vacanze nel deserto

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Una superstrada. Una macchina. E dollari per le vacanze. Quattro studenti universitari attraversano diagonalmente l’America, fino al deserto dell’Arizona. La scarrozzata è anche una fuga dal rock, dalla droga, dall’astrologia... Qualcosa di molto più eccitante aspetta i quattro boys: un miraggio di immortalità che il Libro dei Teschi, un antico manoscritto casualmente ritrovato, offre a chi accetta i Diciotto Misteri dell’Iniziazione. Purtroppo, la vita eterna non sarà elargita a tutti: due ragazzi dovranno morire affinche gli altri vivano. I primi dubbi: esiste davvero, laggiù nel deserto, la casa dell’eterna giovinezza?... All’avventura esoterica, oggi molto attuale nei "colleges", si ispira «Vacanze nel deserto», un eccezionale romanzo "fantastico" che appaga il nostro bisogno di mistero: con questo libro Silverberg dà una risposta nuova, abbagliante e terribile.

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Perché deve succedere una cosa simile, LuAnn? Perché dobbiamo essere messi al mondo, in questo mondo meraviglioso, se poi tutto quanto ci viene strappato via? Per volontà di Dio, forse? No, LuAnn: Dio significa amore, e Dio non ci avrebbe giocato un tiro così crudele. Perciò Dio non esiste: c’è solo la morte, la Morte e noi dobbiamo combatterla.

Obbietti che non tutti muoiono a vent’anni? Vero, LuAnn. Ho fatto un esempio limite. Allora mettiamola in quest’altro modo.

Immaginati nel 1997. Hai avuto il tuo bel matrimonio in chiesa e i tuoi bambini, hai visto Parigi e anche Tokyo, hai assaggiato lo champagne e il caviale, e per le vacanze di Natale hai fatto un viaggetto sulla luna col ricco medico tuo marito.

A questo punto viene da te la Morte e ti dice: okay, bimba, è stato un bel gioco, non è vero?, ma adesso è finito. E tu, tac! , ti ritrovi un cancro all’utero, le ovaie marce, insomma una di quelle cose da donne, e il cancro metastatizza da un giorno all’altro e tu diventi una brodaglia di fluidi puzzolenti nell’ospedale di contea.

Forse che il fatto di aver vissuto quaranta o cinquant’anni di vita piena e intensa ti rende più disposta a chiudere baracca? E non sarà, invece, che è ancora più doloroso scoprire quanto può essere affascinante la vita e poi venirne tagliati fuori?

Tu non hai mai pensato a queste cose, LuAnn, ma io sì. E ti dico questo: più si vive, più si vorrebbe vivere. A meno che, naturalmente, uno soffra o sia deforme o solo al mondo, nel qual caso tutto gli diviene un fardello insopportabile. Ma se uno ama la vita, non ne avrà mai abbastanza. E neppure tu, dolce acqua cheta, neppure tu vorrai andartene.

Io non voglio andarmene. Ho riflettuto sulla morte di Oliver Marshall, credimi; e respingo completamente l’idea. Perché ho scelto la facoltà di medicina? Non per fare quattrini prescrivendo pillole alle signore di periferia; ma per poter compiere ricerche in campo geriatrico, sui fenomeni della vecchiaia, sul prolungamento della vita. Per poter ficcare un dito nell’occhio della Morte. Questo è sempre stato il mio grande sogno, e lo è tuttora; ma poi Eli è venuto a parlarmi dei Custodi dei Teschi, e io gli ho dato ascolto. Gli ho dato ascolto.

Stiamo filando verso ovest a cento all’ora. La morte di Oliver Marshall potrebbe sopraggiungere fra otto secondi (zip, bum , CIAC!) e potrebbe capitare fra novant’anni e forse non arriverà mai. Forse non arriverà mai.

Considera il Kansas, LuAnn. Tu conosci solo la Georgia, ma considera per un momento il Kansas. Chilometri e chilometri di grano, e un vento polveroso che spazza le pianure. Crescere in una cittadina di 953 abitanti. Signore, dacci oggi nostra morte quotidiana. Il vento, la polvere, la strada principale, le facce sottili e affilate. Vuoi vedere un film? Devi andare fino a Emporia, un viaggio di mezza giornata in auto. Voi comprare un libro? Immagino che dovresti andare a Topeka. Vuoi cibo cinese? Pizza? Enchiladas ? Non dire sciocchezze. L’unica scuola, solo per le elementari, ha diciannove alunni. Un solo insegnante. Non è molto erudito, perché anche lui è cresciuto qui; troppo debole per lavorare nei campi, ha deciso di guadagnarsi da vivere facendo il maestro.

La polvere, LuAnn. Il grano che ondeggia al vento. I lunghi pomeriggi estivi. Il sesso. Il sesso non è un mistero, qui: è una necessità. A tredici anni si va dietro il fienile o sull’altra riva del torrente. È l’unico gioco che ci sia. L’abbiamo fatto tutti. Christa si tira giù i blue-jeans: che buffo, tra le gambe non ha nient’altro che un po’ di riccioli biondi! E adesso fammi vedere tu, dice lei. Vieni qui, sopra di me.

