Robert Silverberg - Monade 116

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Anno 2381: nell’esistenza umana l’utopia è diventata realtà. Guerre, fame, contrasti sociali, criminalità e controllo delle nascite sono ormai un semplice ricordo del passato. L’esistenza si svolge tranquilla e ordinata all’interno di giganteschi grattacieli alti centinaia di piani. In una specie di ciclo chiuso, gli esseri umani nascono, studiano, lavorano, mettono al mondo figli, muoiono, senza mai uscirne. I figli sono considerati la massima benedizione di dio e il solo pensiero di porre un limite al loro numero è un’eresia. La libertà sessuale è totale: agli uomini — e alle donne — è permesso cambiare letto ogni notte e giacere con il partner che essi desiderano volta per volta. Soltanto chi è in preda alla pazzia può concepire il desiderio dl una vita privata, dell’intimità coniugale, e nutrire sentimenti di gelosia, tutti sintomi di una pericolosa eresia. Poiché è stato del tutto eliminato il bisogno di uscire fuori del proprio ambiente, di viaggiare, se n’è estinto anche il desiderio. Risuscitare tale desiderio sarebbe una grave eresia, e per chi si rende colpevole di eresia ci sono diversi trattamenti, il più drastico dei quali è l’eliminazione fisica del colpevole, la morte. Ma il numero di coloro che vengono colti da impulsi malsani, che desiderano sfuggire alla facile esistenza programmata delle monadi urbane, alla ricerca di qualcosa che neanche loro sanno con esattezza cosa sia, ma che è radicata nell’anima degli esseri umani, aumenta. Ormai, infatti, la vita stessa è diventata un’utopia. Robert Silverberg, un autore che si è imposto nel campo della fantascienza, oltre che della narrativa, vincitore di un premio Hugo ed ex-presidente dell’associazione degli scrittori americani di science fiction, ripropone in questo libro uno dei più pressanti problemi dell’umanità, prospettandone una terrorizzante conclusione.
Nominato per premio Hugo in 1972.

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Poi, il giorno dopo, viene trasmessa un’intervista con il signor Dismas Cullinam e signora, di Boston, che, con i loro nove piccoli, sono stati i primi abitanti del 116 a chiedere il trasferimento. Il signor Cullinam, uno uomo grassoccio, dal volto rosso, è uno specialista in ingegneria sanitaria. Egli spiega: «Sarà per me un’occasione unica salire al piano di progettazione al 158. Ritengo di poter salire come condizione sociale di ottanta, novanta piani in un attimo.» La signora Cullinam si accarezza il ventre compiaciuta. Il numero dieci è in arrivo. Esprime soddisfazione per gli immensi vantaggi sociali che il trasloco apporterà ai suoi bambini. I suoi occhi sono troppo lucidi; il labbro superiore è più spesso di quello inferiore e il naso è affilato. «Sembra un uccello da preda,» commenta qualcuno nel dorm. Qualcun altro dice: «È evidentemente infelice qui. È per la speranza di arraffare che si precipita là.» I bambini Cullinam hanno un’età che varia dai due ai tredici anni. Sfortunatamente rassomigliano ai loro genitori. Una ragazza dal naso prominente graffia il fratello mentre appaiono sullo schermo. Aurea dice con fermezza: «Nell’edificio si starà meglio senza la presenza del loro gruppo.»

Seguono interviste con altri trasferiti. Il quarto giorno della campagna, lo schermo offre una esauriente visita all’interno del 158, e mostra le comodità ultramoderne che la nuova costruzione offrirà. Irrigazione termale per tutti, pozzi di salita e di discesa velocissimi, schermi a tre pareti, un nuovo sistema di programmazione per la distribuzione del cibo dalle cucine centrali, e molte altre meraviglie che rappresentano i migliori esempi del progresso urbano. Il numero dei volontari per il trasferimento è ora salito a 914.

Forse, pensa Aurea storditamente, colmeranno l’intera quota con volontari.

Memnon dice: «La cifra è falsa. Siegmund mi dice che finora non abbiamo raccolto che novantun adesioni volontarie.»

«Allora perché…»

«Per incoraggiare gli altri.»

La seconda settimana, la trasmissione che tratta del nuovo edificio indica che il numero dei volontari è ora salito a 1060. Siegmund ammette privatamente che la cifra reale è leggermente più bassa, sebbene sorprendentemente non molto minore. Si attendono pochi volontari supplementari. Lo schermo comincia a far balenare la possibilità che sia necessaria la coscrizione di trasferiti. Due uomini dell’amministrazione di Louisville e un paio di regolatori d’eliche di Chicago vengono mostrati mentre discutono la necessità di una giusta mescolanza genetica nel nuovo edificio. Un ingegnere morale di Shanghai parla dell’importanza di essere degni di benedizione in tutte le circostanze. È degno di benedizione obbedire al piano divino e ai rappresentanti di dio sulla Terra, dice. Dio è tuo amico e non ti farà del male. La qualità di vita a Monurb 158 peggiorerà se la sua popolazione iniziale non raggiungerà i livelli pianificati. Questo sarebbe un delitto contro coloro che hanno deciso volontariamente di andare al 158. Un delitto contro l’uomo tuo compagno è un delitto contro dio, e chi vorrebbe mai offenderlo? Perciò è dovere di tutti verso la società accettare il trasferimento se questo viene offerto.