È un gioco eccitante, LuAnn? No, non si tratta di questo. Lo si fa perché si è disperati, e tutte le ragazze sono incinte entro i sedici anni, e la ruota continua a girare. È la morte, LuAnn, la morte pur continuando a vivere.

Io non ce l’ho fatta. Ho dovuto fuggire. Non a Wichita, non a Kansas City; ma a est, nel mondo autentico, quello che si vede alla tele. Lo sai che fatica mi è costato, uscire dal Kansas? Risparmiare il centesimo per comprare libri. Arrivato al liceo, ogni giorno novanta chilometri ad andare e novanta a tornare. E tutto questo perché vivevo l’unica e insostituibile vita di Oliver Marshall e non potevo permettermi di sprecarla coltivando il grano. E infine la borsa di studio, il massimo di voti al corso propedeutico di medicina.

Io sono un arrampicatore, LuAnn: il diavolo mi brucia la coda e io devo continuare a salire sempre di più. Ma per cosa? Per cosa? Per trenta o quaranta o cinquant’anni abbastanza decenti, e poi finis? No. No. Mi rifiuto. La morte sarà anche andata benissimo per Beethoven e Gesù e il presidente Eisenhower; ma io — senza offesa — sono diverso, non posso semplicemente sbattermi giù a crepare. Perché è tutto così breve? Perché giunge troppo presto? Perché non possiamo assorbire l’universo intero?

La morte me la son sempre vista intorno per tutta la vita. Mio padre è morto a trentasei anni, per cancro allo stomaco. Un giorno ha sputato sangue e ha detto: mi sembra di essere dimagrito molto, negli ultimi tempi. Dieci giorni dopo sembrava uno scheletro, e dopo altri dieci era uno scheletro. Trentasei anni. Che razza di vita è, una vita così breve? Quando è morto, io avevo undici anni. Avevo un cane, e questo cane è morto: naso ingrigito, orecchie cadenti, coda penzoloni, addio. Avevo anch’io i nonni, tutti e quattro: sono morti, uno due tre quattro la faccia diventata di cuoio, le lapidi nella polvere. Perché? Perché? Perché?

Voglio vedere tanti di quei posti, LuAnn! L’Africa, e l’Asia, e il Polo Sud, e Marte, e i pianeti di Alfa Centauri! Voglio veder sorgere il sole sul primo giorno del ventunesimo secolo, e anche del ventiduesimo. Sono troppo avido? Sì, lo sono. Queste cose mi stanno davanti e io sono destinato a perderle, come chiunque altro; ma mi rifiuto di arrendermi.

Perciò sto guidando verso ovest col sole che si alza in cielo alle mie spalle e Timothy che russa accanto a me e Ned che scrive poesie e Eli che medita tristemente sulla ragazza che Timothy non gli ha lasciato portare; e penso tutto ciò per te, LuAnn, penso tutte queste cose che non ti ho potuto spiegare. Riflessioni sulla Morte , di Oliver Marshall.

Presto giungeremo in Arizona. Allora subentreranno la delusione e la disillusione; berremo qualche birra, commenteremo che tutta quanta la faccenda era chiaramente un imbroglio, e torneremo indietro per riprendere questo lento morire.

Ma forse no, LuAnn, forse no. C’è una possibilità che il manoscritto scoperto da Eli dica il vero.

C’è una possibilità.

9

Ned

Abbiamo già fatto ottocento o novecento o mille chilometri, quest’oggi, ma da stamattina non ci siamo scambiati che due o tre parole. Ondate di tensione scorrono tra noi e ci tengono distaccati. Eli ha il broncio con Timothy; io idem; Timothy è seccato con Eli e con me; Oliver è preoccupato per tutti noi.

Eli ha il broncio con Timothy perché questi non gli ha permesso di portare con noi la brunetta di ieri sera. Ha tutta la mia comprensione: so quanto è difficile per lui trovare una ragazza che gli sia congeniale, e quale angoscia deve aver provato quando è stato costretto a separarsi da lei. Ma Timothy ha ragione: portarla con noi era inconcepibile.

La causa del mio broncio è l’intromissione di Timothy nella mia vita sessuale al ritrovo. Avrebbe potuto benissimo lasciarmi andare con quel ragazzo e poi venirmi a prendere stamattina. Ma aveva paura che mi picchiassero a morte durante la notte ( sai come, Ned, prima o poi un finocchio lo picchiano a morte ); e così non ha voluto perdermi d’occhio.

Ma è affar suo, se mi ammazzano mentre inseguo i miei sporchi piaceri? Spezzerei il mandala, ecco cosa. Il mandala a quattro angoli, il diamante sacro. Loro tre non potrebbero presentarsi da soli ai Custodi dei Teschi: io sono l’indispensabile quarto. Perciò Timothy, il quale ha messo bene in chiaro che lui crede solo tanto così alla faccenda della Casa dei Teschi, è fermamente deciso a condurre al tempio il nostro gruppo tutto intero. A me piace, questa sua fermezza: possiede le giuste risonanze contraddittorie, l’esatto tocco di palese assurdità. Questa è una spedizione balorda, dice Timothy, ma io andrò fino in fondo e così farete anche voialtri!

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