In seguito c’è una intervista con Kimon e Freya Kurz, di tredici e quattordici anni, provenienti da un dorm di Bombay. Sono sposi recenti. Non si offriranno come volontari, lo ammettono, ma non spiacerebbe loro di venire coscritti. «Il modo in cui consideriamo la cosa,» dichiara Kurz, «è che potrebbe essere una grande opportunità. Voglio dire, se dovessimo avere bambini, riusciremmo immediatamente a trovare loro una condizione sociale superiore. Laggiù è un mondo nuovo di zecca — non ci sono limiti alla velocità del nostro avanzamento sociale, e neppure al modo in cui questo avverrà. Il riassestamento del trasferimento avverrebbe in un primo tempo un poco a gomitate, ma dovremmo progredire abbastanza in fretta. E sapremmo che i nostri piccoli non dovrebbero entrare in un dorm quando fossero abbastanza grandi per sposarsi. E potrebbero ottenere camere proprie senza dovere attendere, perfino prima di avere figli. Così, anche se non siamo desiderosi di lasciare i nostri amici e tutto, siamo pronti ad andare se la ruota punterà verso di noi.» Freya Kurz, estatica, senza respiro, dice: «Sì. Questo va bene.»

Il processo di ammorbidimento continua con una spiegazione di come verranno scelti i coscritti: 3.878 in tutto, non più di 200 da ciascuna città o trenta da ciascun dormitorio. L’insieme degli eleggibili consiste in uomini e donne sposati di età comprese tra i dodici e i diciassette anni che non abbiano bambini; una gravidanza in corso non viene considerata come un bambino. La selezione sarà fatta estraendo a sorte i nomi.

Infine i nomi dei coscritti vengono resi noti.

La voce allegra dello schermo annuncia: «Dal dormitorio del 735° piano di Chicago sono state scelte le seguenti persone degne di benedizione: possa iddio dare loro fertilità nella loro nuova vita:

«Brock, Aylward e Alison.

«Feuermann, Sterlig e Natasha.

«Holston, Memnon e Aurea.»

Verrà strappata dalla sua matrice. Verrà divisa dall’insieme di memorie e di affetti che costituisce la sua identità. È spaventata all’idea di andare.

Si opporrà all’ordine.

«Memnon, compila un ricorso! Fa’ qualcosa, presto!» Tormenta la parete scintillante del dormitorio. Egli la guarda con occhi assenti; sta per andare al lavoro. Ha già detto che non c’è nulla da fare. Esce.

Aurea lo segue nel corridoio. Il viavai del mattino è incominciato; i cittadini del 735° piano di Chicago corrono via. Aurea singhiozza. Ha trascorso la sua vita tra loro. Tormenta la mano di Memnon. «Non abbandonarmi,» sussurra con asprezza. «Come possiamo permettere che ci gettino fuori del 116?»

«È la legge, Aurea. I cittadini che non la osservano precipitano nello scarico. È quello che vuoi? Andare a rifornire la massa di combustione per i generatori?»

«Non voglio andare, Memnon! Ho sempre vissuto qui! Io…»

«Tu stai parlando come un flippo,» egli dice, parlando a bassa voce. La spinge indietro verso il dormitorio. Alzando gli occhi, ella vede soltanto narici scure cavernose. «Prendi una pillola, Aurea. Parla con il consolatore del piano, perché non lo fai? Calmati e adattiamoci.»

«Voglio che tu compili un ricorso.»

«Non c’è possibilità di fare ricorso.»

«Rifiuto di andare.»

Egli l’afferra per le spalle. «Considera la cosa razionalmente, Aurea. Un edificio non è diverso da un altro. Là avremo alcuni dei nostri amici. E faremo nuove amicizie. Noi…»

«No.»

«Non c’è alternativa,» egli dice. «Tranne farsi gettare giù dallo scarico.»

«Preferirei precipitare nello scarico, allora!»

Per la prima volta da quando sono sposati, vede che egli la guarda con disprezzo. Non può soffrire l’irrazionalità. «Non dire sciocchezze,» le dice. «Fa’ una visita al consolatore, prendi una pillola, rifletti. Ora devo andare.»

Si allontana di nuovo e questa volta lei non lo segue. Cade sul pavimento e sente la plastica fredda contro la pelle nuda. Gli altri del dormitorio la ignorano con tatto. Vede immagini di fuoco: la sua classe, i suoi fratelli e sorelle, e tutto si scioglie, fluisce attraverso la camera, un gocciolio avvampante di fluido acre. Si preme i pollici sugli occhi. Non verrà gettata fuori. A poco a poco si calma. Ho degli appoggi, si dice. Se Memnon non vorrà agire, agirò io. Si chiede se potrà mai perdonare a Memnon la sua viltà. Il suo palese opportunismo. Farà visita a suo zio.

Si toglie il vestito da mattina e indossa un casto mantello grigio da ragazza. Dalla cassetta degli ormoni sceglie una capsula: farà in modo che da lei emani l’odore che ispira gli uomini ad agire protettivamente. Sembra dolce, riservata, verginale; ma per la maturità fisica potrebbe dimostrare dieci o undici anni di più.

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